CULTURA

I 70 anni di una grande scrittrice mediterranea: Giménez-Bartlett

Da fine marzo 2021, in questo periodo e ancora per qualche giorno primaverile stanno proseguendo le riprese della seconda stagione della serie televisiva italiana Petra, soprattutto tra Genova e Roma. La prima stagione è andata in onda su Sky Original ad autunno 2020 e ha avuto discreto successo, oltre settecento mila spettatori medi per puntata. Nel prossimo autunno 2021 dovrebbero essere trasmessi altri quattro episodi, come l’altra volta ciascuno della durata di circa novanta minuti. Le otto storie complessive sono tratte dai primi sette romanzi e da un racconto della serie ideata dall’ottima scrittrice Giménez-Bartlett, che sta per compiere 70 anni; più precisamente, nell’ordine cronologico dalla prima edizione spagnola, mettendo fra parentesi la data della relativa edizione italiana, sempre Sellerio (i titoli scelti in italiano corrispondono alla traduzione): Riti di morte  1996 (2002), Giorno da cani 1997 (2000), Messaggeri dell'oscurità 1999 (2001), Morti di carta 2000 (2002), Serpenti nel paradiso 2002 (2003), Un bastimento carico di riso2004 (2004), Nido Vuoto 2007 (2008) e “Carnevale diabolico” racconto 2013 (raccolta italiana a tema con autori vari, 2014). Il filo seriale, le trame, tanti particolari e gli umori sono molto simili, alcuni nomi e il contesto ovviamente diversi, fra l'altro a Barcellona ci sono vizi e virtù delle metropoli (clandestinità, droga, alcolismo, povertà, periferie) ed esistono le note specificità come i Mossos d'Esquadra ("mozzi di squadra"), l'autonoma polizia catalana dal 1983 al recente referendum separatista.

La televisione spagnola aveva girato la serie già nel 1999, interpretata da Ana Belén. La serie italiana è ambientata aGenova, che sostituisce la Barcellona dei romanzi, e ha per protagonista la bravissima attrice romana Paola Cortellesi(Roma, 1973), l’ispettrice della squadra mobile Petra Delicato, solitaria acuta tagliente. All’inizio della prima stagione (la scrittrice se ne è dichiarata davvero soddisfatta) la conosciamo confinata nell’archivio, poi casualmente si ritrova catapultata a risolvere direttamente casi di omicidio e di violenza. Le fa da simpatico contraltare il bravissimo attore veneto Andrea Pennacchi (Padova, 1969), il collega e viceispettore Antonio Monte, più anziano e tradizionalista, meno colto ma esperto di vita, dotato di una grande carica umana. Nella seconda stagione, Petra è stabilmente in forze nel settore operativo e il rapporto con Antonio appare definitivamente consolidato nelle reciproche stima e amicizia, nonostante le differenze di età, genere, esperienze di vita e visione del mondo, curiosi e ironici compagni di avventure e bevute. I quattro nuovi casi su cui dovranno lavorare riguardano crimini molto diversi: un omicidio all’interno di un comprensorio esclusivo, una catena di morti tra i senza fissa dimora, un duplice assassinio legato al passato, il furto di una pistola che svela il drammatico universo delle baby gang.

Petra Delicato è l’ossimoro italiano dell’originale Petra Delicado, il personaggio creato dalla grande scrittrice mediterranea Alicia Giménez-Bartlett (Almansa, 1951), la quale appunto, tra qualche settimana, il prossimo 10 giugno compirà settanta anni, famosa all’estero per la serie giallo noir crime policier, ovvero novela negra, che ha protagonista la poco delicata Petra (una meticolosa attaccabrighe, ossimoro vivente); anche se l’autrice ha scritto più di una decina di altri ottimi romanzi (1984-2015), saggi, racconti, articoli. Su Petra siamo giunti a una ventina di storie letterarie, fra romanzi (10 fra il 1996 e il 2017) e racconti brevi o lunghi, casi criminali narrati sempre in prima persona, descrivendo da un unico plurivalente punto di vista persone e fatti, pensieri e azioni, assassini e contesti illegali di ogni sorta, ambientate in tanti quartieri della capitale catalana (salvo sporadiche parziali eccezioni), con frequenti parodie sul genere: il vice coprotagonista spagnolo Fermín Garzón, le tecniche investigative, i tic dei personaggi. La premessa è la non casuale scelta del genere negro, per aderire con senso dell’umorismo a tutte le pieghe della realtà contemporanea (spagnola e mediterranea) e delle marginalità sociali. Il pezzo forte sono i dialoghi: i cinici teatrali battibecchi sempre più affettuosi fra i due investigatori (che non si danno del “tu”), il tono istintivamente sarcastico e spigoloso della donna verso ogni altro individuale interlocutore (specie maschio). Vale proprio la pena approfondire la conoscenza di Alicia e di Petra, non vi portate dietro alcuna romanticheria (meglio chiarire subito che “l’amore può fare danni, può renderci fragili, vulnerabili o impedirci di vivere un’esistenza propria. A volte, è come maneggiare dinamite”).

