Viktor Orbàn. Foto: Reuters
Prove tecniche di dittatura nel cuore dell’Europa. A Viktor Orbàn serviva un pretesto per dare la spallata definitiva a ciò che resta della democrazia in Ungheria. Ed eccolo servito: la pandemia, l’emergenza planetaria, la paura del contagio. Lui, l’uomo forte, decisionista e inflessibile, non ha perso tempo: «Il governo ungherese farà tutto il possibile per rallentare la diffusione del coronavirus e proteggere la salute del popolo ungherese», ha fatto dichiarare dal suo portavoce, riferendo peraltro che il governo «ha il diritto d’imporre il coprifuoco come misura d’emergenza». Poi ha presentato in Parlamento un disegno di legge che va ben oltre le già eccezionali misure imposte l’11 marzo scorso nel decretare l’emergenza nazionale. Orbàn vuole carta bianca, poteri illimitati e uno stato d’emergenza senza alcuna scadenza. Il disegno di legge, come riporta Abc News, consentirebbe al governo di emanare decreti legge immediatamente esecutivi, saltando il passaggio dell’approvazione parlamentare. Una misura eccezionale che resterebbe in vigore “fintanto che il governo lo riterrà necessario alla luce dell’epidemia”.
Ma non solo. Nel testo è previsto il carcere, fino a 8 anni di reclusione, per tutti coloro che “intralceranno l’azione del governo per combattere il dilagare dei contagi” E 5 anni di galera per chi “diffonderà notizie false sulla diffusione del coronavirus in Ungheria”. Come dire: l’unica fonte su quel che accade sarà il governo. Una minaccia senza precedenti alla libertà di stampa. E uno strappo alla costituzione, ai contrappesi democratici, con l’estromissione di fatto dell’Assemblea Nazionale (l’Országgyűlés, il Parlamento monocamerale ungherese) e la consegna di tutti i poteri in mano all’esecutivo. «Misure necessarie per evitare che gli ospedali ungheresi arrivino al limite del collasso, come avvenuto in Italia», ha rincarato Orbàn, sperando di spaventare così almeno una parte degli oppositori. La legge non è stata ancora approvata: la costituzione ungherese impone un quorum dell’80% in prima lettura, troppo alto perfino per un partito dominante come Fidesz. «Ma la strada è tracciata», scrive Paolo Valentino, sul Corriere della Sera. «La prossima volta il quorum richiesto sarà più basso. E difficilmente il tribuno magiaro si farà sfuggire l’occasione di usare la paura di fronte alla pandemia per mettere definitivamente in quarantena anche la già vacillante democrazia ungherese, concentrando tutto il potere nelle sue mani».
La reazione delle opposizioni e dell’UE
L’iniziativa di Orbàn ha scatenato un putiferio di reazioni, com’era prevedibile. A partire dalle opposizioni, che sono perlomeno riuscite a far slittare il voto alla prossima settimana. Timea Szabo, deputata di sinistra, si è rivolta in aula senza mezzi terminiallo stesso Orbàn: «Stai chiedendo un’autorizzazione senza limiti di tempo, non esiste un esempio del genere in tutta Europa. Vuoi approvare questa legge che praticamente ti autorizza a governare senza un controllo significativo e ti dà una mano libera per eliminare anche ciò che resta della stampa libera». L’International Press Institute di Vienna ha dichiarato che la minaccia contro i giornalisti e chiunque altro potrebbe essere accusato di diffondere "notizie false" è «un passo verso il controllo totale delle informazionie l’ulteriore repressione delle libertà di stampa nel paese».
