SOCIETÀ

La transizione energetica nel PNRR

Il regolamento del NGEU (Next Generation EU), il fondo europeo da 750 miliardi di euro proposto dalla Commissione Europea a maggio 2020 in risposta alla crisi economica innescata dalla pandemia, prevede che almeno il 37% del budget dei piani nazionali debba sostenere gli obiettivi climatici fissati dallo European Green Deal, ovvero ridurre del 55% le emissioni di gas climalteranti entro il 2030 rispetto ai valori del 1990, e rendere entro il 2050 le economie del vecchio continente pienamente sostenibili.

Diverse voci contribuiscono agli obiettivi di neutralità climatica del PNRR (Piano di Ripresa e Resilienza) approvato dal Parlamento italiano a fine aprile. Il documento programmatico infatti si articola in 6 missioni: digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione e ricerca, inclusione, salute.

“Rivoluzione verde e transizione ecologica” è la seconda delle 6 missioni e ad essa sono destinati quasi 70 miliardi di euro dei circa 235 miliardi totali che fanno dell’Italia la prima beneficiaria tra i Paesi europei del fondo NGEU.

A propria volta questa missione è divisa in 4 componenti. La fetta più grande dei 70 miliardi servirà a guidare la transizione energetica verso fonti di energia rinnovabile e a rendere sostenibile la mobilità (M2C2 - 25 miliardi). Cospicua è anche la porzione dedicata all’efficientamento energetico e alla riqualificazione degli edifici pubblici e privati (M2C3 - 22 miliardi). Per il contrasto al dissesto idrogeologico, alla tutela della biodiversità e alla gestione delle risorse idriche vengono destinati 15 miliardi (M2C4). Mentre all’agricoltura sostenibile e alla gestione dei rifiuti in ottica di sostegno a un’economia circolare arrivano quasi 7 miliardi (M2C1).

Tra il 1990 e il 2019 le emissioni di gas serra in Italia sono diminuite del 19%, passando da 519 Mt CO2eq a 418 Mt CO2eq. Ad oggi le emissioni per persona di gas climalteranti, espresse in tonnellate di CO2 equivalenti, sono al di sotto della media dell'UE. Ciononostante, negli ultimi anni l’Italia non è riuscita a scendere al di sotto del livello raggiunto nel 2014. Per raggiungere l’obiettivo al 2030 di ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990 occorre arrivare a quasi 230 Mt CO2eq, uno sforzo immane contando che negli ultimi 30 anni abbiamo registrato una riduzione di sole 100 Mt CO2eq circa. In altri termini in 10 anni dobbiamo fare il doppio di quello che abbiamo fatto negli ultimi 30 anni.

Per decarbonizzare i settori dei trasporti, quello industriale, quello residenziale e commerciale, quello dell’agricoltura, il PNRR articola la seconda missione dedicata alla transizione ecologica in quattro componenti, come abbiamo visto. Tutte sono importanti per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. L’efficientamento energetico e la riqualificazione degli edifici pubblici e privati ad esempio incidono moltissimo sui consumi di energia: nella terza componente (M2C3), quella in cui rientra il Superbonus al 110%, si affronta ad esempio la questione dei sistemi di riscaldamento e teleriscaldamento. In quest'articolo però ci concentreremo sulla seconda componente (M2C2), dedicata alla produzione di energia e alla mobilità sostenibile.

Come possiamo vedere da questo grafico tratto dal documento di “Strategia nazionale di lungo termine sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra” redatto a gennaio 2021, la nostra dipendenza da petrolio, gas naturale e carbone (combustibili solidi) è ancora significativa. Il PNRR prevede interventi per il periodo che va dal 2021 al 2026, ma quella energetica sarà una transizione di ben più ampio respiro, con obiettivi europei al 2030 prima e al 2050 poi.

Le linee di intervento del PNRR per la transizione energetica

Già dal titolo della componente M2C2 “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e transizione energetica e mobilità sostenibile” si capisce che il documento identifica alcune priorità di investimento, la prima delle quali è l’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili. A quest’azione sono dedicati 5,9 miliardi di euro del dispositivo di ripresa e resilienza (RRF) del fondo NGEU.

L’attuale target italiano per il 2030 è raggiungere il 30% di energia prodotta da fonti rinnovabili nei consumi finali. Tale obiettivo è fissato in un altro documento, il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), che però è stato scritto nel 2019, quando si puntava a ridurre le emissioni del 40% e non del 55%. Nel 2022 è attesa una nuova versione del PNIEC con l’aggiornamento degli obiettivi energetici.

