SOCIETÀ

ASviS: “Necessario accelerare la transizione verso la sostenibilità”

La crisi climatica e ambientale avanza. Nel 2023 il mondo ha superato per la prima volta, seppur temporaneamente, la soglia limite di 1,5°C di aumento della temperatura rispetto al periodo preindustriale. Secondo i più aggiornati monitoraggi scientifici, continuando sulla strada attuale (il cosiddetto business as usual), non solo non saremo in grado di mantenerci entro i limiti riconosciuti dalla comunità internazionale, ma ci troveremo, già ben prima della fine di questo secolo, a muoverci in un territorio inesplorato, caratterizzato da un sistema climatico ed ecologico globale sempre più instabile e meno adatto alla vita umana. Le perdite, economiche e sociali, potrebbero raggiungere picchi oggi inimmaginabili. È per tutte queste ragioni che un impegno risoluto e costante è inderogabile. Ed è quanto chiede al nostro governo, ancora una volta, ASViS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

In apertura dell’edizione 2024 del Festival dello Sviluppo Sostenibile, ASviS ha pubblicato un “Rapporto di Primavera” che analizza nel dettaglio il posizionamento del nostro Paese nello scenario europeo e internazionale rispetto agli impegni per la transizione verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il rapporto è ricchissimo di dati e valutazioni sulla traiettoria che l’Italia sta seguendo in base alle politiche attualmente esistenti, e offre una serie di proiezioni al 2030 e al 2050 per quattro diversi scenari, che si differenziano per il grado di impegno trasformativo in campo politico ed economico: dall’inazione (che porterebbe a uno scenario di “catastrofe climatica”) a un intervento deciso di natura trasformativa, che consentirebbe di realizzare l’obiettivo di un’Italia (e un’Europa) a emissioni zero in tempi brevi.

Come spiega nella Sintesi del Rapporto Enrico Giovannini, co-fondatore e direttore scientifico di ASviS, l’analisi delle azioni per la sostenibilità intraprese dal governo italiano negli ultimi diciotto mesi risultano decisamente carenti. È il governo stesso a riconoscere, nell’ultima relazione sull’impatto della Legge di bilancio sugli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile), la sostanziale assenza di misure vòlte a migliorare la condizione dell’Italia su temi cardine quali le disuguaglianze, le emissioni di gas climalteranti e la tutela ambientale, tutti ambiti d’intervento centrali nell’Agenda 2030.

Da un esame particolareggiato dell’impatto che le recenti politiche italiane hanno sul cammino del Paese verso la realizzazione degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, emerge un quadro in gran parte negativo. Negli scorsi mesi, infatti, il governo ha compiuto diversi passi avanti – soprattutto dal punto di vista formale – in direzione di politiche in favore della sostenibilità: sono stati adottati documenti importanti, tra cui la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Tuttavia, sottolinea il rapporto dell’ASviS, «le modifiche del quadro legislativo nazionale e i finanziamenti aggiuntivi orientati al raggiungimento degli SDGs [Sustainable Development Goals] appaiono decisamente timidi e inadeguati per invertire le tendenze negative che, come messo in luce dal Rapporto ASviS di ottobre 2023, si riscontrano per la gran parte degli SDGs».

Nello specifico, l’Italia ha peggiorato la propria condizione per ben 6 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (povertà, sistemi idrici e igienico-sanitari, tutela di ecosistemi terrestri e marini, governance, partnership); è rimasta stabile per quanto riguarda il cibo, le città sostenibili, le diseguaglianze; ha registrato progressi molto contenuti (meno del 10% in dodici anni) per sei Obiettivi (istruzione, parità di genere, energia rinnovabile, lavoro dignitoso, innovazione e infrastrutture, lotta al cambiamento climatico).

