SCIENZA E RICERCA

Violenza sulle donne: la storia per contrastare il fenomeno

Ne parlava già il negoziante torinese Felice Bertola che, tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, chiacchierando con un conoscente sosteneva di volere che la moglie picchiata tornasse a casa “dove la voglio tenere chiusa, e batterla finché mi piacerà, perché io sono il padrone, e suo Re”. Ma le cose non erano molto diverse nemmeno un secolo prima quando, nella Bologna di inizio Seicento, a finire a processo è il senatore Aurelio Dall’Armi accusato dalla moglie Antonia Sanvitale di averla violentemente picchiata e costretta all’isolamento in alcune stanze della sua residenza. Così l’uomo si giustifica nel corso dell’interrogatorio: “(…) non credevo che un marito  non potesse tenere sua moglie rinchiusa così in casa per corretione…”. Storie simili si incontrano fino ai giorni nostri e di molte di queste racconta ‘La violenza contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto (secoli XV-XXI)’ volume a cura di Simona Feci e Laura Schettini, pubblicato da Viella edizioni.

Storie che hanno un unico comune denominatore, la violenza dell’uomo esercitata sulla donna, un fenomeno ancora profondamente radicato, nonostante i secoli e le politiche di contrasto adottate nel tempo.

Attraverso una serie di saggi il testo analizza e racconta la storia della violenza contro le donne dal Quindicesimo secolo ad oggi esplorandone le forme, i contesti, gli ambiti in cui si manifesta, con particolare attenzione all’ambiente familiare. Frutto di un lavoro complesso soprattutto per quanto riguarda le fonti, spesso di tipo processuale, il libro spiega come la prospettiva storica del fenomeno possa essere utile nell’analisi del problema ma anche al suo contrasto. “Conoscere la storia della violenza, chiarisce Laura Schettini ricercatrice di Storia contemporanea all’Orientale di Napoli, ci può aiutare oggi a trovare i mezzi per combatterla perché ci dà innanzitutto la possibilità di capire quali sono gli elementi costitutivi del fenomeno che, a grandi linee, possiamo individuare nel rapporto diseguale tra uomini e donne nella famiglia e nella società. La violenza contro le donne, continua Schettini, ha cambiato molte facce nel corso dei secoli e averne una più corretta consapevolezza ci dà la speranza di un cambiamento anche per il futuro e ci insegna che il dominio dell’uomo sulla donna esercitato con la forza può di sicuro essere messo in discussione e modificato”.

Che la violenza contro le donne sia un fenomeno fortemente radicato nella storia come ‘manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra gli uomini e le donne’ è ribadito anche Convenzione di Istambul del 2011 oltre che nella Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993.

Ma la violenza, in entrambi i documenti, appare anche come lo strumento con cui oggi gli uomini conservano o ripristinano la disuguaglianza storica tra i sessi

“Presi nel loro insieme, racconta Schettini, gli atti di violenza maschile contro le donne hanno un significato preciso: la riaffermazione della supremazia di un ordine gerarchico fra i generi laddove quello maschile è ritenuto ancora oggi quello con maggiore superiorità e autorevolezza”.

I dati raccontano che nelle società contemporanee questo fenomeno oltre che essersi inasprito è cresciuto anche nelle dimensioni e questo non solo perché oggi la violenza contro le donne ha molti nomi (economica, psicologica, domestica, ecc…), ma anche perché, rappresenta sempre di più la reazione di alcuni uomini di fronte all’incapacità di gestire la frustrazione per la libertà e l’autonomia raggiunta dalle donne e si trasforma nell’estremo tentativo di controllo di fronte all’impotenza. Il frequente ricorso alle corti e ai tribunali in età medievale e moderna documentato anche nel testo, dimostra come in passato le donne, punite per ‘ragionevolezza’ dai mariti generalmente a causa della loro cattiva condotta, cercassero risposte nella giustizia rispetto ai soprusi subiti. Tuttavia la storia della violenza racconta anche come spesso nei secoli sia prevalso nei confronti della donna un atteggiamento di deresponsabilizzazione, paternalistico e giustificatorio che l’ha posta a lungo in una posizione culturale e sociale di subordinazione rispetto all’uomo, anche in riferimento alla giustizia. Un esempio tra molti riguarda alcuni giuristi che nell’Ottocento avevano proposto per le donne la diminuzione della pena o l’esclusione della possibilità di comparire come imputate a processo perché impedite dal sesso ‘infirmitas sexus’.

Qualsiasi siano le ragioni di base, ‘un colpo di coda ad un patriarcato agonizzante o un fenomeno culturale diventato sistema’,  il fenomeno della violenza sulle donne supera confini geografici, di classe, religione e di cultura e si ritrova in tutte le epoche. Ecco perché il libro contesta fortemente il concetto di emergenza che spesso nell’attualità accompagna la narrazione di fatti ed episodi. “Considerando il  peso che i secoli hanno nella narrazione, parlare di emergenza - per definizione un fenomeno transitorio che irrompe improvvisamente - prosegue Schettini, è  del tutto sbagliato rispetto ad un fenomeno che ha una storia secolare e che si irradia da uno dei luoghi più familiari per gli uomini e le donne, la sfera domestica e dei rapporti di intimità. Non è qualcosa che all’improvviso insorge nella vita delle persone ma è qualcosa che, soprattutto in alcuni paesi e in alcune culture, fa parte del modo di strutturare le relazioni. Proprio questo oggi va messo in discussione. È solo a partire da queste considerazioni che possiamo pensare di lavorare su questa dimensione della violenza guardando al futuro con fiducia”.

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