SCIENZA E RICERCA

Il clima può cambiare e l'ha sempre fatto

Si chiama “masso erratico”. È una grossa roccia, può pesare centinaia e finanche migliaia di tonnellate, che trovi, talvolta sola soletta, spesso pizzuta e con vertiginose guglie, fuori contesto: nel bel mezzo di un fondovalle alpino o, magari, sul crinale di una collina dell’Appennino. C’è n’è una, per esempio, a mille metri di quota sul Monte Cimino, nel Lazio.

Famosa è anche la Pietra Pendula che si trova sulle Prealpi lombarde, nel comune di Torno, sul Lago di Como, ed è stata ben descritta da Antonio Stoppani a metà dell’Ottocento.

Il più grande masso erratico catalogato pesa 4.500 tonnellate ed è stata trovato in una delle tante morene che ricoprono la metà del Nord America.

Fin dal passato molti si sono chiesti come questi massi erratici fossero giunti lì dove si trovano. Quale forza gigantesca li avesse trasportati intatti, per nulla arrotondati, per centinaia e forse migliaia di metri, quasi fossero stati sollevati e poi riposti con delicatezza. L’unica forza fisica in grado di svolgere quel gravoso lavoro era, a immaginazione d’uomo, una massa d’acqua imponente: il Diluvio Universale. Ma, poco prima che Stoppani descrivesse la Pietra Pendula, due svizzeri, l’ingegnere Ignaz Venetz e il geologo Jean de Charpentier, studiando i massi erratici che si trovano anche nelle valli elvetiche, intorno al 1830, giunsero alla conclusione che ad averli trasportati lentamente fin lì fossero stati i ghiacciai. Che, evidentemente, un tempo lontano dovevano essere molto più estesi.

L’idea non era affatto facile da digerire in un tempo in cui molti credevano nella sostanziale immutabilità della Terra, del suo clima e dei suoi abitanti. Tra i più scettici c’era Louis Agassiz, il presidente dell’Associazione elvetica di scienza naturali. Ma il giovane studioso aveva un sano spirito scientifico. Per cui decise di verificare sul campo se le affermazioni del suo stimato amico de Charpentier avessero qualche fondamento. Studiò con attenzione i ghiacciai e i massi erratici alpini. Si trasferì negli Stati Uniti per studiare le morene e i massi erratici nord-americani. Infine il 24 luglio 1837 alla riunione annuale dell’Associazione scientifica di cui era presidente avanzò, tra lo sconcerto di gran parte dei colleghi, la sua ipotesi: c’è stato un tempo in cui non solo i ghiacciai alpini scendevano fin giù nelle valli, ma anche la metà del Nord America era ricoperto da ghiacci. I massi erratici, trasportati dalla forza del ghiaccio, non sono altro che i testimoni di quel tempo freddissimo.

Lo studio di queste rocce, trasportate dai ghiacciai in espansione durante le ere glaciali, è una delle prove dirette dell'espansione dei ghiacciai nel passato

L’ipotesi di Agassiz contiene due impliciti ancora più dirompenti: se i ghiacci occupavano gran parte dell’emisfero settentrionale, ne consegue che il clima della Terra in passato doveva essere stato diverso da quello attuale. E poiché è difficile credere in un evento unico, in un cambiamento una tantum, è evidente che il clima della Terra evolve nel tempo.

Ci volle il suo tempo prima che la comunità scientifica accettasse l’ipotesi “gradualista” di Agassiz e le sue implicazioni evolutive. Ma la cosa che deve aver sorpreso più di tutti i tre glaciologi svizzeri non è stato l’aver toccato con mano quanto sia difficile convincere la comunità scientifica, ma nel dover apprendere che prima di loro uno scrittore – e che scrittore! – era giunto alle medesime conclusioni.

Johann Wolfgang von Goethe aveva a sua volta visitato le Alpi, si era imbattuto nei massi erratici e aveva scritto almeno mezzo secolo prima nel suo Wilhelm Meister: «Il ghiaccio attraversava la vallata portandoli con sé come i ghiacciai ancora oggi fanno: i blocchi rimasero là dove li osserviamo depositati dalla fusione del ghiaccio. E non sono smussati poiché essi furono trasportati lentamente e non violentemente».

