SCIENZA E RICERCA

Gli uccelli sognano e perché dovrebbe interessarci

Sognare è uno strumento di cui il cervello si serve per rivivere eventi vissuti nel corso della giornata e sembrerebbe aiutarci a ricreare scenari potenzialmente realizzabili senza correre alcun rischio.

Fenomeno ampiamente studiato e mai compreso fino in fondo, il fascino del sogno affonda le sue radici nella possibilità di metterci in contatto con un mondo che non risulta accessibile in fase conscia. Forse è quello che ci fa sentire più umani. Erroneamente.

Sognare non è una nostra prerogativa, vista la sua esistenza anche nei nostri compagni di classe: i mammiferi. La fase del sonno in cui normalmente il sogno avviene è chiamata Rem (o sonno paradosso) per via della sua somiglianza con la veglia. Presenta, infatti, delle caratteristiche peculiari, che lo differenziano dal sonno non Rem, quali rapidi movimenti degli occhi, da qui il nome Rapid Eye Movement, aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna e totale atonia (la perdita di tono) dei muscoli. Quest’ultima risulta essere di fondamentale importanza, specialmente perché, se non fosse presente, ci troveremmo nel bel mezzo di quello che in gergo tecnico viene definito “vissuto onirico”, che ci porterebbe a vivere inconsciamente i sogni che facciamo durante la notte.

Un’inaspettata parentela, però, potrebbe farci riconsiderare quella che credevamo essere una caratteristica prettamente appartenente ai mammiferi.

Ormai sembra appurato che anche gli uccelli siano capaci di un’attività tanto “umana” e questo ci può dire molto anche sulla nostra evoluzione.

“Provo una grande empatia nell’immaginare l’uccello solitario che ricreava nel suo sogno una disputa territoriale.” Esordisce così Gabriel Mindlin, professore di fisica all’Università di Buenos Aires, che in un suo recente studio ha scoperto che è possibile ricreare la melodia del canto appreso dagli uccelli durante il giorno e che riproducono silenziosamente durante la notte.

Tramite elettrodi che misurano l’attività muscolare dell’apparato canoro degli animali è stato possibile osservare che nei sogni alcuni di loro riproducevano le note apprese durante il giorno e gli scienziati sono stati capaci di tradurli in canti sintetici.

Questa scoperta introduce a una funzione importantissima legata al sonno Rem, ovvero il suo coinvolgimento nella consolidazione della memoria non dichiarativa. Questa non risulta accessibile in maniera consapevole e ne farebbe parte quel tipo di memoria che ci permette di imparare determinate azioni, come andare in bicicletta.  Un’altra funzione, forse la più affascinante, è quella di permettere il consolidamento e lo sviluppo di memorie emotive.

In un articolo pubblicato dal New York Times sembra che anche i fringuelli zebrati e i piccioni siano soliti avere un’intensa attività onirica. Nel primo caso è stato osservato che i neuroni attivati durante il giorno, quando gli uccelli cantavano melodie specifiche, si riattivavano in un ordine simile durante la fase Rem del sonno. Questo suggerisce che anche questi uccelli riescano a riprodurre le loro canzoni nei sogni, un'indicazione della loro capacità di sognare esperienze legate alle loro attività quotidiane.

Per quanto riguarda i piccioni, lo studio ha rivelato che durante la fase Rem, le regioni cerebrali coinvolte nell'elaborazione visiva, nella navigazione spaziale e nel movimento delle ali, erano attive. Anche se gli uccelli erano immobili sembravano sognare di volare, un comportamento che riflette la loro abilità di navigare nello spazio anche durante il sonno.

L'attivazione dell'amigdala durante la fase Rem suggerisce, inoltre, che gli uccelli potrebbero sperimentare emozioni nei loro sogni, un aspetto interessante da considerare nella comprensione della loro vita mentale.

Dopotutto, non dovremmo sorprenderci di questa somiglianza. Per anni la nostra neocorteccia (lo strato cerebrale più esterno) ci ha fatto credere di essere gli unici capaci di processi cognitivi complessi e pensiero creativo, ma la scoperta di un’area molto simile negli uccelli, la DVR (cresta dorsale del ventricolo), potrebbe suggerirci cose che ancora non sappiamo sul nostro cervello.

La conferma viene da ulteriori studi che coinvolgono ancora il sonno.  Gli uccelli, essendo facili prede in natura, devono essere sempre vigili anche mentre dormono. Questa necessità ha portato allo sviluppo di una caratteristica unica negli uccelli: il sonno uni-emisferico. Questo significa che un emisfero cerebrale resta sveglio mentre l'altro dorme, consentendo agli animali di mantenere la consapevolezza dell'ambiente circostante e di essere pronti a reagire a eventuali minacce.

Nel suo libro Why we sleep? il neuroscienziato inglese Matthew Walker parla di un leggero sonno Rem uni-emisferico osservato in determinate condizioni anche nell’uomo; lo sperimentiamo, ad esempio, quando dormiamo per la prima volta in un luogo sconosciuto, come una camera d’albergo o un laboratorio scientifico. In queste situazioni si registra un’attività leggermente più alta in un emisfero rispetto all’altro, probabilmente per restare vigili in un ambiente sconosciuto.

Walker continua riflettendo su come sembri incredibile che un carattere così specifico si sia conservato all’interno di due mondi che si sono evoluti separatamente. È come se il sonno Rem si fosse sviluppato due volte nel corso dell’evoluzione: una volta per gli uccelli e un’altra per i mammiferi. Oppure, una pressione evolutiva comune potrebbe aver creato il sonno Rem in entrambi. L’autore ricorda che quando un carattere si ripete, e in due linee evolutive non correlate, a volte è segno di un bisogno fondamentale che ha spinto l’evoluzione in una certa direzione.

Studiare le modalità in cui i sogni degli uccelli avvengono potrebbe, quindi, condurci a scoprire cose che ancora non conosciamo sulla nostra storia e, più importante, sul nostro presente biologico.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012