SOCIETÀ

Il pericolo non sono i migranti, ma le mafie

“Ragazzi vi supplico, non temete di essere fragili”. Una frase che forse non è adatta ai grandi titoli, una frase però che, detta da una persona come don Luigi Ciotti, ad una platea composta da 50mila persone, di cui gran parte giovanissimi, è come una traccia che segna la via, una via che punta alla sincerità.

Libera, Avviso Pubblico, aiutati da molte altre associazioni oggi hanno dato vita ad una manifestazione che Padova ricorderà a lungo. 50mila persone che sfilano per la città per dire “no alla mafia”, ma anche per chiedere legalità, giustizia e verità, verità per le famiglie che hanno perso i propri cari in un modo atroce ed inatteso, persone però che tutti noi abbiamo il dovere di non dimenticare.

Siamo tutti coinvolti, perché quando parliamo di mafie, di illegalità, non possiamo più far finta che siano argomenti che non ci riguardino. La criminalità organizzata c’è anche nel Nord Italia, c’è in Veneto e anche Padova ha le sue vittime innocenti da ricordare. Stiamo parlando di Cristina Pavesi, una ragazza che a 22 anni è morta per mano della Mala del Brenta e per i loro miseri fini, ma stiamo parlando anche di Matteo Toffanin, un ragazzo ucciso per un incredibile scambio di persona da un commando di killer che volevano “far fuori” Marino Bonaldo, ma che hanno sbagliato auto ed hanno sparato a Matteo e Cristina, la sua ragazza, nel 1992, nel quartiere Guizza.

È' stato proprio il coraggio di Cristina, come quello di molti parenti delle vittime innocenti, a far conoscere la storia di Matteo, ma vale per lui come per tutte le 1011 persone di cui oggi si è fatto nome in un Prato della Valle gremito di gente.

“Vogliamo notizie di Padre dall’Oglio, di Silvia Romano, non dobbiamo dimenticare la nostra gente, dobbiamo volere verità per Giulio Regeni, Ilaria Alpi”. E’ iniziato con un accorato appello il discorso di don Luigi Ciotti, un appello che è poi proseguito rivolgendosi ai giovani, cioè a coloro che in gran parte componevano il corteo.

“Ci dà forza e speranza vedere che a sentire quest’impegno e responsabilità siano i giovani - ha continuato don Ciotti -. Siete voi che non siete induriti dagli egoismi, non intossicati dalla sete di denaro e potere, siete voi sensibili al sogno, all’utopia ed a tutto ciò che trascende i confini di un io sempre più facile preda degli spacciatori di illusioni”.

“Non dobbiamo temere di alzare la voce quando in molti scelgono un prudente silenzio - ha continuato don Ciotti -. Vi supplico ragazzi, non temete di essere fragili, fragile è la condizione umana, saperlo è ciò che ci rende forti. Una società forte accoglie e riconosce la fragilità degli altri, una società che si chiude allontana la fragilità degli altri per non riconoscere la propria”.

“Non dobbiamo temere di alzare la voce quando in molti scelgono un prudente silenzio don Luigi Ciotti

“Diciamolo chiaro - ha continuato don Luigi Ciotti riferendosi anche ai recenti fatti di cronaca -: le leggi devono tutelare i diritti, non il potere. Io sto con la nave Mediterranea, con Roberto Saviano, e dico no alla gestione repressiva dei migranti e all’attacco dei diritti umani. Gli immigrati sono rappresentati come nemici. I migranti invece sono vittime che vengono rappresentati come colpevoli in una falsificazione della realtà di cui un giorno la storia e Dio ci chiederanno conto”.

“Vogliamo liberare la società dalle mafie” ha detto in una lettera letta sul palco dal Prefetto Franceschelli, il capo dello Stato Sergio Mattarella, anche lui parente di una vittima innocente di mafia, Piersanti Mattarella, assassinato da Cosa Nostra nel 1980. “E’ un traguardo doveroso e possibile - ha continuato il presidente della Repubblica -, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini”.

Sembra che tra i giovani che compongono il corteo ci sia la parte migliore di noi, la parte più umana in un momento in cui l’umanità sembra un sentimento da denigrare. Giovani come coloro che la giornata di oggi l’hanno organizzata. È a loro che bisogna rivolgere un grazie, per l’impegno e la professionalità con cui hanno organizzato una giornata storica. I giovani che quotidianamente prestano attenzione a questi temi, come quelli del Presidio intitolato a Silvia Ruotolo a Padova e come quelli di tutti i presidi nazionali che ogni giorno cercano di accantonare l'io per un noi utile a far si che dilaghi la cultura dell’illegalità.

"È da 163 anni che parliamo di mafie - ha concluso Don Ciotti -. Non è possibile. Non è possibile in un paese civile che l'80 per cento dei familiari delle vittime non conosce la verità o la conosce solo in parte”.

Il cambiamento però è possibile, l’hanno dimostrato 50mila persone che si sono radunate oggi a Padova e tutte quelle che l’hanno fatto in tutt’Italia per dire che “il nemico non sono i migranti, sono le mafie, la corruzione, l’usura”.

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