SOCIETÀ

Aborto, le nuove disposizioni infiammano la Polonia

La Polonia sta facendo i conti con il suo futuro. Il 22 ottobre scorso il Tribunale Costituzionale ha definito incostituzionale la legge (comunque una delle più restrittive in Europa, dopo Malta) che consentiva il ricorso all’aborto in caso di malformazione congenita del feto. Una pronuncia sollecitata da un appello presentato lo scorso anno da 119 deputati, appartenenti soprattutto al principale partito di governo, Diritto e Giustizia (Pis), ultraconservatori di destra, clericali e sovranisti, che sostenevano come il ricorso all’aborto in caso di malformazioni fetali violasse comunque la Carta costituzionale polacca, che proclama la difesa della vita di ogni individuo. «Una disposizione che legalizza le pratiche eugenetiche nel campo del diritto alla vita di un nascituro, e rende il diritto alla vita di un nascituro dipendente dalla sua salute, non è coerente con la costituzione», ha detto Julia Przylebska, presidente del Tribunale costituzionale, considerata assai vicina al partito di governo (la Polonia è sotto procedura d’infrazione dell’Unione Europea proprio per violazione dello stato di diritto e per “ingerenze” nella magistratura).

Una decisione nemmeno troppo sofferta: 11 voti a favore, soltanto 2 contrari. Ma che ha immediatamente scatenato le proteste di piazza. E non soltanto a Varsavia: da Cracovia a Danzica, da Lodz a Breslavia, persino nei piccoli paesini di campagna, in centinaia di migliaia si sono riversati sulle strade a manifestare contro la decisione e contro il governo, accusato di aver “guidato” il voto dei giudici. Nella capitale gli attivisti per i diritti delle donne hanno sfilato con maschere e mascherine, gridando slogan e alzando striscioni (“To jest wojna”, questa è guerra), dall'ufficio dell’Ordo Iuris (una fondazione conservatrice che sostiene il divieto totale di aborto) fino al palazzo del Parlamento, circondato da agenti di polizia in tenuta antisommossa. Un assembramento sotto casa del leader di Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, è stato disperso a colpi di lacrimogeni. Un centinaio finora gli arresti, mentre gli attivisti denunciano l’uso eccessivo di forza da parte della polizia. «Sono furiosa! Non hanno il diritto di decidere sulla mia vita, sulle mie decisioni personali, sul mio futuro», ha dichiarato una studentessa di 19 anni, che ha partecipato alla marcia dei 250mila, lunedì scorso a Varsavia. Ma i numeri crescono ogni giorno fi più: venerdì sera, sempre a Varsavia, 400mila hanno nuovamente sfidato il governo in difesa della donna e della libertà di scelta. «Siamo pronti a combattere fino alla fine», ha detto ai giornalisti Marta Lempart, co-fondatrice del movimento “Women's Strike”.

Attacco alle chiese

Proteste massicce e potenti, in un paese profondamente cattolico, che hanno varcato perfino i confini delle chiese, ed è la prima volta che accadono episodi del genere: funzioni interrotte al grido di “avete sangue sulle vostre mani”, muri imbrattati con bombolette spray, mentre a Poznan alcuni giovani che avevano occupato la cattedrale sono stati sgomberati dalla polizia. Perché nel mirino dei manifestanti c’è sì il governo, ma anche la Chiesa cattolica, tutta, che in queste ore sta esultando. Marek Jedraszewski, arcivescovo di Cracovia, ha accolto con estremo favore il verdetto della Corte, esprimendo «grande apprezzamento per il coraggio (dei giudici) nella difesa della vita umana dal momento del concepimento fino alla morte». Monsignor Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca, ha così commentato: «Questa decisione conferma che il concetto di “vita non degna di essere vissuta” è in netta contraddizione con il principio di uno Stato democratico governato dalla legge». Per poi aggiungere, come riporta una corrispondenza di Vatican News, la testata online ufficiale della Santa Sede: «Monsignor Gądecki ha quindi richiamato il dovere di non dimenticare i bambini interessati da questa sentenza e le loro famiglie, che - ha detto - devono “essere circondati da una gentilezza speciale e da un'attenzione reale da parte dello Stato, della società e della Chiesa». Sulla stessa linea la portavoce del partito Diritto e Giustizia: «Il partito al governo proporrà presto una nuova legislazione per sostenere meglio le donne e i loro figli che nasceranno a seguito della sentenza del tribunale». «Per avere la libertà di scelta devi prima essere vivo», ha dichiarato infine il premier polacco, Mateusz Morawiecki». «Le situazioni che stiamo vedendo per le strade, che equivalgono ad atti di aggressione, vandalismo, attacchi, sono assolutamente inammissibili». Anche Papa Francesco è intervenuto sulla questione, chiedendo nella sua preghiera “il rispetto della vita e di dare forza a coloro che la accolgono e se ne prendono cura, anche quando ciò richiede un amore eroico”.

