SOCIETÀ

Xylella, prosciolti i ricercatori ma l'epidemia avanza nel tarantino

Gli ultimi monitoraggi su Xylella attestano che l'epidemia degli ulivi causata dal batterio continua a espandersi. Sono 124 i nuovi esemplari infetti individuati dalle analisi della rete regionale dei laboratori Selge: 48 casi positivi a Ceglie Messapica, 26 a Ostuni, 24 a Francavilla Fontana, 19 a Carovigno e 7 nuovi casi nella provincia di Taranto (6 nel comune di Montemesola e 1 a Crispiano). I dati sono stati diffusi con sentita preoccupazione anche dal deputato 5 Stelle Gianpaolo Cassese, che ha dichiarato che il governo sta compiendo “ogni sforzo per contenere la diffusione di questo batterio che per troppo tempo si è mosso liberamente nella nostra regione a causa dei ben noti ritardi nella gestione di questa fitopatia. Il recente decreto emergenze agricole, che abbiamo emendato in maniera significativa nella commissione agricoltura della Camera, divenuto legge pochi giorni fa con l’approvazione anche in Senato, è solo l’ultima delle importanti misure che abbiamo messo in campo”.

L'avanzata di Xylella, che negli anni passati ha spaccato la società, tra agricoltori, giudici, politici e ricercatori, sembra ora mettere d'accordo tutti sulla necessità di agire contro l'epidemia, anche Leonardo Di Gioia, assessore alle Politiche agricole della Regione Puglia, che accoglie positivamente il Decreto: “Il via libera al decreto legge è un passo avanti notevole, perché ci consente di accelerare le eradicazioni delle piante infette”.

I comuni del tarantino fino all'ultimo monitoraggio si trovavano entrambi nella cosiddetta zona di contenimento. I confini delle zone monitorate corrono dal mar Adriatico al mar Ionio e vengono continuamente aggiornati dai risultati delle analisi: la zona infetta, che fino a qualche mese fa partendo dal tacco dello stivale si fermava alla provincia di Brindisi, oggi è salita fino alle porte di Taranto; la fascia di 20 km a nord della zona infetta prende il nome di zona di contenimento; subito dopo comincia la zona cuscinetto, larga 10 km; oltre vi è la zona indenne.

Lunedì 20 maggio, assieme al presidente nazionale Coldiretti, Ettore Prandini, il ministro per le politiche agricole Gian Marco Centinaio aveva sorvolato in elicottero la Puglia e lo scenario che gli si era dispiegato dinnanzi era quello di una “regione avvolta da una ragnatela”, aveva commentato. L'impatto sull’olivicoltura pugliese è stato devastante: si calcola che siano 4 milioni gli alberi coinvolti, per una superficie di circa 50 mila ettari; la produzione di olio d’oliva della Puglia, prima regione produttrice in Italia, sarebbe già calata complessivamente del 10% .

Queste stime arrivano dall'Efsa (l'Autorità per la sicurezza alimentare europea) che pochi giorni prima, il 15 maggio, aveva diffuso i risultati di uno studio (che aggiornava il precedente del 2015) realizzato dal gruppo di esperti scientifici sulla salute dei vegetali (gruppo Plh) e che simulava al computer la diffusione del batterio in Europa. Le conclusioni sono inequivocabili: l'unica misura efficace al momento resta il taglio delle piante infette e di quelle suscettibili all'infezione nel raggio di 100 metri, poiché non esiste ancora una cura in grado di eliminare il batterio, che a questo punto minaccia non solo i Paesi mediterranei, ma tutto il territorio europeo.

La prima volta Xylella fastidiosa venne rinvenuta in Europa nel 2013, in Puglia, dove è esplosa l'epidemia degli ulivi, colpiti da Codiro (Complesso di disseccamento rapido dell'olivo). Ma Xylella può attecchire su diverse specie vegetali, non solo sull'ulivo, e dopo quello pugliese diversi focolai sono stati individuati: in Corsica e nel sud della Francia; in Spagna, sulle isole Baleari, ad Alicante nella comunità valenciana e nell'area di Madrid; in Toscana, sul monte Argentario; e in Portogallo, su piante ornamentali del distretto di Porto. Mentre la varietà del batterio pugliese è della sottospecie pauca, nella maggior parte degli altri casi si tratta di un'altra varietà, la sottospecie multiplex, considerata oggi dallo studio dell'Efsa quella più minacciosa per i Paesi del nord Europa, anche se le aree più a rischio restano quelle del Mediterraneo. I focolai che erano stati trovati in Germania e in Belgio invece, in serre e vivai, sono stati eradicati con successo grazie alla tempestiva applicazione delle misure di contenimento previste dall'Unione Europea.

E dopo 4 anni, su richiesta della stessa procura di Lecce, i dieci funzionari e ricercatori che erano stati indagati per la diffusione della Xylella (diffusione colposa di malattia delle piante, inquinamento ambientale, falso materiale e ideologico in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali, i reati contestati) sono stati definitivamente prosciolti da ogni accusa.

“Bene, ma non basta”, commenta Enrico Bucci dalle pagine de Il Foglio. “Perché nelle 44 pagine di archiviazione dell’inchiesta sulla Xylella ci sono molte cose che non tornano”. Si legge infatti nel decreto di archiviazione del gip del tribunale di Lecce: “Ancora oggi non vi è chiarezza scientifica né sulla piena conoscenza del fenomeno naturale, né sulle cause e, tanto meno, sui rimedi”. Posizioni che risultano inaccettabili per la comunità scientifica, la cui unica colpa, in questa vicenda, è forse stata quella di non riuscire a far arrivare la propria voce e il proprio consenso a una parte della società civile e nelle aule di tribunale.

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