SOCIETÀ

Draghi: la crisi energetica rende ancora più urgente la transizione ecologica

Nel question time alla Camera del 9 marzo scorso il presidente del consiglio Mario Draghi lo ha ribadito più volte: oltre a diversificare le forniture di gas alternative a quello russo, occorre aumentare il contributo delle fonti rinnovabili, “che ripeto e continuo a ripetere resta l’unica strategia fondamentale nel lungo periodo”.

Nel suo intervento Draghi ha delineato l’indirizzo che l’Italia deve seguire di fronte alla crisi dei prezzi dell’energia, già in salita nel 2021 e ora schizzati alle stelle oltre ogni possibile previsione a causa del conflitto tra Russia e Ucraina.

L’Italia importa più del 90% del gas che consuma ogni anno (circa 75 miliardi di metri cubi) e quasi il 45% proviene dalla Russia. La risposta del governo italiano è quindi quella di far salire la produzione nazionale di gas a 5 miliardi di metri cubi, aumentare gli stoccaggi in vista del prossimo autunno, diversificare le forniture aumentando i volumi dei gasdotti che pescano da Algeria (TransMed), Libia (GreenStream) e Azerbaijan (Tap), aumentare l’azione dei rigasificatori esistenti che convertirebbero il gas naturale liquefatto (crescerà quello proveniente via nave dagli Stati Uniti) e installarne di nuovi.

“Siamo al lavoro per ridurre la dipendenza dal gas russo in tempi rapidi, che non è ovvio, ma è necessario farlo. Tra l’altro guardando i dati di approvvigionamento degli ultimi anni si vede che la quota di gas russo è aumentata molto negli ultimi 10-15 anni (dal 27% del gas importato nel 2010 a quasi il 45% del 2020, ndr), ma quello che è veramente straordinario è che è aumentata fortemente anche dopo l’invasione della Crimea (del 2014, ndr); quindi, questo dimostra, non solo ovviamente una sottovalutazione del problema energetico, ma anche una sottovalutazione di politica estera, di politica internazionale”.

A parte le stoccate alle precedenti gestioni, Draghi nel suo intervento ha rimarcato, in maniera più decisa e incisiva rispetto a quanto non avesse fatto nell’informativa parlamentare del 25 febbraio all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, che “serve un’efficace rapida diversificazione e una accelerazione degli investimenti nelle rinnovabili. Può sembrare semplicistico ma è l’essenza di quello che dobbiamo fare. Sin dall’inizio di questo governo abbiamo puntato sulle fonti rinnovabili. L’ambiente e la transizione ecologica è l’essenza di questo governo, che è nato su questo programma”.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi aveva dichiarato il 6 marzo che il caro energia sta mettendo a dura prova la ripresa economica al punto da mettere sul tavolo, secondo Bonomi, un ripensamento degli obiettivi della transizione ecologica concordati con l’Europa e inseriti nel PNRR. Draghi ha dichiarato in Parlamento che questo ripensamento è quanto meno permaturo, anzi occorre fare il contrario.

“Le attuali tensioni geopolitiche e la necessità di ridurre la nostra dipendenza dal gas russo rendono ancora più urgente la necessità di investire nella transizione ecologica. Lo dobbiamo fare in modo strutturale e su più livelli. Occorre diversificare le forniture e le fonti, favorire l'efficienza energetica e ridurre i costi. Ripeto la cosa che ho detto prima: sulle rinnovabili vorrei richiamare ancora con forza l'importanza di realizzare nuove infrastrutture in tutto il Paese. Queste sono una parte essenziale del futuro dell'Italia. Il governo è al lavoro per snellire le procedure, snellire la burocrazia, accelerare gli investimenti, ma occorre la collaborazione di tutti, soprattutto sul territorio, soprattutto sulle Regioni. È cambiato il contesto evidentemente: certe considerazioni di tipo autorizzativo che magari erano giustificate in un contesto normale non sono più giustificate in questo momento di emergenza. Quindi non voglio dire che questo resterà per sempre ma è parte della transizione. La transizione non è soltanto approvvigionarsi in più di gas, ma la transizione è anche riuscire a capire che bisogna sospendere certe norme in un periodo di guerra. Dobbiamo anche cogliere nello stesso tempo le opportunità connesse alla decarbonizzazione e come ho detto prima questa transizione specialmente in questo periodo naturalmente deve tener presente la situazione di equità, perché spesso, anzi sempre, sono coloro che sono più deboli a essere colpiti da queste emergenze generali”.

L’ostacolo principale alla realizzazione della transizione è di natura burocratica e normativa, sottolinea Draghi. “Il grosso ostacolo all’espansione significativa delle energie rinnovabili oggi è rappresentato dai procedimenti autorizzativi e questo è un problema che se non superiamo non andiamo da nessuna parte. Intendiamo rispettare l’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza di 70 GW di rinnovabili entro il 2026. Se si sbloccano le autorizzazioni però”.

Draghi ha parlato di sbloccare diverse decine di GW di eolico offshore (ovvero a largo delle coste), di raggiungere 200.000 tonnellate di biometano entro il 2023, con un incremento di 50.000 tonnellate annue nel successivo triennio e ha infine ricordato l’importanza di investire nella ricerca sulla fusione nucleare. Quest’ultima tuttavia se riuscirà a entrare nel paniere energetico lo farà solo nella seconda metà del secolo.

“Dobbiamo muoverci con rapidità e decisione per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e la competitività delle imprese, forse è il caso di dire anche la loro sopravvivenza”, ha aggiunto Draghi, ricordando che ammonta a 16 miliardi di euro l’intervento del governo a sostegno di famiglie e imprese per tutelarle dal caro energia fino al secondo trimestre di quest’anno.

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