La nuova legge è in arrivo

Così la tensione nel paese sta aumentando. E le manifestazioni continuano, puntuali, ostinate, nonostante i timori per la diffusione del virus, e a dispetto dei proclami del premier Jaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e Giustizia, indispettito dalla piega che le proteste stanno prendendo, che ha minacciato di far intervenire l’esercito, oltre a invitarei suoi sostenitori a scendere in strada per proteggere le chiese («Dobbiamo difenderle a qualsiasi costo»). Proteste che hanno ormai varcato i confini nazionali: manifestazioni contro la sentenza si sono svolte a Roma, Stoccolma e Lisbona. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, si è idealmente schierata al fianco dei manifestanti: «Nell’Unione Europea non si arretra sui diritti delle donne», ha detto. Ma il governo polacco non arretra, anzi: il testo della nuova legge, secondo quanto disposto dal Tribunale Costituzionale, dovrebbe diventare legge entro pochi giorni. Legge secondo la quale l’aborto rimarrebbe consentito soltanto in caso di stupro, di incesto o di minaccia per la vita della madre. E non più per gravi e irreversibili patologie dell’embrione. Secondo il quotidiano londinese The Guardian gli ospedali stanno già mandando a casa le donne che chiedono di abortire in base alle disposizioni appena vietate dall’Alta Corte, che hanno finora rappresentato la quasi totalità dei casi di interruzione della gravidanza in Polonia.

Sondaggi: il 73% dei polacchi dice no

L’unico a incrinare, seppur debolmente, il fronte unito Chiesa-Governo è stato invece il presidente della Polonia, Andrzej Duda, anche lui esponente del partito sovranista di governo, attualmente in quarantena perché positivo al Covid-19: «Non può essere la legge a richiedere questo tipo di eroismo da una donna», ha detto in un’intervistarilasciata a una radio locale, pur continuando a dichiararsi favorevole al divieto di aborto nei casi di feti con difetti congeniti non letali. Intanto il premier ha lanciato un appello a interrompere le proteste a causa del brusco innalzamento dei contagi, spiegando che il sistema sanitario rischia il collasso: «Le controversie dovrebbero essere risolte attraverso il dialogo e non con ripetuti raduni di massa in strada, che sono vietati in base alle restrizioni pandemiche». Gli attivisti per i diritti delle donne hanno comunque confermato che non faranno un solo passo indietro. E la maggioranza dei polacchi è dalla loro parte. Un sondaggio commissionato dal quotidiano liberale Gazeta Wyborcza indica che il 73% è contrario alla sentenza del Tribunale Costituzionale (e tra loro anche cattolici: il 67% esprime critiche), contro il 13% di chi si dichiara d’accordo e il 14% di “non interessati”. Spaccati a metà anche gli elettori del partito Diritto e Giustizia (37% favorevole, 36% contrario), mentre il 90% degli oppositori è contro la nuova legge. Secondo un altro sondaggio, il 70% vorrebbe che la nuova legge fosse sottoposta a referendum.

«È un giorno triste per i diritti delle donne», ha commentato la commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, poche ore dopo la sentenza, che a suo avviso non fermerà gli aborti, ma aumenterà quelli clandestini, o all’estero, per chi potrà permettersi la spesa. Come spiega Ma la protesta non riguarda soltanto le donne: attraversa strati di società civile, organizzazioni e singoli cittadini che si battono per il rispetto dei diritti e delle libertà individuali. «Anche i tassisti si sono uniti alle proteste, come gli agricoltori nelle città più rurali», sostiene Antonina Lewandowska, coordinatrice del network Astra, che si occupa della tutela dei diritti sessuali e riproduttivi. «Nelle grandi città i conducenti di tram e autobus hanno fermato i loro mezzi per partecipare alle proteste. Anche alcuni agenti di polizia si sono tolti i caschi e si sono uniti ai manifestanti». Molte donne hanno scioperato per poter aderire alle manifestazioni.

Come riporta il sito Valigia Blunon è la prima volta che il tema dell’aborto irrompe sul panorama politico polacco. Un tentativo simile c’era già stato nel 2016, bloccato dalle proteste di migliaia di donne che erano scese in piazza vestite di nero (manifestazioni conosciute #CzarnyProtest), e poi ancora nel 2018. Proprio nel 2016 il leader di Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, aveva espresso il suo manifesto, ormai a un passo dall’essere realizzato: «Ci sforzeremo di garantire che anche i casi di gravidanze molto difficili, quando il bambino è certo che morirà, molto deformato, finiscano comunque con un parto, in modo che il bambino possa essere battezzato, seppellito, avere un nome».

 

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