CULTURA

Zanzotto euganeo, l'amore del poeta per Padova e i suoi colli

A Padova arriva nel 1938, giovanissimo, per studiare all'università, e ha solo 21 anni quando si laurea in Lettere. È il 30 ottobre 1942, lo studente Andrea Zanzotto discute una tesi dal titolo L’arte di Grazia Deledda (Il problema critico dell’arte di Grazia Deledda). Questo è solo l'inizio di una lunga storia: grazie all'amicizia e agli scambi intellettuali in ambiente universitario e più in generale culturale, con Diego Valeri, Concetto Marchesi e poi Ettore Luccini, Tono Zancanaro, Giulio Alessi, Vittorio Zambon e più tardi anche Giuliano Scabia, il legame con Padova e i suoi colli si farà nel tempo sempre più saldo, profondo, determinante per la sua formazione culturale, umana e politica (attraversando anche gli anni intensi in cui l'Università di Padova, unica tra gli atenei italiani, riceve la medaglia d'oro al valor militare per il ruolo avuto nella Resistenza). Ma la relazione non è solo con la città, i suoi passi e il suo sguardo superano i confini del centro urbano e si spingono fino alla natura più bella e alle vie dei piccoli borghi. Oltre il Montello, le colline che da Pieve di Soligo arrivano fino ad Asolo, le Prealpi bellunesi e la terra di confine con il Friuli fino a Pordenone, in Zanzotto vi è un vivo interesse per i Colli Euganei.

Vorrei renderti visita / nei tuoi regni longinqui / o tu che sempre / fida ritorni alla mia stanza / dai cieli, luna, / e, siccom’io, sai splendere / unicamente dell’altrui speranza. [Nautica Celeste, dal balcone di Teolo, 8 novembre 1959. Premio Colli Euganei 1960]

Una mostra, allestita al Museo di arte contemporanea Dino Formaggio di Teolo (Padova) e visitabile fino al 3 settembre prossimo, esplora ora questo aspetto poco noto della vita del poeta: l'amore per Padova e i Colli Euganei. A curare l'esposizione Zanzotto euganeo, con Elio Armano e la collaborazione di Giovanni Zanzotto (che ha messo a disposizione materiali, oggetti e documenti del padre), è Paolo Gobbi, studioso, ex insegnante di Lettere e referente letterario del Parco Petrarcache a Zanzotto ha dedicato due targhe, una nel borgo alto di Arquà Petrarca, l'altra alla Fattoria Monte Fasolo di Cinto Euganeo. "Zanzotto ha mantenuto un rapporto continuativo con i Colli Euganei - spiega Gobbi -, con qualche parentesi, certo, ma è chiaro ed evidente che quel mondo lo conquista la prima volta e non lo abbandona mai. E a fare da collante tra Pieve di Soligo e i Colli Euganei è proprio la città di Padova”.

Ma come ci arriva sui Colli Euganei? “Magari ci sarebbe arrivato comunque, sappiamo infatti che il pellegrinaggio sui luoghi del Petrarca è tradizione antica che ha affascinato generazioni di poeti e scrittori provenienti da tutta Europa, ma Zanzotto non si limita a quel grand tour”. Il suo è un rapporto intimo, personale, 'cucito su misura'. “Durante un colloquio l'amico Mario Richter, docente di Letteratura francese, gli propone persino di acquistare una casa sui Colli Euganei e la possibilità di trasferirsi viene presa in seria considerazione da Zanzotto. Il progetto alla fine non si realizza eppure questo ci dice che per il poeta non si trattava di semplice infatuazione, ma di vera e profonda passione per il territorio euganeo".

C'è poi un aspetto particolarmente interessante che studiosi e appassionati dell'opera di Zanzotto e del suo sguardo sul paesaggio non potranno non notare: la critica senza sconti che il poeta rivolge al territorio dell'alto Trevigiano fortemente aggredito e compromesso dalle azioni della modernità, la condanna della devastazione del suo paesaggio, che definiva il quartier del Piave, non si rintraccia invece nelle parole riservate ai Colli Euganei. "Eppure il territorio dei colli padovani non fu risparmiato dalla devastazione, pensiamo soltanto alla storia delle cave. Come mai Zanzotto non la vedeva? - si chiede Gobbi, che tenta subito di fornire una risposta -. Credo che per lui i luoghi euganei fossero così profondamente legati alla poesia e al Petrarca, da non permettergli di vedere il resto. Anzi, non voleva vederlo. Accompagnato sempre da amici innamorati dei colli, si fece sedurre dal paesaggio trascurandone gli aspetti negativi".

