SCIENZA E RICERCA

L'editoriale. Riscaldamento climatico? Tutti al mare

Accanto a me, all’interno della Scuola di psicologia dell’università di Padova, c’è la prima macchina della verità, il primo poligrafo. Realizzato da Vittorio Benussi, padre della tradizione della psicologia sperimentale in Italia, si tratta di uno pneumografo: la tecnica per vedere se qualcuno diceva bugie era di verificare l’andamento del respiro.

La macchina è lo spunto per l’argomento di cui voglio parlare oggi, cioè di una persona che di menzogne ne ha dette parecchie: Donald Trump. L’ex presidente degli Stati Uniti, durante un comizio ha, nuovamente, banalizzato, il cambiamento climatico e l’innalzamento dei mari, dicendo: “Che volete che sia: ci saranno più ville con vista mare”.

Ora, di fronte a queste idiozie, si potrebbe ignorare, ma prima di farlo dovremmo ricordarci che questo signore gode ancora di parecchio seguito, non solo negli USA.

Ma la migliore risposta è quella di usare i dati e la scienza. Un paper recente fa proprio al caso nostro, pubblicato su Nature Communication, parla degli effetti degli innalzamenti delle acque e delle alluvioni sulla povertà in quasi 200 paesi. E i risultati sono inquietanti: si parla di un miliardo e 800 milioni di persone esposta ad alluvioni e disastri legati al riscaldamento climatico e alla crescita del livello del mare. Di questi, un miliardo e 240 milioni saranno nel Sudest asiatico. Ancora più impressionanti le connessioni tra questi dati e la povertà: l’89% di queste persone che soffriranno questi problemi vive in nazioni molto povere. Il 44% in Africa subsahariana, 170 milioni in Paesi dove il reddito pro capite è meno di due dollari al giorno e 780 milioni di persone in zone con un reddito pro capite minore di sei dollari al giorno.

Il primo messaggio è molto chiaro: l’ingiustizia climatica. Chi pagherà di più è chi ha di meno e chi ha contribuito praticamente per nulla a questa condizione. Il secondo messaggio è che non converrebbe neppure: tutto quanto detto genera insicurezza, instabilità e migrazioni, anche per i Paesi che si considerano al sicuro. E infine, tra il riscaldamento climatico e le diseguaglianze sociali si sta creando un rapporto di reciproca amplificazione molto pericoloso.

Sarebbe molto bello – ma non accadrà – che chi fa certe affermazioni possa essere considerato fuori dal dibattito, fuori dal senso comune. Sarebbe molto bello che questi temi smettessero di essere frutto di partigianerie politiche e diventassero un sentire comune a prescindere dalla nostra posizione politica. Temo che non succederà presto.

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