Perplessità e critiche verso Orbàn anche dall’Unione Europea, ancora una volta preoccupata per le acrobazie autoritarie messe in atto dal leader dei sovranisti, che raccoglie apprezzamenti anche in Italia. Juan Fernando López Aguilar, presidente della commissione parlamentare per le libertà civili: «Esprimo preoccupazioneper l’intenzione di votare all’Assemblea nazionale ungherese l’estensione dello “stato di pericolo” e le relative modifiche al codice penale. Siamo consapevoli che gli Stati membri hanno la responsabilità di adottare misure di protezione in questi tempi difficili, ma queste misure dovrebbero sempre garantire la protezione dei diritti fondamentali, dello Stato di diritto e dei principi democratici». Dunja Mijatovic, commissaria del Consiglio d’Europa per i diritti umani: «Anche durante un’emergenza è necessario osservare la Costituzione, assicurare che il Parlamento e la magistratura possano continuare a esaminare le decisioni prese e garantire il diritto all’informazione». Il partito dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa (ALDE) ha lanciato sul web una petizionein difesa della democrazia ponendo la domanda: «Come possiamo lasciare che Orbán provi a guadagnare politicamente da questa pandemia»? Mentre il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric, ha inviato una lettera al premier ungherese: «Uno stato d’emergenza indefinito e senza alcun controllo non può garantire che saranno rispettati i principi democratici e che le misure che restringeranno i diritti umani fondamentali siano strettamente proporzionati alla minaccia per cui sono state attuate». Una “proporzionalità” tutta da dimostrare: i casi di contagio in Ungheria sarebbero “ufficialmente” 261 con 7 vittime, ma sono numeri clamorosamente incompleti. Fidesz ha accusato i media indipendentidi essere "sensazionalisti" per aver indagato sui protocolli dei test applicati per accertare la positività al virus.
Le spine di Orbàn: stampa, lavoratori, migranti, clochard, Ong
Per dire chi è Viktor Orbàn (in carica dal 2010) e qual è la sua idea di “governo”: a fine dicembre dello scorso anno il Parlamento ungherese aveva approvato la leggeche conferisce di fatto al capo del governo il potere assoluto di nominare e licenziare il direttore e la direzione di ogni teatronel Paese (sono 25 soltanto a Budapest), oltre a istituire il “Consiglio Statale della Cultura”, proprio per “governare, guidare, dirigere la vita culturale magiara secondo i suoi criteri strategici”. Qualche mese prima aveva centralizzato il controllo governativo sui media pubblici (il 90 per cento del totale) imponendo loro di usare solo le notizie diffuse dall’agenzia di stampa pubblica MTI. E obbligando la stessa agenzia di stampa a non parlare “senza autorizzazione al massimo livello” di reportage critici sull´Ungheria, né di articoli che riguardino il ruolo di Orbàn, né di notizie dalla Turchia e dalla Russia che non abbiano come protagonisti (positivi) i presidenti Erdogan e Putin (molto affini, per così dire, al premier ungherese). Al dicembre 2018 risale l’approvazione della cosiddetta “legge schiavitù”, che consente ai datori di lavoro di chiedere ai loro dipendenti di svolgere fino a 400 ore di straordinario l’anno (contrattazione senza la presenza di sindacati) e di ritardarne il pagamento anche per tre anni. E poi l’introduzione di tribunali amministrativi “paralleli”, le leggi contro le Ong, contro i migranti, contro i clochard, contro i bambini rom. Il Partito Popolare Europeo, al quale Fidesz ancora oggi apparterrebbe, ha recentemente prolungatola sospensione del partito ungherese, rinviando qualsiasi decisione al prossimo congresso.
Intanto a Budapest, come riporta Al Jazeera, dilaga la paura non soltanto per il diffondersi del Covid-19, ma anche per il timore di trovarsi coinvolti in disordini pubblici e in scontri. Così è scattata la corsa alle armerie: negozi presi d’assalto, con richieste altissime per fucili a gas e proiettili di gomma, per l’acquisto dei quali non è richiesto il porto d’armi. Vendite quintuplicate rispetto all’anno scorso, come racconta il titolare di tre armerie nella capitale: «Ma potremmo vendere 15 volte di più se avessimo altre armi leggere, purtroppo le abbiamo esaurite. Ora stiamo vendendo anche le balestre».