Anche Goethe, dunque, aveva intuito quello che oggi consideriamo un fatto assodato: il clima del pianeta Terra cambia nel tempo. Evolve continuamente. E i cambiamenti possono essere relativamente piccoli o piuttosto vistosi. In ogni caso questi cambiamenti influenzano la vita di tutte le specie che vivono sulla Terra, decretandone spesso la fortuna o la sfortuna e persino l’estinzione.

Il clima del passato

I massi erratici di Agassiz e Goethe ci raccontano, in realtà, di grandi cambiamenti in tempi geologici recenti. Ci parlano soprattutto della cosiddetta “glaciazione di Würm”, che è iniziata circa 130.000 anni fa, ha avuto il suo picco, con la massima estensione dei ghiacciai, intorno a 18.000 anni fa ed è terminata più o meno 12.000 anni fa.

Il grafico qui sotto ci mostra come è variata la temperatura (ma anche la concentrazione di gas serra) negli ultimi 400.000 mila anni. Ere glaciali, con temperature inferiori anche di 8 °C rispetto a quella attuale, si sono alternate a epoche interglaciali, con temperature più miti. Nell’ultima glaciazione, quella di Würm, la temperatura era inferiore appunto di circa 8 °C rispetto a quella attuale.

I ghiacci ricoprivano gran parte dell’Europa e, di conseguenza, i ghiacciai erano molto estesi.

Nel corso di questa “era del ghiaccio”, una parte notevole dell’emisfero settentrionale era, appunto, ricoperto da acqua allo stato solido. In Nord America una compatta coltre di ghiacci, spessa fino a 4 chilometri, ricopriva tutte le terre tra l’Atlantico e il Pacifico fin sotto il 50° parallelo e, qui e là, si estendeva fino al 40° parallelo. Fino all’altezza, per intenderci dei Grandi Laghi, di New York e persino di Washington.

Non era da meno l’Europa.

Una coltre di ghiaccio spesso almeno 3 chilometri copriva per intero l’Islanda; la Scandinavia, dal Baltico a Capo Nord; l’Irlanda e la Gran Bretagna. La massa glaciale europea si saldava in Finlandia con quella poderosa delle Russie e della Siberia. Che a sua volta, attraverso lo stretto di Bering completamente ghiacciato per una larghezza non inferiore a 2.000 chilometri, si saldava con quella americana. Anche l’Antartide aveva un’estensione molto maggiore dell’attuale. La Terra aveva un enorme cappello e le babbucce bianche. Il livello dei mari era inferiore di ben 100 metri rispetto al livello attuale e ovunque l’oceano era in ritirata.

Quanto all’Italia, due chilometri di ghiaccio ricoprivano anche le vette e le valli alpine: lì dove oggi ci sono verdi prati e dove Venetz e gli altri hanno trovato massi la cui presenza era difficile da spiegare. Ghiacciai ricoprivano anche il Pollino e la Sila, in Calabria. Mentre le acque dell’Adriatico lambivano a stento le Marche e il Po sfociava nei pressi di Pesaro. Malta era unita alla Sicilia e la Sardegna alla Corsica.

Senza dubbio appena 15.000 anni fa l’Italia, l’Europa e il mondo apparivano in maniera affatto diversa rispetto all’attuale.

Ma la storia della Terra non si misura in migliaia di anni, bensì in miliardi di anni: 4,6 per la precisione. E il clima del pianeta, nel corso di questo “tempo profondo” ha subito cambiamenti ben più drastici rispetto a quello, niente affatto banale, che caratterizza la glaciazione di Würm e il periodo interglaciale nel quale viviamo.

All’inizio la Terra non aveva affatto un’atmosfera. E non aveva neppure acqua. Era più vicina al Sole, che tuttavia era un "sole bambino" (dalla teoria inglese del "young faint sun") e inviava sul nostro pianeta il 30% in meno dell’energia radiante che invia oggi. Ci sono voluti centinaia di milioni di anni prima che la Terra si raffreddasse e l’intensità del bombardamento di meteoriti si abbassasse di almeno mille volte. A quel bombardamento dobbiamo la gran parte dell’acqua che c’è oggi sul pianeta.