Accelerazione trasformativa

Oltre a dotarsi di strumenti quali la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile approvata a settembre 2023, l’Italia si è impegnata in una serie di accordi e trattati internazionali (tra questi la già citata Agenda 2030, il 2030 Global Biodiversity Framework sottoscritto a dicembre 2022 alla COP15, gli impegni di contrasto alla crisi climatica firmati durante l’ultima COP28) che indicano una strada ben precisa. Tra i più recenti impegni presi dal Paese vi è la realizzazione di un “Piano di accelerazione trasformativa” che dovrebbe riportare i Paesi ritardatari sulla strada da seguire per realizzare i 17 Obiettivi di sostenibilità entro il 2030. ASviS, tuttavia, registra l’assenza di qualsiasi iniziativa, da parte di questo governo, per mettere in atto la “accelerazione trasformativa” promessa al Summit ONU sull’Agenda 2030 tenutosi a settembre 2023. Questo, insieme al ritardo sulla transizione energetica (i cui passaggi sono stati concertati a livello comunitario, con l’obiettivo di raggiungere le zero emissioni nette entro il 2055) e sull’azione per la tutela della biodiversità, indica gravi carenze su temi fondamentali a livello sociale ed economico e, ormai, centrali anche per il posizionamento internazionale.

In collaborazione con Oxford Economics, nel Rapporto di primavera 2024 ASviS propone un utile esercizio di immaginazione, che consiste nell’immaginare come sarà l’Italia (e l’Europa) nel 2050 a seconda di quale percorso d’azione si deciderà di intraprendere. Questo avrà un profondo impatto su tutti gli aspetti della nostra vita: i livelli di crescita economica e di occupazione, il tasso di diseguaglianze, la preservazione degli ecosistemi naturali.

Tra gli ingredienti fondamentali della transizione verso la sostenibilità vi è, chiaramente, la drastica riduzione delle emissioni di gas climalteranti. A tale scopo, è necessario mettere in campo diverse misure sinergiche, così da ridurre al minimo i potenziali effetti collaterali in campo economico: strumenti come la vasta adozione di tecnologie per la produzione di energia a basse (o nulle) emissioni e la tassazione del carbonio dovrebbero essere attuate in parallelo; al tempo stesso, nella fase di transizione si dovrebbero mitigare i potenziali effetti inflattivi dell’internalizzazione dei costi ambientali attraverso coraggiose politiche ridistributive, mirando a realizzare il principio dell’Agenda 2030 di “non lasciare nessuno indietro”.

Per ridurre al minimo gli effetti negativi di breve e medio termine causati dalla transizione, è necessario agire in fretta: come si legge nel Rapporto, «i costi economici dovuti al ritardo delle politiche di riduzione delle emissioni possono diventare ingenti. Essi si andrebbero ad aggiungere a quelli dovuti alla mancata o inadeguata risposta agli effetti dei cambiamenti climatici sui territori e sulle filiere di produzione (che richiedono politiche di adattamento), mentre la transizione verso un sistema economico globale decarbonizzato comporterebbe diversi e fortissimi benefici, come la riduzione della frequenza di fenomeni meteorologici estremi».

I costi economici dovuti al ritardo delle politiche di riduzione delle emissioni possono diventare ingenti ASviS

Net Zero

In questo scenario si ipotizza che, grazie a un impegno sostanziale della società e a misure mirate, come una carbon tax e ampi investimenti in fonti pulite di energia, si raggiunga la neutralità carbonica entro il 2050. La temperatura media globale aumenta di 1,7°C entro il 2050. In Italia, l’introduzione di una tassa sul carbonio porta a una drastica riduzione della domanda di combustibili fossili, rapidamente sostituiti da fonti rinnovabili. Si riduce, in generale, il consumo di energia, segnalando un disaccoppiamento dalla crescita economica. Questo consente una netta riduzione delle emissioni; d’altro canto, questo ‘rimbalzo’ causa, sebbene per un periodo limitato, un aumento dell’inflazione dovuto alla transizione verso nuove fonti energetiche. In Italia, il PIL si riduce lievemente (-0,9%) al 2030, ma «gli investimenti e le temperature medie più basse stimolano la produttività»: per il periodo post-2050, le previsioni anticipano uno scenario di crescita economica superiore alla previsione di base (che consiste nell’effettiva realizzazione degli impegni politici attuali attraverso misure concrete).

Net Zero Transformation

Il potenziale effetto positivo della transizione energetica sul sistema economico italiano e globale risulta con evidenza dallo scenario Net Zero Transformation. In questo scenario si analizzano gli effetti di una riforma economica strutturale mirante a incentivare gli investimenti per la decarbonizzazione. Si verifica uno ‘shock’ trasformativo che porta l’economia mondiale fuori dalla fase di “stagnazione secolare” e verso una nuova prosperità. Si rimane entro il limite di 1,5°C entro fine secolo.

