SCIENZA E RICERCA

La vecchia Luna tra le braccia della Luna Nuova

È così che gli inglesi chiamano il fenomeno della luce cinerea lunarethe Old Moon in the New Moon’s arms (appunto “la vecchia Luna tra le braccia della Luna nuova).

Si tratta di un fenomeno ottico facilmente osservabile anche a occhio nudo prima o dopo il novilunio, la fase in cui la Luna si trova in congiunzione col Sole e rivolge alla Terra la faccia non illuminata. In questa fase l’emisfero notturno del satellite mostra una luminosità diffusa di aspetto cenericcio.

Il fenomeno della luce cinerea lunare è stato fantasiosamente interpretato dagli antichi, fino al Rinascimento. Si era ipotizzato che la Luna potesse brillare di luce propria, anche se molto meno intensamente del Sole; oppure che fosse traslucida e si lasciasse attraversare dalla luce solare dal retro; oppure che riflettesse la luce delle stelle e di Venere. 

Fu Leonardo Da Vinciil primo, intorno al 1500, a intuire che si trattasse della luce del Sole riflessa dalla Terra. 

Secondo la cosmologia aristotelica, la Luna, essendo un corpo celeste, doveva essere perfettamente sferica e costituita di materia pura e incorruttibile, al contrario della Terra. Per Leonardo invece la Luna è una massa solida, opaca e “greve” circondata dai suoi elementi (aria, acqua e fuoco) che si sostiene nello spazio per ragioni analoghe a quelle terrestri. La Luna è descritta da Leonardo a tutti gli effetti come una piccola Terra (come scrive nel Manoscritto F., f. 64v) con un brevissimo ciclo stagionale: “à ogni mese un verno e una state, e à maggiori freddi e maggiori caldi, e suoi equinozi son più freddi de’ nostri” (Codice Atlantico, f. 303v b).Nel manoscritto dedicato alla Luna (Manoscritto Br. M., f. 28r) Leonardo si chiede come possa brillare da sola: “o la Luna à lume da se, o no: s’ell’à lume da se, perché non risplende sanza l’aiuto del Sole? E s’ella non à lume da se, necessità la fa specchio sperico [sferico]”.

Leonardo deduce quindi che, non brillando di luce propria, la riceva da altri corpi luminosi  e abbia la capacità di rifletterla (Codice Leicester, f. 30r).“[...] La Luna non è luminosa per se, ma bene è atta a ricevere la natura della luce a similitudine dello specchio e dell’acqua, o altro corpo lucido” (Manoscritto A., f. 64r). 

Leonardo deduce da queste riflessioni che anche la luce cinerea sia dovuta a un fenomeno di riflessione multipla della luce solare la quale, dopo aver colpito il nostro pianeta, raggiunge la Luna e da questa venga a sua volta riflessa (Codice Leicester, f. 2r). 

L’interpretazione - corretta - del “lumen cinereum” della Luna risulta una della intuizioni più originali del Codice Leicester di Leonardo Da Vinci (1506-1510).

Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci, appartenente alla collezione privata di Bill Gates, sarà esposto agli Uffizi dal 29 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019, come anteprima delle celebrazioni leonardiane che si svolgeranno in tutto il mondo nel 2019 in occasione dei 500 anni della sua morte. 

Galileo Galilei, oltre cento anni più tardi, dimostra le analogie fra la superficie terrestre e quella lunare formulando un’interpretazione precisa della luce cinerea. Non si trattò di una vera scoperta, perché il fenomeno era già stato spiegato da Leonardo, Maestlin e Keplero prima di lui, ma di certo potè affinarne la descrizione poichè - a suo dire -  “l’osservazione è resa più semplice e più evidente dall’aiuto del cannocchiale” come dice nel suo “Sidereus Nuncius”(1610), di cui si riporta di seguito un passo: 

