Dentro l’azzardo: 157 miliardi in gioco, un Paese che perde e le mafie che si siedono al tavolo verde
Si chiama gioco d’azzardo ma di giocoso ha ben poco. Nel nostro Paese si sono giocati 111,7 miliardi di euro nel 2021, 136 nel 2022, oltre 150 miliardi nel 2023 e più di 157 miliardi nel 2024. A ciò bisogna aggiungere una spesa netta dei giocatori di 15 miliardi di euro, cioè la differenza tra le giocate e le vincite. Sono soldi usciti dalle tasche degli italiani e finite in modo netto in quelle delle grandi concessionarie. È questa la fotografia che emerge da Azzardomafie. Numeri, storie, affari del Paese tra gioco legale e gioco criminale, il nuovo dossier di Libera (Edizioni Libera, 2025), curato da Toni Mira, Maria Josè Fava, Gianpiero Cioffredi e Peppe Ruggiero.
Sono cifre esorbitanti, significa che ogni anno gli italiani giocano circa il 7,1 per cento del PIL nazionale. Per avere un chiaro metro di paragone è utile sapere che nel 2022, la spesa sanitaria pubblica dell’Italia è stata di poco superiore ai 130 miliardi di euro, cioè 6,7 per cento del PIL.
Il gioco d’azzardo, spiega il dossier, è diventato una componente di fatto strutturale dell’economia italiana. I dati che abbiamo visto infatti, significano che in ogni minuto, centinaia di persone investono tempo, denaro e soprattutto salute nella speranza di cambiare vita. Ma l’azzardo è subdolo, le possibilità di vincita sono statisticamente molto basse e l’unico modo per poter vincere veramente è non giocare. Secondo i dati raccolti da Libera, in Italia 18 milioni di persone hanno tentato la fortuna almeno una volta nell’ultimo anno; 5,5 milioni sono giocatori abituali; 1,5 milioni sono ormai giocatori patologici.
Quando parliamo di gioco d’azzardo dobbiamo ricordarci sempre che vive su due diverse direttive: quella legale e quella illegale. E proprio su questo che si insinuano gli affari mafiosi: da un lato la gestione storica del gioco illegale, ampliata dalle nuove prospettive offerte dall’online e dall’altro la contaminazione del mercato legale, che assicura introiti rilevanti a fronte di un rischio di sanzioni ritenuto economicamente sostenibile.
“Dove c’è fragilità, le mafie arrivano - ricorda nell’introduzione don Luigi Ciotti -. E dove c’è denaro, si inseriscono: gestendo sale, falsificando macchine mangiasoldi, truffando sulle scommesse e concedendo prestiti usurari a chi è ormai sul lastrico".
I dati del gioco d’azzardo: dove si gioca di più
Prima di addentrarci nei dati, è necessaria una premessa: noi possiamo fare quest’analisi solamente grazie a un’interrogazione parlamentare presentata dai deputati del Pd Stefano Vaccari e Virginio Merola, perché i dati ufficiali erano fermi al 2022. A quest’interrogazione è arrivata la risposta (dal minuto 8 ndr) del sottosegretario all’Economia, Federico Freni. Come abbiamo visto la raccolta del gioco nel 2024, cioè l’Insieme delle puntate effettuate in Italia nell’anno solare, ha toccato quota 157 miliardi e 453 milioni di euro, con un incremento del 6,5% rispetto al 2023. La parte principale è stata l’online con 92 miliardi e 102 milioni. Il gioco fisico invece, cioè sale, bar, tabacchi, resta stabile con una cifra di 65 miliardi e 350 milioni di euro in un solo anno.
Dal 2004 al 2024 gli italiani hanno giocato complessivamente 1.774 miliardi di euro, con una media di oltre 88 miliardi l’anno. Nel 1990 la raccolta era di appena 4,8 miliardi: in trentacinque anni si è moltiplicata di oltre trenta volte, con un tasso medio di crescita annuo dell’8,76%, molto superiore all’incremento del PIL nazionale. La curva è pressoché continua, con un’unica flessione nel 2020 a causa della pandemia, seguita però da un rimbalzo immediato nel 2021 (+15,5%).
