CULTURA

Emilio Isgrò, l'arte nella pancia della balena

Le sale dell'ala napoleonica alla Fondazione Cini dell'Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, si sono trasformate nella pancia della balena. L'allestimento dell'antologica dedicata a Emilio Isgrò (fino al 24 novembre), curata da Germano Celant e organizzata in collaborazione con Archivio Emilio Isgrò, è l'opera stessa e ne contiene altre: è un grande libro in forma di scatola, è quasi un gioco, un ventre vivo, scritto, disegnato, cancellato e colorato in cui il visitatore si muove per scovare tracce di rivoluzioni e rigenerazioni, tra letteratura e arte, quest'ultima definita da Isgrò "la punta di diamante della cultura per la ricerca dell'umano".

Le opere vivono nella pancia della balena Emilio Isgrò alla Fondazione Cini, settembre 2019

L'installazione inedita si realizza riempiendo interamente le pareti dello spazio espositivo, attraversando una pagina senza fine, con parole scritte e cancellate dal Moby Dick di Herman Melville. Il segno dell'artista siciliano, classe 1937, pittore, poeta, regista, drammaturgo e giornalista (per anni nella redazione culturale del Gazzettino), è inconfondibile e torna a Venezia, città dove nel 1964 nascono le sue prime cancellature, tecnica usata, negli anni, su libri -da Il Gattopardo a Romeo e Giulietta- ma anche sui ritratti di personaggi storici - Giotto, Savonarola, Manzoni, Puccini -, sulle carte geografiche (con i nove metri di Weltanschauung, 2007), sui mappamondi, su ritagli di giornali e persino sulla Carta Costituzionale Italiana: "In realtà la prima cancellatura risale al 1962 - racconta Isgrò, abbracciato dalle sue opere nelle sale della Cini - e quando la osservai mi spaventai. Temevo, sì. Volevo che prima maturasse dentro di me, per poi provare a trovarci un senso. Dopo due anni, la esposi".

Nel 1966 tiene la prima mostra personale alla Galleria 1+1 di Padova, nel 1972 espone alla Biennale di Venezia (dove torna nel 1978, 1986 e 1993) e non si ferma più, fino a raggiungere fama internazionale, contribuendo in maniera significativa alla nascita e allo sviluppo della poesia visiva e dell'arte concettuale e definendo infine una poetica personale, un gusto unico, un tratto originale e riconoscibile. Le sue cancellature trasformano, rivoluzionano l'identità di un oggetto, raccontano nuove storie, spalancano le porte di mondi altri. Il segno modifica la prima via, quella conosciuta, la ripensa. Senza mettere limiti alle possibilità.

La cancellatura è come lo zero in matematica, chiamato a formare, da solo, tutti i numeri e tutti i valori Emilio Isgrò

Il tema affrontato a Venezia è quello del linguaggio, costantemente al centro della ricerca dell'artista: per questo "chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena - spiega - ovvero il ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio".

Ai 38 volumi, in china su libro tipografico in box di legno e plexiglass, del Cristo cancellatore (1968) dal Centre Pompidou di Parigi (che si legge: l'editore avverte che queste pagine sono state cancellate da Gesù Cristo), si aggiungono lavori iconici provenienti da collezioni pubbliche e private: i testi cancellati dell'Enciclopedia Treccani (1970), quelli dei Codici ottomani in 14 volumi (2010), i ritratti che si mostrano tra le cancellature, le Storie rosse, la Carta geografia (1970) dal Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Il viaggio delle parole (2018), il Corpus Iustinianeum (2018) cancellato in sei volumi.

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