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Coronavirus: “Non ha più senso cercare il paziente zero, diffusione simil-endogena"

Fino a pochi giorni fa in Italia i casi confermati di contagio da nuovo coronavirus erano tre. Nel giro di poche ore, con oltre 200 persone positive al test e quattro decessi, il nostro diventa il terzo Paese per diffusione del virus, dopo Cina e Corea del Sud. Per questo il Consiglio dei Ministri ieri ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti per contenere e gestire l’emergenza epidemiologica da Covid-2019. A livello nazionale, i comuni interessati dal provvedimento sono 11, in Lombardia e in Veneto: Vo’ Euganeo, Codogno, Castiglione d'Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo, San Fiorano. Per le zone focolaio è scattato il cinturamento: posti di blocco delle forze dell'ordine impediscono l'ingresso e l'uscita degli abitanti.

Della rapida diffusione del virus in Italia, e della possibile evoluzione del quadro epidemiologico, abbiamo parlato con il virologo Giorgio Palù.

L’Italia, in pochi giorni, è diventata il terzo Paese per numero di casi. Cosa ne pensa?

La situazione è in rapida evoluzione. La diffusione del virus non avviene più ormai per importazione, ma è diventata una diffusione autoctona, simil-endogena, come è avvenuto per il West Nile. Il virus si è ben adattato alla specie umana forse da più tempo di quanto si possa immaginare ed è trasmesso anche da portatori asintomatici; a questo punto, non ha dunque più senso cercare il paziente zero. Alcuni provvedimenti andavano presi fin dall’inizio e mi riferisco al periodo di quarantena, ai controlli stringenti negli aeroporti, all’isolamento fiduciario. Rinvenire il paziente zero è sicuramente cruciale per identificare i contatti ed il tragitto del contagio, ma ha decisamente più importanza per virus ad alta letalità (SARS, MRS, Ebola) che per SARS-CoV-2. L’unico strumento utile, ora, per un virus epidemico per cui non si hanno né farmaci antivirali né vaccini, è la prevenzione che si attua circoscrivendo i focolai epidemici.

Parlando in particolare del Veneto, i due cluster di Vo’ Euganeo e del veneziano sono correlati o indipendenti?

Sembrano indipendenti, ma è difficile dirlo in assenza di una sorgente certa del contagio.

Perché i casi sono aumentati esponenzialmente in poco tempo?

Si deve considerare innanzitutto il periodo di incubazione di 14 giorni, ma forse anche di più. Va anche tenuto presente che, basandosi sugli studi di filogenesi condotti analizzando le sequenze depositate del SARS-CoV-2, il virus probabilmente circolava anche prima di quando è stato denunciato. In secondo luogo elemento cruciale è il tasso di contagiosità: all’inizio si riteneva che una persona infetta ne potesse contagiare altre due, ora invece si ritiene che il numero vari da tre a quattro, come per l’influenza stagionale. Infine, non va dimenticato che esistono anche portatori sani come dimostrato da uno studio recente sul The New England Journal of Medicine che mette in evidenza come elevate concentrazioni virali siano presenti nelle mucose del naso e della bocca sia nei soggetti sintomatici che asintomatici.

Cosa dobbiamo aspettarci ora?

Si deve tener presente innanzitutto che non si tratta di Sars, Mers o Ebola. I virus letali si autoestinguono, perché uccidono l’ospite. Questo virus è molto più diffusivo e meno letale ad esempio della Sars, con cui condivide lo stesso recettore (ACE2); se continua a diffondersi velocemente è facile che perda virulenza e si adatti alla specie umana diventando endogeno come gli altri quattro coronavirus del raffreddore. È auspicabile altresì che con le procedure igienico sanitarie di isolamento e quarantena o con i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature, l’epidemia venga controllata. Nell’ipotesi peggiore il virus potrebbe esitare in forma pandemica. I dati tranquillizzanti sulla virulenza di SARS-CoV-2 sono che i bambini sono meno affetti degli adulti, che l’infezione è grave nel 20% dei casi, che nel 50-60% dei casi il virus colpisce le persone con più di 55 anni di età e che la letalità stimata è del 2% in Cina e meno dell’1% fuori della Cina (Corea del Sud ad esempio). La letalità potrebbe anche essere inferiore a queste cifre se la diffusione asintomatica, come sembra, è molto alta. Va ricordato a questo proposito che la letalità della SARS era del 10% e quella della MERS del 35%.

Si avverte molta preoccupazione tra la popolazione, è giustificata?

Che ci sia allarmismo è comprensibile. Quella attuale è stata definita del resto una nuova epidemia dall’Organizzazione mondiale della Sanità (“emergenza di sanità pubblica di impatto internazionale”) e la finestra per dichiararla pandemia si sta via via restringendo. Ciò che si sta facendo è seguire quanto prevedono le linee guida internazionali, per prevenire la diffusione dell’infezione e dunque limitarla. Lo screening, come indicano gli enti di riferimento internazionale (OMS, CDC, ECDC) e i più recenti opinion papers di noti epidemiologi, va attuato in prima istanza sui soggetti contagiati e in prossimità del contagio a scopo di “clinical care” e in seconda istanza per rintracciare il percorso epidemico all’interno dei focolai. Non certo su tutte le persone in arrivo dalla Cina, procedura irrazionale, non sostenuta da evidenze scientifiche, senza considerare il notevole impatto economico di un simile approccio.  

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