SOCIETÀ

La crisi climatica è il tema del nostro tempo. Da oggi, una nuova serie per raccontarla

We are at a climate moment. “Siamo nell’epoca del clima, caratterizzata dalla crisi climatica. E ora dobbiamo spingere a tutta forza per cambiare rotta. Abbiamo già perso molto tempo: in questi 30 anni, da quando abbiamo iniziato a parlare di cambiamento climatico, abbiamo continuato a peggiorare la situazione: è aumentata la temperatura, sono aumentate le emissioni. Abbiamo, è vero, iniziato a costruire un movimento globale per cambiare direzione. Ma ora dobbiamo davvero andare veloci.” 

Dove eravamo prima di Covid19

Così Bill McKibben, una delle prime voci a parlare in modo molto chiaro, davvero ormai più di 30 anni, di cambiamento climatico. Nel 1989 il suo libro, The end of nature, ha dato la sveglia. Ma come ben sappiamo non è certo bastato. Oggi McKibben dirige una delle più attive organizzazioni ambientaliste, 350.org, e si dà incessantemente da fare per affrontare la crisi climatica proponendo soluzioni da attuare dal livello globale a quello locale. A partire dalla transizione energetica.

McKibben l’abbiamo incontrato a New York, a fine settembre del 2019, nel corso della Climate week, durante il Global Landscape Forum che si è tenuto nella sede delle Nazioni Unite. Pochi giorni prima il Global climate strike ha portato in piazza, in tutto il mondo, milioni di persone, soprattutto ragazze e ragazzi che hanno dato il via ai nuovi movimenti di azione contro la crisi climatica. 

In poche battute, Mc Kibben ha indicato una linea di azione cristallina. “Dobbiamo effettuare la transizione verso forme di energia pulita. Dobbiamo smettere di usare le fonti fossili, questa è l’azione più urgente. Dobbiamo riuscire a fermare le grandi aziende che usano il loro immenso potere per continuare a promuovere l’uso delle fonti fossili prima che loro distruggano il pianeta.” E anche se i toni usati sono duri, e anche se arriva a dire “We are in a desperate place”, siamo in una situazione disperata, McKibben ammette che è importantissima l’azione del movimento globale che contro la crisi è nato e che si muove, un po’ ovunque sul pianeta. “Dobbiamo ringraziare soprattutto i ragazzi e le ragazze perché sono loro che hanno accelerato il movimento. - sottolinea - Dobbiamo ringraziarli e scusarci con loro per non aver fatto abbastanza fin qui. È davvero patetico scaricare sulle spalle degli adolescenti un problema di questa portata. Dobbiamo lavorare con loro e fare del nostro meglio.”

A New York, in quei giorni, e in diverse città del mondo, si respirava un’aria piuttosto frenetica, per quello che si poteva e doveva mettere in campo per provare a rimediare, per ridurre gli impatti negativi, per sostenere azioni e programmi di sviluppo che affrontino in modo sistemico la crisi ambientale. Abbiamo raccolto molte altre voci, come quella di Tim Christophersen, ora a capo della divisione Nature for Climate Branch, dell’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite. Anche Christophersen sottolinea il fatto che negli ultimi 15 anni si è fatto tutto sommato poco ma che ci sono stati tanti piccoli avanzamenti, tanti piccole fratture del tetto di cristallo che deve essere rotto per riuscire a cambiare davvero le cose. Ma evidenzia anche l’importanza dei fallimenti, come quello davvero fragoroso del mancato accordo alla COP di Copenaghen nel 2009, che doveva rinegoziare gli accordi dopo il Protocollo di Kyoto ma che si concluse con un nulla di fatto. Un momento che ha probabilmente fatto capire a tanti che era necessario impegnarsi davvero, che si rischiava di non riuscire più a trovare una soluzione al problema. 

Da lì, dice Christophersen, si arriva ai risultati positivi di Parigi, nel 2015, all’approvazione del Trattato ma, ancora più importante a suo parere, all’adozione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, gli SDGs, riconosciuti e fatti propri da moltissimi paesi del mondo. Sulle azioni necessarie da mettere in campo, per dare una risposta alla crisi climatica, Christophersen è molto chiaro: la prima mossa è interrompere, sospendere qualsiasi sussidio ai combustibili fossili, ancora oggi molto presenti nelle economie occidentali. Poi, in ordine, la transizione energetica, evitando qualunque nuovo utilizzo di fonti fossili; un cambiamento nel sistema di tassazione, che dovrebbe focalizzarsi non tanto sulle persone ma sugli inquinatori, e quindi la famosa carbon tax e, infine, la transizione verso una economia davvero verde. Più ottimista di McKibben, Chistophersen sostiene che questi obiettivi si possano effettivamente raggiungere. Sono a portata di mano.

