Ugo La Malfa (a sinistra) con Giuseppe Saragat
Il 26 marzo del 1979 moriva Ugo La Malfa, politico ed economista antifascista dell'Italia del secondo dopoguerra, il quale si impegnò a lungo, nel corso della sua carriera, nel tentativo di costruire uno Stato che incarnasse e promuovesse autentici valori di democrazia e libertà, in contrapposizione non solo all'ideologia fascista ma anche alle posizioni più estremiste del comunismo.
Dopo quarant'anni esatti (o quasi) dalla sua scomparsa, ricordiamo questo personaggio con l'aiuto di Carlo Fumian, professore di storia contemporanea all'università di Padova: “La Malfa era un sincero democratico che credeva fermamente nel pluralismo e nella libertà; era una persona pragmatica e competente, di formazione mazziniana, che aveva partecipato all'Assemblea costituente e aveva lavorato anche con Raffaele Mattioli della Banca commerciale italiana”. E non solo. Era stato anche redattore per l'enciclopedia Treccani, diretta da Giovanni Gentile.
La vita di La Malfa comincia a Palermo nel 1903. Studia giurisprudenza nella sua città natale ed economia a Venezia. Frequenta fin da studente ambienti antifascisti, lasciandosi ispirare dagli ideali democratici e repubblicani. Trasferitosi a Roma nel 1924, si unisce all’Unione democratica nazionale fondata da Giovanni Amendola, che La Malfa considera “un uomo politico veramente illustre e di moralità irreprensibile” e, in seguito alla sua uccisione per mano dei fascisti, “un martire laico del fascismo”. (U. La Malfa, Communism and Democracy in: “Italy, Foreign Affairs”, vol. 56, 3 (1978), pp. 476-488).
Nel 1946 si allontana dal Partito d'azione, di cui era stato uno dei fondatori nel 1942, per unirsi in seguito al Partito repubblicano, ispirato a ideali democratici risorgimentali, di cui assume il ruolo di segretario nel 1965. Nel 1946 diventa deputato e, nel corso della sua carriera politica ricopre gli incarichi di Ministro dei trasporti, Ministro del commercio estero e poi di Ministro del bilancio, impegnandosi a lungo nel tentativo di sensibilizzare il governo riguardo ai problemi di arretramento culturale del sud Italia e cercando di sostenere lo sviluppo economico attuando riforme che incentivassero gli scambi internazionali.
Il professor Fumian racconta che La Malfa veniva talvolta chiamato “la Cassandra”, come il personaggio della mitologia greca condannato a predire sventure e a non essere mai preso sul serio. “Nel 1974 la Malfa scrive La caporetto economica, un testo che andrebbe riletto ai nostri tempi, perché riguarda i rischi del debito pubblico, mandando un segnale d'allarme serissimo. La Malfa aveva capito i rischi della tenaglia del movimento incontrollato della spesa pubblica, e proponeva una politica che salvaguardasse i redditi”.
Già nel 1962 La Malfa aveva presentato al Parlamento il documento Problemi e prospettive dello sviluppo economico italiano, ricordato con il nome di Nota aggiuntiva, nel quale ricostruiva le ragioni e le dinamiche del boom economico italiano e allo stesso tempo sottolineava la necessità di intervenire in alcuni settori con l'attuazione di progetti come quello di industrializzazione nel mezzogiorno. A suo avviso, infatti, la continua emigrazione della popolazione dal sud al nord non si sarebbe riequilibrata da sola, come sarebbe stato invece previsto secondo una prospettiva di economia neoclassica. Al contrario, se lo Stato non fosse intervenuto, la situazione sarebbe degenerata in una congestione nelle zone urbane del nord Italia e allo spopolamento delle regioni del sud.
I valori e gli ideali di La Malfa sono coerenti con il suo modo di fare politica, e si traducono infatti nelle riforme che riteneva necessarie per un progresso non solo economico, ma anche culturale del Paese. Egli credeva, infatti, che un buon modo per giungere una effettiva realizzazione di uno stato pluralista e democratico fosse puntare su politiche a favore della cooperazione economica internazionale. Come spiega il professor Fumian: “data la sua formazione mazziniana, La Malfa sentiva molto il problema sociale. Combatteva contro il debito pubblico, voleva attuare una politica dei redditi, programmare l'attività economica e intensificare i commerci con l'estero”.
Le proposte di La Malfa, tuttavia, non ottennero il successo sperato. “I riformatori pragmatici come La Malfa erano minoritari”, commenta Fumian. “era difficile per lui esercitare un guida reale, c'erano sempre difficoltà nei rapporti con i governi di coalizione”, infatti il Partito repubblicano era in difficoltà dal punto di vista elettorale.
Nonostante ciò, niente ci vieta di seguire il consiglio del professor Fumian e riprendere in mano i testi di La Malfa e controllare se il presente non abbia qualcosa da imparare dal passato.