[...] Mentre la Luna, sia prima sia dopo la congiunzione, si trova non lontana dal Sole, non solo il suo globo si offre alla nostra vista dalla parte dove è ornata di corni lucenti, ma anche un certo tenue chiarore periferico sembra delineare il contorno della parte tenebrosa, cioè opposta al Sole, e separarla dal campo più oscuro dello stesso etere. Se poi consideriamo la cosa con una indagine più accurata, vedremo non solo l’estremo lembo della parte tenebrosa rilucere di un chiarore incerto, ma l’intera faccia della Luna, quella cioè che non riceve ancora il fulgore del Sole, biancheggiare di una luce non scarsa: tuttavia a prima vista appare solo una sottile circonferenza luminosa, a causa delle parti più oscure del cielo ad essa vicine; la rimanente superficie sembra invece più oscura per il contatto con i corni lucenti che ottenebrano la nostra vista.

Alcuni anni dopo, nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, il celebre trattato di Galilei scritto sotto forma dialogica tra il 1624 e il 1630 e pubblicato nel 1632, Sagredo, dopo aver udito da Salviati la spiegazione del fenomeno, afferma:

... lasciatemi il gusto di mostrarvi come a questo primo cenno ho penetrato la causa di un accidente al quale mille volte ho pensato, né mai l'ho potuto penetrare. Voi volete dire che certa luce abbagliata che si vede nella Luna, massimamente quando l'è falcata, viene dal reflesso del lume del Sole nella superficie della terra e del mare: e piú si vede tal lume chiaro, quanto la falce è piú sottile, perché allora maggiore è la parte luminosa della Terra che dalla Luna è veduta, conforme a quello che poco fa si concluse, cioè che sempre tanta è la parte luminosa della Terra che si mostra alla Luna, quanta l'oscura della Luna che guarda verso la Terra; onde quando la Luna è sottilmente falcata, ed in conseguenza grande è la sua parte tenebrosa, grande è la parte illuminata della Terra, veduta dalla Luna, e tanto piú potente la reflession del lume.

La spiegazione della luce cinerea è di fatto molto semplice. La luce cinerea altro non che il "chiaro di Terra"sulla Luna, l'esatto contrario del “chiaro di Luna” sulla Terra. L’entità dei due fenomeni è però ben diversa: la superficie della Terra visibile dalla Luna, infatti, oltre ad avere una superficie notevolmente maggiore ha un maggiore potere riflettente (albedo): circa il 37% contro il 7% della Luna. Ciò è dovuto prevalentemente alla presenza delle nubi (50%), alle terre emerse (10-25%), a alle distese oceaniche (10%). Queste proporzioni sono confermate anche osservando le immagini della Terra scattate dallo spazio: le nubi e i poli appaiono di un colore bianco abbagliante, i continenti color ocra e gli oceani blu scuro.

Le fasi lunari e terrestri sono reciproche: quando la Luna è al novilunio la Terra rispetto a essa risulta quasi “piena”. In questa fase, una piccola parte di questa luce viene a sua volta rimandata fino a noi: la luce cinerea, appunto, la cui intensità varia in funzione delle regioni terrestri esposte verso la Luna. Più in dettaglio, possiamo notare che durante le ore mattutine l’effetto è più vistoso (dall’Italia), poiché sono le grandi estensioni continentali dell’Africa, Asia ed Europa a riflettere luce verso la Luna.  Al contrario, la luce cinerea serale è più debole perché, in quel momento, sono le superfici oceaniche dell’Atlantico a essere esposte, con un potere riflettente  molto più basso. Grandi quantità di neve sulla superficie terrestre, o la presenza di estesi banchi di nubi nell’atmosfera, intensificano il fenomeno della luce cinerea.

Chiudiamo questo breve viaggio tra i misteri lunari con una curiosità. Sembra ormai certo che l’osservazione attenta delle variazioni dell’intensità della luce riflessa sulla Luna da parte della Terra abbia consentito ad alcuni astronomi del XVIII secolo di intuire l’esistenza di una vasta superficie continentale che solo nel 1770 venne realmente scoperta e prese il nome di Australia

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