Ma cosa significa gioco d’azzardo? Attualmente esistono 55 diverse tipologie di lotterie istantanee (“nel 2023 erano 44”, mette in luce Libera), 47 tipologie di “Gratta&Vinci” online (nel 2023 erano 24), 5 tipologie di giochi numerici a totalizzatore (Superenalotto, Win for Life, ecc.), 2 tipologie di bingo, di sala (attraverso 200 Sale Bingo presenti sul territorio nazionale) e a distanza.
Ma chi ci guadagna davvero? Non i giocatori, certo. Nel 2024 lo Stato infatti ha incassato 11,5 miliardi di euro di tasse, meno che in passato: nel 2018 erano 10,3 con una raccolta molto più bassa. Significa che l’erario guadagna proporzionalmente meno, mentre la dipendenza cresce. Le società concessionarie, invece, hanno incassato 10 miliardi netti, consolidando un oligopolio sempre più concentrato.
Le Regioni in cui si gioca di più
In testa alla classifica delle regioni che spendono di più c’è la Lombardia con quasi 25 miliardi di euro, seguita da Campania (20,5), Lazio (16,6) e Sicilia (15,2). Ma se si guarda alla spesa pro capite, il quadro si ribalta: la Campania guida con 3.692 euro all’anno per abitante, seguita da Abruzzo (3.319), Molise (3.275) e Calabria (3.148).
Il dossier di Libera fa poi emergere un dato scorporato per città, dove si vede che “i romani hanno giocato ben 8 miliardi e 330 milioni, 597 milioni in più rispetto al 2023, quando ne avevano “giocati” 7 miliardi e 733 milioni. Si tratta di un incremento del 7,1%, superiore a quello nazionale. Al secondo posto c’è Milano con 3 miliardi e 947 milioni, al terzo Napoli con 3 miliardi e 453 milioni, entrambi meno della metà della Capitale. Seguono più distanziate Palermo con 2 miliardi e 377 milioni e Torino con 2 miliardi e 172 milioni”. La situazione più preoccupante inoltre, sembrerebbe essere a Prato dove nel 2023 la raccolta aveva raggiunto 849 milioni (598 fisico e 251 online) e nel 2024 è salita a 885 milioni (619 fisico e 266 online). Significa che ogni cittadino ha speso nel 2024 4.298 euro in azzardo, un triste primato nazionale.
Prato vede una situazione complessa non solo dal punto di vista dell’azzardo legale, ma anche di quello illegale. Tra gennaio 2024 e aprile 2025, le forze dell’ordine hanno scoperto 17 bische clandestine in città, gestite prevalentemente da gruppi cinesi ma con la presenza di complici italiani.
Come ha confermato il procuratore Luca Tescaroli, in un comunicato del 3 maggio 2025, il fenomeno è “diffusissimo e radicato”. Nelle bische clandestine “si praticavano giochi d’azzardo come Pai Gow e Mahjong - continua Tescaroli -, oltre a scommesse illegali su larga scala”. In totale, circa 160 persone sono state coinvolte tra giocatori, gestori e organizzatori, con sequestri di denaro per oltre 750.000 euro poi versati al Fondo Unico Giustizia.
Le mafie si siedono al tavolo verde
Il rapporto Azzardomafie di Libera dedica un’intera sezione all’analisi puntigliosa di come i clan entrino nel gioco d’azzardo. Secondo la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e la Direzione Nazionale Antimafia (DNA), tra il 2010 e il 2024 sono stati censiti 147 clan mafiosi coinvolti nel business del gioco, legale e illegale. Sedici le regioni interessate: dalla Campania alla Liguria, dalla Calabria al Piemonte. Il gioco d’azzardo è diventato per le mafie quello che negli anni Ottanta era il cemento o negli anni Novanta i rifiuti: una miniera senza fine, capace di produrre profitti elevatissimi con rischi penali contenuti.