La scrittrice è di casa in Italia, amatissima. Nata e cresciuta nella comunità autonoma di Castilla-Mancia, laureata in Letteratura e Filologia moderna a Valencia, trasferitasi a Barcellona dal 1975, acquisendo lì il dottorato in letteratura, ha poi creativamente insegnato tredici anni letteratura spagnola in un liceo, maturando un sano misurato approccio pedagogico e un’invadente precoce vocazione alla scrittura a tempo pieno, attività scelta dal 1991, divenuta presto persistente ed esclusiva, pluripremiata. Si è sposata due volte e ha avuto due figli col primo marito (ormai grandi), mantenendo sempre riservatezza sulla propria vita privata (se non per l’avversione alla concezione di famiglia tradizionale, “stretta, egoista, antiquata”), esplicitamente non coincidente con quella di Petra, poliziotta socievole e spesso bisognosa di solitudine, giunta già a molteplici fugaci rapporti e a tre matrimoni (sempre senza figli, risultando per certi versi “materna” con quelli dell’ultimo buon marito). Petra non è mai descritta fisicamente (“Ogni lettore elabora la propria”), a differenza di tutti gli altri personaggi da lei stessa percepiti e descritti. Si capisce che è una donna attraente e non credente, sulla quarantina nella prima avventura, mentre invece appare proprio evidente che Fermín è acido e ciccione, vorace e anticlericale, ha i capelli bianchi, proviene da Salamanca, risulta vedovo (con figlio lontano) e più vecchio di circa vent’anni d’età (non proprio in tutto assomigliante a Monte-Pennacchi).

L’eccentrica indipendente femminista Petra ha dato ad Alicia denaro, lettori, traduttori e fama. Nell’ultimo anno la vera biografia del personaggio è leggibile, garantita dalla stessa scrittrice: Alicia Giménez-Bartlett, Autobiografia di Petra Delicado, traduzione di Maria Nicola, Sellerio Palermo 2021 (orig. Sin muertos, 2020), pag. 459 euro 15. Nel recente testo scopriamo che l’ispettrice ha deciso di trascorrere una settimana di un marzo di pochi anni fa in un convento di suore della Galizia, uno di quelli che offrono ospitalità ai viaggiatori, abbastanza lontano dalla cara turbolenta Barcellona. Petra si è presa una pausa dal lavoro in polizia e si è chiusa solitaria in una cella monacale, sobria ma non squallida: un letto, una scrivania, un armadio e una poltroncina. Si è regalata una settimana libera tutta per sé: senza marito (il terzo), senza i figli del marito (lei non ne ha), senza colleghi e senza amici. Una breve pausa con un possibile scopo: l’assenza di altri esseri umani forse potrebbe aiutarla a ricordare chi siamo veramente, solitari in comunità, e magari a capire meglio perché le piacciono cucina, vino, whisky, musica classica e jazz, lettura, bagni profumati. Intende rifletterci con calma, eccetto che durante i pasti, perlopiù nel refettorio, qualche volta al bar del paese distante cinque chilometri.