In questo scenario, «anche se l’introduzione della carbon tax produce un aumento dell’inflazione nei primi anni, questa diminuisce rapidamente a causa di una traiettoria più bassa del prezzo del carbonio e dei benefici sul lato dell’offerta derivanti da investimenti e innovazione (SDG 9) portando i livelli del PIL reale mondiale nel 2050 ad un livello superiore dell’1,9% rispetto allo scenario di base».

Transizione tardiva

Al contrario, rinviare interventi di mitigazione e di trasformazione dell’attuale sistema economico si traduce in costi economici, sociali e ambientali molto onerosi. Questo scenario considera l’ipotesi che le politiche di mitigazione vengano attuate solo a partire dal 2030, con tempi più ristretti e, di conseguenza, la necessità di politiche più aggressive per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Il PIL cala del 3% al 2050 rispetto allo scenario di base, e nonostante il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050 i costi della transizione sono più gravosi e si raggiunge comunque una temperatura più alta (+1,7°C).

Catastrofe climatica

In questo scenario, gli sforzi internazionali per l’attuazione delle politiche climatiche falliscono e il mondo si dirige verso un aumento di 2,3°C nel 2050, con conseguenze disastrose sugli ecosistemi e sulle società umane. Come sintetizzano gli autori del Rapporto ASviS, «livelli più elevati e maggiori volatilità delle temperature porterebbero un aumento degli eventi climatici estremi, con conseguente crescita dei danni fisici ed economici, ed effetti catastrofici sulla popolazione, soprattutto sulle fasce più deboli, visto che una parte significativa della Terra diventerebbe inabitabile. In questo scenario, nel 2050 il PIL italiano si riduce del 30% rispetto alle previsioni di base e la disoccupazione raggiunge il 17,4%, 9 punti percentuali in più rispetto allo scenario di base».

 

Da questo esercizio di immaginazione risulta chiaro quale sia il percorso più desiderabile per minimizzare i rischi e sfruttare i benefici insiti in una transizione che si impone come necessaria: bisogna agire coraggiosamente, e farlo nel minor tempo possibile. Qualsiasi opzione alternativa è meno conveniente nel medio (2050) e nel lungo termine (2100). Nello scenario di catastrofe climatica, l’inazione portata all’estremo genera conseguenze disastrose: in sintesi, entro il 2100 la temperatura raggiunge più di 5°C di aumento, si raggiunge l’“annientamento economico” e la società umana per come la conosciamo smette di esistere. Tutte queste considerazioni sono tanto più vere per l’Italia e, in generale, per l’Europa, che si surriscaldano al doppio della velocità rispetto alla media globale, e sono dunque maggiormente esposte alle conseguenze peggiori della crisi ambientale.

La strada da seguire

Ciò di cui l’Italia ha bisogno è un approccio politico sistemico, che tenga in considerazione non solo la necessità di mitigare il cambiamento climatico attraverso misure drastiche ma senza creare danni permanenti al sistema economico, ma anche l’importanza di riformare quest’ultimo in modo che sia esso a servire gli interessi della società, e non viceversa. Un approccio radicalmente redistributivo è essenziale per evitare che a pagare il costo della transizione energetica siano le fasce più vulnerabili della popolazione, che non potrebbero far fronte a misure come una carbon tax e ai temporanei effetti inflattivi da essa generati. «È necessario – affermano gli autori del Rapporto – mettere lo sviluppo sostenibile (scelto come prospettiva fondamentale delle politiche dell’Unione europea) al centro della politica economica del Paese, a partire da un nuovo modo di costruire il bilancio pubblico rispetto agli Obiettivi dell’Agenda 2030».

L’Italia ha urgente bisogno di una legge sul clima, che sancisca l’obiettivo nazionale di neutralità climatica al 2050 e definisca con chiarezza tempi e modi della decarbonizzazione. Il Paese deve realizzare in tempi brevi il “Piano di Accelerazione” richiesto dalle Nazioni Unite per realizzare gli Obiettivi di Sostenibilità. L’Italia deve coinvolgere i territori nella sua pianificazione a medio e lungo termine di politiche di sostenibilità. Infine, la nostra governance deve mirare a ridurre – non aumentare, come la legge sull’autonomia differenziata rischia di fare – le diseguaglianze sociali e territoriali. Infine, sottolinea ancora ASviS, si deve tenere in gran considerazione il principio costituzionale della giustizia intergenerazionale, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini più giovani alla vita democratica.

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