"Ho individuato due stagioni nel percorso di Zanzotto euganeo - riflette Gobbi -, la prima va dal 1957 al 1962, la seconda invece è tarda, inizia a metà degli anni Novanta e arriva fino agli ultimi anni della sua vita. La prima fase è accessibile, cantabile, romantica, petrarchista: Notificazione di presenza sui Colli Euganei risale proprio a questo periodo ed è una delle vette della sua poesia, un omaggio a Petrarca. In Dietro il paesaggio si fa capire, sono poesie che non rappresentano montagne da scalare”.

Ah, domata qual voi l’agra natura, / pari alla vostra il ciel mi dia ventura / e in armonie pur io possa compormi (Andrea Zanzotto, da Notificazione di presenza sui Colli Euganei, in IX Ecloghe, 1962)

“Poi il campo diventa minato: nella seconda stagione, a cui appartiene la trilogia Il galateo in bosco, Fosfeni e Idioma e che arriva fino al 2008-2009, le poesie si fanno complesse. È nella prosa che Zanzotto riesce a essere chiaro ed esaustivo", lo testimoniano anche alcuni articoli scritti per i giornali, uno tra tutti: quello del 28 settembre 1997, pubblicato sul Corriere della Sera, dove compie un viaggio alla scoperta dei Colli Euganei, mettendosi sulle tracce della “Laura perduta” di Petrarca.

Dai colli torniamo alla città per concludere il nostro breve viaggio. Nel 1956, a Padova, nasce il Circolo del Pozzetto di cui Zanzotto diviene frequentatore assiduo, così come i suoi molti amici intellettuali. In quegli anni il rapporto con il territorio padovano si rigenera, favorito dalla ricchezza di una stagione felice e fertile, tra presentazioni di libri e mostre. 

Dalla metà degli anni Cinquanta ai Settanta, Zanzotto vive momenti felici ma anche profonde crisi - segnate dalla malinconia, dall'insonnia, dall'ipocondria - che decide di affrontare affidandosi alla psicanalisi: il legame con Padova è anche qui, perché in città frequenta lo studio di Alberto Schön, "una persona davvero speciale - commenta Paolo Gobbi -, dotata di una grande ricchezza umana fatta di esperienze e incontri. Psicanalista stimato, in quegli anni Schön ama il fermento e l'ambiente della facoltà di Lettere, frequenta Folena, Mengaldo, Balduino e, appunto, Zanzotto. Io ho incontrato Schön e abbiamo parlato di quel periodo, abbiamo rintracciato quelle amicizie, e mi ha spiegato che a Zanzotto interessava molto comprendere il funzionamento della mente". Questi sono alcuni dei suoi ricordi: "Tra il 1966 e 1980 ci siamo incontrati qualche volta. Poi per molti anni anche 2-3 volte al mese, per parlare di poesia, di meccanismi psichici, di amici comuni del Circolo Filologico, di Premaor, del gatto Uttino e del mio mestiere di psicoanalista. Non è stata una psicoterapia, ma incontri tra due persone interessate a vari argomenti. Alla fine sono io che ne ho tratto parecchi vantaggi. Posso dire che Andrea è stato per me un ottimo terapeuta e io un paziente abbastanza ben curato. Questi versi possono essere una prova?"

In ricordo di Andrea Zanzotto

Andrea, hai ammirato topinambur, papaveri, / vitalbe, gelsi e salici; che in musica di Pieve / si canta “vidissón, morèr, sachèr”. / Poi piante, intensi interni paesaggi. / E il seme del tarassaco? / Il leggero ombrellino che si soffia, / aspetta il vento e parte per i viaggi /che collegano in ritmi fiori e versi. / Si sentiranno tutti un poco persi.

Alberto Schön, giugno 2023

 


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