Una precondizione per l’ampliamento dell’utilizzo di risorse rinnovabili è una riforma dei meccanismi autorizzativi che semplifichino le procedure burocratiche. Il ministro del Mite (Ministero della transizione ecologica) Roberto Cingolani si è soffermato a più riprese su questo punto, che è in cima alla lista delle cose da fare in questa componente della seconda missione.

1.1 Agro-voltaico

Una prima linea di intervento invece riguarda l’agro-voltaico, ossia l’istallazione di pannelli fotovoltaici che forniscano energia rinnovabile e sostenibile alla produzione agricola (1,1 miliardi di euro). “L'obiettivo dell'investimento è installare a regime una capacità produttiva da impianti agro-voltaici di 2 GW (GigaWatt, misura di potenza), che produrrebbe circa 2.500 GWh (GigaWatt/ora, misura di energia erogata) annui, con riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2”.

1.2 Comunità energetiche

Il piano mira poi a sostenere, specialmente in comuni con meno di 5000 abitanti, le comunità energetiche che si basino su auto-produzione e auto-consumo di energia rinnovabile (2,2 miliardi di euro). “Questo investimento mira a garantire le risorse necessarie per installare circa 2 GW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita (…), produrrebbe circa 2.500 GWh annui e contribuirà a una riduzione delle emissioni di gas serra stimata in circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno”.

1.3 Off-shore

La riduzione delle emissioni necessita anche di soluzioni innovative, come la generazione di energia rinnovabile off-shore (come l’eolico o sistemi che sfruttino il moto ondoso) affiancata a sistemi di accumulo (680 milioni di euro). “L’intervento mira a realizzare nei prossimi anni impianti con una capacità totale installata di 200 MW (…) che consentirebbe di produrre circa 490 GWh anno che contribuirebbero ad una riduzione di emissioni di gas climalteranti stimata intorno alle 286.000 tonnellate di CO2”.

1.4 Biometano

Un’altra linea d’investimento riguarda lo sviluppo del biometano, un gas ottenuto da residui organici, utilizzabile sia nel settore del riscaldamento sia dei trasporti (1,92 miliardi). Sarà necessario migliorare gli impianti di biogas agricolo ma sarà anche necessaria una riforma che regolamenti l’utilizzo del biometano.

2. Digitalizzare le infrastrutture della rete elettrica

Alla digitalizzazione è dedicata tutta la prima missione del PNRR, ma qui 4,11 miliardi di euro sono destinati alla digitalizzazione (smart grid) e al rafforzamento delle reti di distribuzione dell’energia elettrica. L’obiettivo è incrementare la capacità della rete fino a integrare un ulteriore generazione distribuita di 4 GW.

3. Idrogeno

Dell’idrogeno e del suo ruolo nel paniere energetico abbiamo già parlato in un precedente articolo, che però faceva riferimento alla bozza di PNRR del governo Conte 2. Ora il nuovo PNRR destina complessivamente 3,19 miliardi di euro a questo vettore energetico.

500 milioni sono destinati al recupero di aree industriali dismesse per riconvertirle alla produzione locale di idrogeno e alla creazione di hydrogen valleys, ovvero comunità economiche e industriali sorrette dall’idrogeno, con una produzione prevista in questa fase di 1-5 MW per sito. Là dove è già presente la rete del gas, le tubature esistenti che possono trasportare idrogeno miscelato al 2% con il metano.

2 miliardi sono destinati all’impiego dell’idrogeno nell’industria pesante (settore cosiddetto hard-to abate), come la raffinazione del petrolio o le acciaierie, dove spesso viene ancora utilizzato il carbone.

Anche nel trasporto pesante a lungo raggio (treni, navi, autocarri, aerei) l’idrogeno può contribuire ad abbassare notevolmente le emissioni, andando a sostituire il diesel. È prevista allora la creazione di stazioni di rifornimento a base di idrogeno per il trasporto stradale (230 milioni di euro). “Il segmento degli autocarri a lungo raggio potrebbe registrare una penetrazione significativa dell’idrogeno fino al 5-7% del mercato entro il 2030”. Sono inoltre previste circa 9 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie (300 milioni di euro) e i progetti di fattibilità più avanzati sono in Valcamonica e in Salento.

Naturalmente questo è un settore che ha bisogno di ricerca per sviluppare le tecnologie abilitanti, come le celle a combustibile per il motore a idrogeno. 160 milioni di euro sono destinati a tale fine. Mentre sono previsti incentivi fiscali e una riforma che semplifichi gli iter autorizzativi e faciliti la diffusione delle soluzioni a idrogeno.

4. Mobilità locale sostenibile

La questione dei trasporti viene affrontata con misure estensive nella missione 3, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, che intervengono principalmente sulle ferrovie, ampliando ad esempio la rete dell’alta velocità. In questa voce della seconda componente della seconda missione, a cui vengono destinati più di 8,5 miliardi di euro, ci si concentra sul trasporto locale.

