SCIENZA E RICERCA

Uragani: in futuro meno frequenti, ma più intensi

Dopo due giorni, l’uragano Dorian imperversa ancora sulle Bahamas. È atteso in Florida, ma sembrano non essere fuori pericolo nemmeno la Georgia, e il North e South Carolina. Rispetto ai giorni scorsi, Dorian è stato declassato da categoria 5 a categoria 3 con venti di circa 193 chilometri orari rispetto ai circa 209 di ieri sera, nulla a che vedere con le raffiche che hanno raggiunto punte di oltre 300 chilometri all'ora quando l’evento si è scatenato. La perturbazione si trova ora a circa 48 chilometri a nordest di Freeport, sull’isola di Grand Bahama, e circa 160 chilometri a est di West Palm Beach, in Florida. Secondo informazioni non confermate, centinaia di persone sarebbero intrappolate e i soccorsi procederebbero a rilento fra il maltempo e le aree irraggiungibili. Il numero delle vittime non è ancora certo. Stando ai dati forniti dalla Croce Rossa, potrebbero essere state gravemente danneggiate o distrutte fino a 13.000 case.

“La situazione nelle Bahamas è molto critica – sottolinea Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) –. Si tratta di un uragano di intensità eccezionale, inizialmente di categoria 5, la più elevata. È caratterizzato da una velocità relativa molto bassa, per cui si sofferma abbastanza a lungo in ogni punto del suo percorso: procedendo molto lentamente, la capacità di produrre danni è elevata. E per questo la situazione è alquanto seria”.

La stagione degli uragani è molto ben definita e nell’Atlantico va da giugno a settembre, ottobre. Tipicamente quelli più intensi avvengono verso la fine dell’estate, perché si nutrono delle temperature superficiali del mare e quando queste sono più elevate alimentano uragani particolarmente distruttivi. Sebbene non si possa parlare di vera e propria frequenza, ogni anno ci si attende un certo numero di uragani le cui categorie sono statisticamente note.

I cambiamenti climatici – continua Navarra – influiscono molto su questo tipo di eventi naturali e in modo complesso. Da un lato gli studi indicano che il numero di uragani tende a diminuire per una serie di compensazioni tra l’innalzamento della temperatura del mare e l’aumento della stabilità dell’aria. D’altra parte però, la loro intensità tende ad aumentare”. In futuro dunque, in un pianeta caratterizzato da un’elevata presenza di gas serra in atmosfera, la possibilità è di avere un minor numero di fenomeni di questo tipo, ma più intensi.

Navarra sottolinea come negli ultimi anni siano notevolmente migliorate le capacità di previsione meteorologica in generale, e in particolare la possibilità di anticipare uragani di questo tipo. “Grazie ai sistemi osservativi di cui disponiamo, grazie ai satelliti, e allo sviluppo dei metodi numerici di previsione e trattamento dei dati siamo in grado di stabilire, per esempio, come si sposta l’uragano, che è poi quello che tutti in questo momento stanno osservando. Nonostante rimanga ancora molto da fare, una quindicina di anni fa tutto questo era impensabile. Certo, sapere che è in arrivo una tempesta di categoria 5 non basta, se poi non si adottano tutte le misure del caso. Ciò significa fare in modo che le strutture siano resilienti, evacuare le zone che potrebbero essere inondate dall’aumento del livello del mare, adottare cioè tutte quelle misure che possono contrastare gli effetti negativi di una tempesta di questo tipo”.  

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