Poi, però, è arrivato Covid. E l’economia del mondo è andata in crisi. Eppure, proprio in questo stato di crisi si aprono, forse, le condizioni per un cambiamento reale, concreto. 

Il clima di adesso

Negli Stati Uniti c’è ora un presidente non più negazionista che come prima mossa politica ha deciso di riportare il proprio paese dentro agli accordi di Parigi. E che sta investendo molto in ricerca e scienza dentro a una cornice di impegno verso una economia che tenga insieme sviluppo, salute e ambiente. In Europa, lo sappiamo bene, stiamo parlando di Green New Deal e di piani di ripartenza e di sviluppo anche a livello nazionale che siano fortemente incentrati su economie sostenibili, circolari, su un aumento della produzione di energie rinnovabili e su una rinnovata cultura di attenzione all’ambiente, alla salute, alla giustizia sociale

Il 2021 è un anno nato sotto un segno molto complicato. Siamo ancora in piena pandemia, una esperienza collettiva drammatica che ha messo in evidenza tutte le fragilità del modello di sviluppo economico adottato negli ultimi 30 anni che ha visto da un lato una progressiva concentrazione dei poteri economici e dall’altro l’aumento netto delle disuguaglianze, sia tra paesi e regioni del mondo che all’interno dei paesi stessi, tra comunità, tra gruppi sociali. Ma dobbiamo tornare, urgentemente, a occuparci della crisi climatica, accantonata per mesi nel discorso pubblico perché tutte le energie e gli spazi informativi, politici, di negoziazione sono stati occupati dall’emergenza sanitaria. Perché è solo nella cornice di una forte consapevolezza del legame tra queste due crisi, quella sanitaria e quella ambientale, che troveremo una possibile strada per uscirne. 

Ed è quindi necessario tenere altissima l’attenzione sul mondo politico ed economico, fare in modo che le proposte che vengono dalle comunità locali e globali e dai vari protagonisti del mondo della ricerca, della scienza, della cultura, dalle organizzazioni della società civile, dai ragazzi dei movimenti come Fridays for future e tanti altri che si sono attivati e non hanno smesso di fare pressione, siano effettivamente non solo ascoltate a livello di facciata ma concretamente incorporate in politiche, linee di finanziamento, impegni precisi presi dalle città, dai governi, dalle aziende a tutti i livelli di organizzazione sociale.

La nostra serie dedicata alla crisi climatica

In vista della COP26, che doveva tenersi l’anno scorso ed è stata riprogrammata a Glasgow nella prima metà di novembre, con la presidenza dello UK e la co-presidenza italiana, e con diversi eventi organizzati già nelle settimane precedenti, tra cui la pre-Cop a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre, abbiamo deciso che Il Bo Live seguirà, settimana dopo settimana, gli sviluppi con una serie di articoli dedicati in particolare a tre filoni tematici:

  • la transizione energetica

  • i piani di mitigazione e di adattamento

  • i programmi e le iniziative di economia circolare

Al cambiamento climatico Il Bo Live ha sempre dato molto spazio. Era considerato il tema dei temi dal nostro precedente caporedattore, il collega e amico Pietro Greco, che ci ha lasciato a dicembre scorso. In linea con questo pensiero, da oggi, nella Giornata della terra 2021 che celebriamo con una home page ricca di contributi sull’ambiente, ci impegniamo a seguire con costanza e con lo stile che ci è proprio, unendo lo sguardo scientifico e quello umanistico, quello socio-economico e quello artistico-creativo in un’unica cornice culturale, le proposte, le iniziative, i piani concreti e le discussioni, le esperienze e le soluzioni che cercano di fare fronte alla crisi ecologica e climatica. 

Seguitele con noi e se avete iniziative e proposte che possono entrare in uno dei nostri approfondimenti scriveteci qui, alla nostra mail, o sui nostri profili social. 

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