Al rafforzamento della mobilità ciclistica vanno 600 milioni di euro: “nello specifico, la misura prevede la realizzazione di circa 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e di circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche”.

Al trasporto rapido di massa vanno 3,6 miliardi di euro. L'Italia infatti ha il numero di autovetture ogni 1000 abitanti più alto tra i principali Paesi europei (663 l’Italia, 574 la Germania, 482 la Francia). L’obiettivo è quello di spostare almeno il 10% del traffico dalle auto private ai sistemi di trasporto pubblico. “La misura prevede la realizzazione di 240 km di rete attrezzata per le infrastrutture del trasporto rapido di massa suddivise in metro (11 km), tram (85 km), filovie (120 km), funivie (15 km). Il focus dell’intervento sarà principalmente sulle aree metropolitane delle maggiori città italiane”.

750 milioni sono destinati allo sviluppo della mobilità su veicoli elettrici, che rappresentano la più grande opportunità di decarbonizzazione del settore dei trasporti. Gli obiettivi europei vogliono 6 milioni di veicoli elettrici circolanti nel 2030. Per raggiungerli, l’intervento mira all’istallazione “di 7.500 punti di ricarica rapida in autostrada e 13.755 in centri urbani, oltre a 100 stazioni di ricarica sperimentali con tecnologie per lo stoccaggio dell’energia”.

Siccome l’Italia ha una delle flotte di autoveicoli più vecchie dell'Europa occidentale, altri 3,64 miliardi sono destinati al rinnovo della flotta di bus, treni e veicoli dei vigili del fuoco.

5. Ricerca e sviluppo

La missione 4 del PNRR è dedicata a “Istruzione e ricerca”, ma 2 miliardi vengono qui riservati specificamente alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie abilitanti per la rivoluzione verde. L’obiettivo è quello di rendere l’Italia sempre meno dipendente dall’importazione di componenti necessari a mettere in pratica la transizione e sviluppare filiere industriali autonome e competitive.

1 miliardo viene messo a disposizione dello sviluppo di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili (viene citato in particolare l’eolico onshore) e di sistemi di accumulo come batterie. “si prevede un aumento della capacità installata fotovoltaica complessiva da 152 GW a 442 GW al 2030 a livello europeo, e da 21 GW a più di 52 GW solo in Italia, con un mercato ad oggi dominato da produttori asiatici e cinesi (70% della produzione di pannelli) e sottoscala in Europa (solo 5% della produzione di pannelli)”.

Alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie per l’idrogeno vengono qui destinati altri 450 milioni. L’obiettivo della Strategia Nazionale per l’Idrogeno è quello di installare 5GW di capacità di elettrolisi per la produzione di idrogeno verde entro il 2030.

300 milioni serviranno a sviluppare veicoli elettrici meno inquinanti nella flotta degli autobus e altri 250 milioni serviranno a sostenere start-up innovative in ambito green.

In conclusione, va segnalato che nel PNRR non ci sono indicazioni di finanziamento per la tecnologia di sequestro dell'anidride carbonica, necessaria ad esempio a rendere "blu" l'idrogeno grigio prodotto a partire dal metano.

Secondo il ministro del Mite (ministero della transizione energetica) Roberto Cingolani il maggiore ostacolo da rimuovere sulla strada dell'aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili è di natura burocratica. Negli ultimi anni per questi motivi le aziende italiane hanno complessivamente installato meno di 1GW di rinnovabili all'anno, mentre per raggiungere gli obiettivi europei occorrerebbe viaggiare a un ritmo di 6-7GW annui.

Fondamentale sarà inoltre sostenere da una parte la ricerca volta al miglioramento delle tecnologie e dall'altra la capacità produttiva dell'industria nazionale in modo che diventi sempre più autonoma e meno dipendente dalla produzione estera, principalmente cinese per quanto riguarda il fotovoltaico.

Cruciale sarà anche migliorare la nostra capacità di riutilizzo ad esempio dei materiali elettronici delle batterie del motore elettrico per il trasporto leggero. Le misure a favore dell'economia circolare allora assumono un'importanza centrale.

Le linee di intervento della seconda componente della missione 2 (M2C2) di cui abbiamo qui discusso mirano a segnare la direzione di una transizione energetica che prevede tappe intermedie al 2030 e dovrebbe compiersi entro il 2050. Il PNRR prevede interventi fino al 2026, pertanto gli obiettivi che il documento contiene a riguardo della transizione energetica non sono un punto d'arrivo ma piuttosto solo un punto d'inizio.

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