In questo periodo, chiamato Archeano, la temperatura media del pianeta non avrebbe dovuto superare i -20 °C e la Terra sarebbe dovuta apparire come una “snowball”, un’enorme palla di neve. In realtà, già nel corso dei primi milioni di anni, ha iniziato a formarsi un’atmosfera ricca di CO2 e di CH4 e ha iniziato ad agire un primo effetto serra che ha determinato un forte rialzo della temperatura alla superficie del pianeta e ha consentito la presenza di acqua liquida e, dunque, degli oceani.

Ci sono voluti, poi, almeno 2 miliardi di anni prima che i microorganismi fotosintetici imparassero a ottenere energia dalla luce solare e a generare in gran quantità, come venefico sottoprodotto di reazione, ossigeno molecolare, O2. Dal nostro punto di vista l’ossigeno è il gas più prezioso: senza, infatti, non potremmo respirare. Ma dal punto di vista chimico è un gas molto reattivo, capace di attaccare – con una reazione chiamata di ossidazione – quasi tutte le sostanze che incontra. Un veleno estremamente aggressivo.

Una coltre di ghiaccio spesso almeno 3 chilometri copriva per intero l’Islanda; la Scandinavia, dal Baltico a Capo Nord; l’Irlanda e la Gran Bretagna

Insomma, la produzione di O2 da parte dei microrganismi fotosintetici ha determinato prima la completa ossidazione sulle terre e nei mari del pianeta – con la più grande produzione di ruggine nella storia del sistema solare – e poi, circa 2,4 miliardi di anni fa, ha iniziato a riempire l’atmosfera e a mantenerla, da allora, molto lontana dall’equilibrio chimico.

L’ossigeno, tra l’altro, ha portato alla rapida diminuzione del metano e della stessa anidride carbonica in atmosfera. Scongiurando l’”effetto Venere” e la trasformazione della Terra in una torrida serra qual è, appunto, quella che avvolge il nostro piuttosto inospitale vicino.

Grazie ai microrganismi fotosintetici la vita si è dimostrata non “un fattore” ma “il fattore di gran lunga più importante” nella determinazione del clima terrestre dopo il Sole, naturalmente.

Un aspetto solo in apparenza secondario è che, grazie alla fotosintesi, in questo periodo si è venuta formando nella stratosfera una “coltre” di ozono – la molecola triatomica dell’ossigeno, O3 – che ha iniziato a filtrare gli energetici raggi ultravioletti.

Ebbene, in tutti questi miliardi di anni la Terra ha subito glaciazioni ben più poderose di quella di Würm ed è diventata talvolta una “snowball”, un’enorme palla di neve. L’ultima volta che lo ha fatto, a quanto si ipotizza, è stato tra 800 e 750 milioni di anni fa. In quel periodo tutti i continenti erano riuniti e localizzati intorno al Polo Sud. Ed erano completamente coperti di ghiaccio.

Una situazione molto pericolosa. Perché ritenuta stabile. Il clima di una Terra “snowball” è un clima pressoché immutabile: l’effetto albedo, infatti, riflette direttamente nello spazio quasi tutti i raggi del Sole impedendo un “global warming”, un riscaldamento globale. Anche con la neve in superficie, tuttavia, i vulcani eruttano. Ed emettono CO2. Che si accumula in atmosfera, producendo un effetto serra sempre più forte. I vulcani, ancora una volta, ci hanno salvato.

Per sciogliersi, la “snowball” ha impiegato quasi 200 milioni di anni. Alla fine di questo lento e provvidenziale disgelo il pianeta è ridiventato ospitale e, infatti, all’inizio del Cambriano, poco meno di 600 milioni di anni fa, è potuta nascere e svilupparsi la vita animale.

