SCIENZA E RICERCA

Amalia Ercoli Finzi: "Il mio desiderio era puntare tutto su Marte"

Amalia Ercoli Finzi non avrebbe bisogno di presentazioni. Il 25 febbraio 1962 è stata la prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, al Politecnico di Milano, dove poi ha iniziato a insegnare meccanica orbitale. Con il suo lavoro ha contribuito a numerose missioni spaziali realizzate a livello nazionale e internazionale, nell’ambito delle quali ha pianificato attività destinate all'esplorazione planetaria, in particolare per le missioni lunari, marziane e cometarie. È stata consulente scientifica della Nasa, dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Agenzia Spaziale Europea. I programmi a cui ha partecipato sono stati numerosi: su tutti, si ricorda la missione Rosetta, che l’ha vista ricoprire il ruolo di principal investigator dello strumento SD2 della sonda, destinato alla perforazione del nucleo cometario e alla raccolta di campioni e considerato uno dei suoi capolavori tecnici.

Con Amalia Ercoli Finzi torniamo a parlare di esplorazione marziana e dell’ultima missione della Nasa, che lo scorso 18 febbraio ha visto l'atterraggio di Perseverance sul suolo di Marte.

Guarda l'intervista completa ad Amalia Ercoli Finzi. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Elisa Speronello

È il quinto rover, questo, in ordine di tempo ad arrivare sul pianeta rosso. E se i primi quattro - Sojourner nel 1997, Spirit e Opportunity nel 2004 e Curiosity nel 2012 – erano stati concepiti per l’esplorazione del pianeta, quello da poco ammartato ha l’ambizioso compito di identificare e raccogliere campioni di rocce marziane da riportare sulla Terra nel corso di una futura missione, nel giro di una decina d’anni. Suo scopo sarà anche quello di raccogliere dati per caratterizzare il clima e la geologia del pianeta e cercare tracce di vita microbica nel passato di Marte. “L’intenzione – sottolinea Ercoli Finzi – è di raccogliere dei campioni in zone che ci interessano per conoscere bene la natura di Marte, la sua geologia e quindi poter in futuro sperare di poter organizzare una colonia marziana”. E precisa: “Marte è l’unico pianeta dove potremmo atterrare. Sugli altri, e ce ne sono tanti nel sistema solare con le loro lune, non è possibile”.

Per portare l’uomo su Marte, osserva la scienziata, il lavoro da fare però è ancora molto, dato che condurvi un equipaggio pone questioni di non poco conto. “Il problema fondamentale è garantire la sopravvivenza degli astronauti, innanzitutto durante il viaggio verso Marte e poi sul pianeta stesso, dato che la missione richiede due anni: 150-170 giorni sono richiesti per il viaggio di andata e altrettanti per quello di ritorno, ma nel tempo rimanente l’equipaggio – all’epoca avevo indicato sette persone, di cui quattro donne – deve permanere in modo continuativo sul pianeta”. È necessario innanzitutto proteggersi dai raggi cosmici, serve trovare dei sistemi che difendano l’astronave, delle soluzioni anche farmacologiche per tutelare gli astronauti. E, su Marte, serve un avamposto e tutto il necessario per poter sopravvivere (tanto che si parla anche di un orto da realizzare sul pianeta). “Il combustibile basterà appena per arrivare, per il viaggio di ritorno si dovranno recuperare sul posto i materiali (ossigeno e idrogeno) che consentiranno di ripartire. Ma servono tonnellate di questi elementi”. Si tratta, secondo Amalia Ercoli Finzi, di prospettive ancora lontane.

Per questo, prima di arrivare su Marte, si pensa alla Luna: nel 2024 infatti, secondo i piani della Nasa – che collabora con l’European Space Agency, la Japan Aerospace Exploration Agency, la Canadian Space Agency –, il programma Artemis riporterà gli esseri umani – tra cui la prima donna – sul nostro satellite, per esplorazioni a lungo termine. L’allunaggio intende essere il primo passo verso l’insediamento di una colonia lunare. “Il mio desiderio – sottolinea Ercoli Finzi – sarebbe stato, in realtà, puntare tutto su Marte, ma questo è veramente un obiettivo che si colloca avanti nel tempo. La Luna ha il vantaggio di essere vicina a noi, circa 360.000 chilometri, 60 raggi terrestri, e deve essere intesa come un testbed, come un laboratorio”. Un luogo, cioè, in cui imparare a fare tutto ciò che potrà tornare utile in altre missioni. E un luogo anche da studiare dato che, secondo la scienziata, della Luna (come della Terra) sappiamo ancora poco. Sarà importante acquisire familiarità con il suolo lunare e anche a questo scopo risponde, nell’ambito del progetto Artemis, la costruzione del Lunar Gateway, una piccola stazione spaziale in orbita permanente intorno alla Luna, che permetterà agli astronauti di raggiungere il satellite. Il Gateway comprenderà dei moduli abitativi per l'equipaggio e offrirà capacità di attracco per i veicoli, moduli logistici e di comunicazione con la Terra e con la Luna. “Dico con orgoglio che anche in questo caso l’Italia gioca un ruolo fondamentale, perché molti dei moduli che serviranno per la stazione lunare sono costruiti nel nostro Paese”. E infine, sottolinea la scienziata, si dovrà imparare a estrarre regolite lunare da cui ottenere acqua e ossigeno, utili a produrre carburante.

A molti andare nello spazio può sembrare non necessario. Invece l’attività spaziale consente un ritorno enorme sulle attività terrestri: si pensi alle previsioni meteorologiche, al monitoraggio delle frane, alle comunicazioni”. E la rilevanza strategica che può avere per aspetti legati alla difesa. “Ma soprattutto – conclude – l’attività di esplorazione spaziale è sinonimo di conoscenza, una conoscenza che continua a espandersi, ma che in realtà ci pone sempre nuove domande. Non siamo nulla nell’Universo, ma con la nostra intelligenza cerchiamo di ottenere delle risposte che riguardano il sistema solare intanto, l’Universo e forse il Big Bang”.


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