La Campania è la regione più colpita, con 40 clan attivi; segue la Calabria con 39 e la Sicilia con 38. Ma anche il Nord, come abbiamo più volte ribadito, non ne è immune: la Lombardia conta 10 clan censiti, e anche Emilia-Romagna e Veneto compaiono nel rapporto. L’azzardo legale, e in particolare le Vlt, “permettono di giocare cifre molto più alte e, non a caso - dice Libera -, come segnalato sia dalla Commissione parlamentare antimafia che dalla Procura nazionale antimafia, sono le preferite dai gruppi criminali, non solo mafiosi, per riciclare il denaro frutto di attività illecite”.
I clan però non si limitano a gestire sale scommesse o slot machine. Controllano le filiere del denaro e della tecnologia: installano apparecchiature manomesse, impongono forniture ai gestori, creano società di facciata per ottenere licenze e concessioni. Altri si infiltrano nel settore online, aprendo piattaforme “mirror” che imitano i siti legali, ma di fatto trasferiscono i flussi di denaro all’estero. In questo modo, l’azzardo diventa una lavatrice perfetta: ogni giorno miliardi di euro vengono mescolati, spostati, ripuliti, reinvestiti in attività apparentemente lecite.
La dislocazione fisica dei server poi è un altro elemento critico. Secondo il dossier la maggior parte si trova all’estero: in Paesi come Malta, Romania, Polonia, Austria, Regno Unito, Canada e Cina e questo rende difficile il sequestro e l’acquisizione di prove, soprattutto quando si tratta di reati tributari o truffe ai danni dello Stato. L’appendice del dossier si concentra proprio su uno di questi Paesi: Malta. Un articolo di Manuel Delia che parte da Daphne Caruana Galizia e spiega proprio come Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra sfruttassero piattaforme con licenza maltese per riciclare denaro.
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Il dossier racconta decine di inchieste giudiziarie: da Galassia a Game Over, da Totem a Double Game. Operazioni che hanno svelato reti di società in Lussemburgo, Malta, Romania, con centrali operative in Sicilia, Calabria e Campania. L’operazione Galassia in particolare è emblematica, perché la DIA ha scoperto come “il settore del gioco d’azzardo sia riuscito a favorire alleanze tra organizzazioni criminali diversissime, mettendo in comune risorse finanziarie e expertise tecnico-informatiche di imprenditori (in parte non affiliati). Il tutto per manipolare il ciclo delle scommesse e del gioco d’azzardo online. Per Cosa Nostra aderivano al cartello membri delle famiglie Santapaola-Ercolano e Cappello (provincia di Catania), mentre per la ‘ndrangheta erano coinvolte le cosche Tegano, Caridi, Borghetto, Zingato, Franco, Piromalli, Pesce e Bellocco. La Puglia era presente con la storica famiglia dei Martiradonna, componente a sua volta del clan Capriati di Bari”.
E poi il dossier Azzardomafie parla dei Mancuso, in Calabria, dei Casalesi di Bidognetti, Mallardo, dei Condello, dei Labate, dei Lo Piccolo, insomma, come se al tavolo verde si sedessero sempre le solite note famiglie.
La DIA spiega che l’interesse mafioso per l’azzardo ha due facce: la prima è economica, perché garantisce liquidità immediata, la seconda è territoriale, perché controllare le sale significa controllare le persone, raccogliere informazioni, esercitare potere. È la stessa logica delle piazze di spaccio, ma con meno rischi e più accettazione sociale.
”Le mafie approfittano dei giocatori affetti da ludopatia, sanno chi sono, li seguono, li contattano, concedendo prestiti a tassi usurari - dice il dossier -. Si genera così un circolo vizioso, in cui alla dipendenza dal gioco si somma la dipendenza economica dai clan”.
La criminalità quindi oggi condiziona irreversibilmente il settore del gioco pubblico d’azzardo e di conseguenza, viste le cifre di cui si parla, condiziona lo Stato. La conferma arriva dal Generale della Finanza Nicola Altiero, che nel dossier dice che “un euro investito dalle mafie nel narcotraffico produce profitti per sei o sette euro. Uno investito nell’azzardo ne genera otto o nove, con molti meno rischi”
L’aspetto sanitario
Nel frattempo, mentre lo Stato incassa, e nemmeno troppo, le mafie investono, le vite si spezzano. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità parlano di 1 milione e mezzo di giocatori patologici e 1,4 milioni a rischio moderato. Significa quasi 3 milioni di persone che vivono una forma di dipendenza riconosciuta come malattia. Eppure, la prevenzione resta marginale.