Sappiamo poco del Precambriano, ovvero dei 3,8 miliardi di anni che hanno preceduto la riduzione a una “snowball”. Ma pare che qualcosa del genere sia avvento anche 2,7 miliardi di anni fa. E che la riduzione a una “palla di neve” sia durata 400 milioni di anni.

Anche dopo il Cambriano, nella parte più recente – si fa per dire – della storia della Terra, il clima è cambiato più volte, anche se non più così drasticamente. Perché sono continuate a cambiare non solo le condizioni astronomiche, che pure influiscono sul clima, ma anche le condizioni interne al pianeta. Grazie alla deriva dei continenti, per esempio, più volte le grandi zattere che costituiscono la crosta terrestre si sono, per così dire, riposizionate. Contribuendo a modificare il clima globale. E a creare le condizioni per nuove “esperienze di vita”. È in seguito a cambiamenti climatici che, per esempio, a un certo punto della storia la specie Homo sapiens è emersa in Africa.

Anche la concentrazione dei gas serra in atmosfera è molto variata. In alcuni momenti quella della CO2 ha superato anche le 10.000 ppm. Ancora 65 milioni di anni fa, all’epoca dell’estinzione dei dinosauri, era di circa 1.000 ppm e la temperatura media del pianeta era di 6-8 °C maggiore dell’attuale. Da allora, tuttavia, la concentrazione in atmosfera di CO2 è costantemente diminuita fino a meno di 300 ppm dell’epoca pre-industriale.

Ma rifare la storia del clima sulla Terra, anche in maniera approssimativa, sarebbe troppo lungo ed esula dai fini di questi nostri articoli. Focalizziamo l’attenzione, pertanto, sugli ultimissimi 2 milioni di anni. Dall’epoca in cui, più o meno, sono apparsi sulla Terra i primi rappresentanti del genere Homo.

Ebbene in questo periodo brevissimo di tempo (appena lo 0,04% della storia del pianeta Terra) si sono succeduti svariati periodi glaciali, intervallati da più brevi periodi interglaciali. Nel corso di un periodo glaciale la temperatura media del pianeta scende anche di 5 o 6 °C rispetto a quella attuale. Mentre 130.000 anni fa, all’inizio dell’ultima glaciazione, quella di Würm, la temperatura media era più alta di 5 °C rispetto all’attuale.

La missione EPICA, realizzata presso la base italo-francese di Concordia e Dome C, cui hanno partecipato anche scienziati italiani, ha misurato non molto tempo fa la composizione dell’aria (in particolare la composizione isotopica dell’ossigeno) in lunghissime carote di ghiaccio estratte in Antartide. Regalandoci un quadro chiaro e coerente dell’evoluzione del clima negli ultimi 950.000 anni.

In questo periodo il clima al Polo Sud è variato in maniera abbastanza stabile secondo tre diversi cicli: di circa 100.000, 40.000 e 22.000 anni. Negli ultimi 400.000 anni, per esempio, abbiamo avuto quattro grandi periodi glaciali, come quelli di Würm. Questi cicli hanno una corrispondenza straordinariamente precisa con i cicli astronomici del pianeta Terra: l’eccentricità dell’orbita, che varia appunto in un ciclo di 100.000 anni; l’inclinazione dell’asse che varia secondo un ciclo di 40.000 anni e la precessione degli equinozi, che varia con un periodo di 22.000 anni.

In questi ultimi 800.000 anni la temperatura media al Polo Sud ha oscillato entro un valore di 10 °C. È stata, dunque, fino a 8 °C più bassa rispetto alla temperatura attuale e fino a 2°C più alta dell’attuale.

In questo stesso periodo le concentrazioni in atmosfera di CO2 e quelle di CH4 hanno oscillato “in fase”, ovvero in sincronia e con un andamento simile a quello della temperatura. La concentrazione di CO2 è sempre stata compresa tra un minimo di 180 e un massimo di 280 °C ppm. Quella di metano tra un minimo di 350 e un massimo di 750 ppb. In particolare l’aumento in atmosfera di CO2 si è verificato qualche secolo dopo l’aumento della temperatura.