Il primo giorno mistico piove e Petra non può passeggiare in campagna, così comincia a ripensare con disordinato ordine alla propria vita, mettendo per iscritto lunghi stralci su quaderni scolastici a righe. La travolge una febbre memorialistica anche nei giorni successivi, sincera seppur parziale. Scrive di sé, fa il punto sulle costanze e sulle svolte dell’esistenza, ripercorre infanzia, adolescenza, istruzione fino alla laurea, case, lavori, matrimoni. Non ci sono morti, non è un’indagine, ci sono dinamiche vitali. Petra lascia libero sfogo ai flussi di coscienza (contemporanei ai vari passaggi), come pure a tranquille valutazioni retrospettive. Il matrimonio dei genitori c’era stato nel 1935, avevano vissuto insieme la guerra e insieme l’avevano perduta, presto con accanto due figlie, le sue sorelle Celia e Amanda. Una decina d’anni dopo, sempre in pieno franchismo, era nata lei, quando il padre era un innamorato 44enne professore di liceo anticlericale di sinistra e la madre una 39enne casalinga tendenzialmente di destra (con piccole rendite da alcuni beni che aveva ereditato). Scopriremo poi perché e come Petra sia ora scettica e senza figli.

Il romanzo è inevitabilmente “sin muertos” (titolo spagnolo), si tratta davvero, proprio e soltanto, di una godibile autobiografia (titolo italiano), per rispondere alle mille domande sulla protagonista maturate in milioni di lettori di varia parte del mondo (soprattutto Spagna, Italia, Francia, Germania, Stati Uniti) e confermare le notevoli qualità introspettive della scrittrice. La prima parte descrive le dinamiche familiari, le sorelle e, soprattutto, i genitori fino alla morte della madre, avvenuta quando Petra era ormai fuori di casa, e del padre, due anni dopo. La seconda parte ripercorre l’istruzione di Petra a Barcellona, la formazione umanistica prima dalle suore, poi nella scuola pubblica, prima a Lettere, poi a Giurisprudenza, e il progetto comune di uno studio legale col primo marito avvocato Hugo, spiegandone il fallimento (filiale). La terza parte illustra la svolta della decisione di diventare poliziotta, il concorso vinto e i tre anni di corso nella periferica Ávila (7 donne e 170 uomini), poi il lavoro d’ufficio (il centro di documentazione del commissariato) e l’incontro col secondo marito oste Pepe. La quarta parte inizia con l’ormai avvenuta nuova separazione (materna), proseguendo attraverso la casetta con giardino a Poblenou, il primo caso di omicidio (stupri seriali), il fatidico incontro con il sessantenne ottimista Fermín Garzón, un poliziotto vecchietto e grassottello che diventerà spalla indispensabile inseparabile della vita professionale, mentre lei convolerà a terze nozze con il gentile architetto Marcos (quattro figli dalle due precedenti mogli).

Petra è ormai giunta alla stabile soddisfacente consapevolezza attuale: “dalla vita bisogna scegliere da un menu di un ristorante ove i cuochi siamo noi”. Non fa in tempo a tornare tranquillamente a casa che già le si prospetta il nuovo caso, con muertos, ovvero con i cadaveri propri della novela negra, almeno due amici ragazzi, pare: mai una noia! La leggeremo presto. E volentieri.


Bibliografia minima

  • Alicia Giménez-Bartlett, romanzi e racconti con Petra, Sellerio editore Palermo 2000-2021 (1996-2020), tutti tradotti i 10 romanzi, l’”autobiografia” e, inoltre, due raccolte di racconti, traduzioni di Maria Nicola; molti altri romanzi tradotti, qualche romanzo e un paio di saggi non ancora tradotti
  • Catalogo del 18° Courmayeur Noir in festival 4-10 dicembre 2008; quell’anno fu assegnato ad Alicia Giménez-Bartlett il prestigioso Raymond Chandler Award  e la prima parte del volume le è dedicato, con scritti vari di Victor Andresco, Lia Volpatti, Ilenia Martin e un’intervista), vi si fa riferimento anche qui https://ilbolive.unipd.it/it/news/nesbo-levoluto-piacere-lettura-scrittura
  • Costa, Alicia Giménez-Bartlett, Malvaldi, Manzini, Recami, Carnevale in giallo, Sellerio 2014
  • Ilenia Martin, “I romanzi polizieschi di Alicia Giménez-Bartlett”, in Mediterranea (Università di Trieste), aprile 2013
  • Carlo Oliva, Storia sociale del giallo, Todaro 2003
  • Oltre a tanti riferimenti un po’ ovunque in rete (Giménez-Bartlett non è sui social), numerose interviste e innumerevoli recensioni dei singoli romanzi con Petra (anche mie, come qui sull’ultimo caso noto, uscito nel 2017: https://www.mangialibri.com/libri/mio-caro-serial-killer)

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