“Soldi che solo in minima parte vengono reinvestiti in percorsi di prevenzione, terapia e reinserimento - denuncia don Ciotti nel dossier -. C’è una grave contraddizione etica in tutto questo: la politica parla di regolamentazione, ma troppo spesso resta prigioniera della logica del profitto”.
L’azzardo digitale è la frontiera più insidiosa: accessibile da smartphone, invisibile, disponibile 24 ore su 24. Nel 2024 la “black list” dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha contato 11.390 siti illegali oscurati, in aumento costante. La Unità di Informazione Finanziaria ha ricevuto nel primo semestre 2025 6.433 segnalazioni di operazioni sospette, il 37% in più rispetto all’anno precedente: quasi tutte legate al gioco online.
Il glossario del gioco d’azzardo
Le chiamano AWP, acronimo di Amusement With Prizes. Sono le classiche slot machine, quelle che si trovano nei bar, nelle tabaccherie e nelle sale gioco. Apparentemente innocue, ma come abbiamo visto dietro ai loro colori e suoni si muove una macchina economica enorme, capace di muovere miliardi di euro ogni anno. Oggi si parla anche di AWPR, una nuova generazione di apparecchi in arrivo da anni e progettata per garantire maggiore sicurezza: potranno essere controllate da remoto e comunicheranno con la rete telematica dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) in modo criptato, per impedire manomissioni e frodi.
È proprio l’ADM, erede della vecchia AAMS, a controllare la legalità di questi apparecchi e, più in generale, di tutto il settore del gioco pubblico. La normativa distingue chiaramente i giochi vietati da quelli consentiti, e per operare in quest’ultimo ambito serve una concessione statale. Chi la ottiene diventa un concessionario, cioè un soggetto autorizzato a gestire e distribuire il gioco d’azzardo legale. Proprio su questo punto Azzardomafie entra nel dettaglio. Dietro ad alcune delle dieci concessionarie più importanti ci sono delle vere e proprie holding.
Il linguaggio dell’azzardo
Il mondo del gioco parla inglese. Alcuni termini sono ormai entrati anche nel lessico comune.
Il gambling è il gioco d’azzardo, il gambler il giocatore. Le VLT (Video Lottery Terminal) sono l’evoluzione tecnologica delle slot tradizionali, più potenti, collegate a un sistema centrale e in grado di gestire vincite molto più alte.
Ci sono poi parole chiave come payout, jackpot e match fixing. Il payout indica la percentuale media di restituzione del denaro puntato: se è al 90%, significa che ogni 100 euro giocati, 90 vengono teoricamente restituiti sotto forma di vincite. Il jackpot è il premio massimo possibile. Il match fixing, invece, è la manipolazione di una gara sportiva attraverso accordi e corruzione dei partecipanti: una pratica illegale che muove enormi somme e che le mafie conoscono bene.
Il bookmaker è la persona o società autorizzata a raccogliere scommesse. Ma dal 2014 in Italia è legale anche una forma di gioco diversa: il Betting Exchange, dove gli utenti scommettono gli uni contro gli altri su piattaforme online. In questo caso il bookmaker fornisce solo la piattaforma, trattenendo una commissione, in genere tra il 2 e il 5 per cento, su ogni transazione. È il modello dei grandi siti di scommesse sportive internazionali.
Nel gioco online, il denaro disponibile sul conto di un giocatore, espresso in gettoni virtuali o chips, è chiamato bankroll.
Quello del gioco d’azzardo è un labirinto che ad ogni angolo si può incontrare la legalità o l’illegalità. Il gioco d’azzardo è subdolo, è sempre più presente e nessuno ne è immune: i numeri parlano chiaro.