EPICA ha anche misurato la variazione della concentrazione di polveri in atmosfera – ce ne sono di più nei periodi freddi, perché più aridi – e l’influenza sul clima delle grandi eruzioni vulcaniche. Confermando, ancora una volta, che un’eruzione abbastanza potente può avere effetti globali che durano qualche anno.

EPICA, tuttavia, ci ha detto cosa è successo in Antartide negli ultimi 800.000 anni. Ma sarebbe un errore pensare che tutti i risultati siano estendibili all’intero pianeta. Infatti nell’emisfero settentrionale le cose, almeno in tempi più recenti, sono andate un po’ diversamente.

Attraverso misure nei ghiacci della Groenlandia, infatti, è stato possibile verificare che nel nostro emisfero ci sono stati, in aggiunta a quelli citati, cicli di variazione del clima con un periodo che in genere è di 1.470 anni: sono chiamate variazioni di Dansgaard-Oeschger (o variazioni D-O). Le oscillazioni sono state molto forti, anche di 10 °C, proprio come al Polo Sud. E bruschi cambiamenti si sono verificati anche nel volgere di pochi anni, spesso meno di una decina. La media, tuttavia, è una variazione di 5 °C nel corso di 40 anni. Anche nell’emisfero nord e anche in questi cicli si sono verificati cambiamenti “in fase” di temperatura, gas serra (in particolare metano) e polveri.

I cicli si sono verificati con una tale puntualità che non possono che essere associati a cause astronomiche. Probabilmente al Sole. Tuttavia i cicli non sempre si verificano e il dibattito sulla loro causa è ancora aperto.

Dall’insieme di tutti questi dati emerge chiara l’evidenza che i cambiamenti del clima attuali non sono affatto una novità. Il clima della Terra si è modificato in continuazione nel corso dei 4,6 miliardi di anni di esistenza del pianeta. Il mutamento è riscontrabile a qualsiasi scala di tempo ci riferiamo. È cambiato nel lunghissimo, nel lungo, nel medio e nel breve periodo. E ciascuna di queste modifiche è associata al mutamento di uno o più fattori del sistema climatico. A mutamenti cicliche. Ma anche irregolari.

Il clima è cambiato anche di recente

La “glaciazione di Würm” ha raggiunto il suo picco circa 20.000 anni fa, poi da 12.000 anni fa è iniziato il periodo interglaciale nel quale viviamo. Ma anche in questi dodici tiepidi millenni il clima è cambiato. Oscillando da una fase più calda – compresa tra 8.000 e 4.500 anni fa, chiamata optimum climatico – e una fase più fresca durata, all’incirca, fino a 3.400 anni fa. Poi ecco di nuova una fase calda e arida, responsabile della desertificazione del Sahara e della nascita della civiltà del Nilo, luogo di rifugio delle popolazioni nordafricane. E così via, di piccolo ciclo in piccolo ciclo.

Vale la pena ricordare quello caldo compreso tra l’800 e il 1200, epoca in cui la temperatura è in media maggiore di circa 0,7 o forse 1 °C rispetto a quella attuale, il che consente ai Vichinghi di raggiungere le Groenlandia e le Americhe e di impiantare lì la coltivazione delle vite. Infine, dopo il 1400 e fino al 1850 abbiamo avuto una nuova “piccola era glaciale”, durante il quale i ghiacciai alpini hanno ripreso a espandersi.

In questo sistema così complesso e così cangiante è difficile distinguere la causa dall’effetto. E allora perché oggi siamo così preoccupati? E perché individuiamo nella modifica della composizione chimica dell’atmosfera la causa (e non l’effetto) dei cambiamenti climatici in atto?


L'articolo fa parte di uno speciale più ampio sui cambiamenti climatici.

LEGGI ANCHE:

  1.  I dati del cambiamento climatico: aumentata la concentrazione di gas serra nell'atmosfera
  2.  Il clima è già cambiato, e questi sono gli effetti
  3. Scoperta: il clima può cambiare e l'ha sempre fatto
  4. La coevoluzione tra clima e vita
  5. L’impronta umana sul clima
  6. I modelli di previsione del clima
  7. Il clima del futuro
  8. Il futuro è nelle nostre mani

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012