SOCIETÀ

Armi nucleari, dal 1987 al 2019: nascita e morte del Trattato INF

A metà degli anni ottanta, in tutta Europa, i movimenti pacifisti organizzarono manifestazioni di piazza, conferenze pubbliche, dibattiti e seminari per denunciare il pericolo che l’installazione di missili a gettata intermedia (Cruise e PershingII) da parte della NATO, come risposta all’installazione di simili missili (SS-20) da parte del Patto di Varsavia, costituiva per la sicurezza internazionale. Venne coniato il termine euroshima per significare la tragedia che poteva sconvolgere l’Europa a seguito di uno scambio di armi nucleari tra i due blocchi.

Nel novembre del 1982 una delegazione di fisici italiani, guidata da Edoardo Amaldi, aveva consegnato al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, un documento equilibrato e rigoroso per sottolineare il carattere destabilizzante di quella scelta. Sulla scia di quella discussione nella comunità scientifica italiana nacque l’USPID (Unione scienziati per il Disarmo). Nel 1985 l’USPID organizzò il primo Convegno internazionale di Castiglioncello, dedicato appunto a “Armi Nucleari in Europa” e nel 2019, in occasione del 18mo Convegno di Castiglioncello, quella questione è stata di nuovo al centro dell’attenzione.

A seguito dei colloqui di Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov di Reykjavík del 1986, al termine dei quali venne solennemente dichiarato che “una guerra nucleare non poteva essere vinta e pertanto non doveva mai essere combattuta”, nel dicembre del 1987, a Washington, fu firmato il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) che portò all’eliminazione e distruzione di tutti i Cruise, PershingII e SS-20, con gittata tra 500 e 5.500 Km (2.692 in tutto) e avviò il cammino verso la fine della “Guerra fredda”.

Poi la situazione cambiò: con l’amministrazione di Bush padre, nel 1991 ci fu la Guerra del Golfo, e il 9 settembre 2001 l’attentato terrorista alle Torri Gemelle, con, a distanza di circa un mese, la decisione di Bush figlio di iniziare la “guerra globale al terrorismo”, a cominciare dall’Afghanistan alla caccia di Bin Laden. Nel 2002 gli Stati Uniti abbandonarono il Trattato ABM (Anti-Ballistic Missile) del 1972 che limitava drasticamente i sistemi di difesa antimissili balistici. L’ABM contribuiva a diminuire i rischi di guerra nucleare, di fatto riconoscendo che nessun Paese che avesse sferrato un “primo colpo” sarebbe potuto sopravvivere ad una rappresaglia devastante. La Mutua Assicurata Distruzione (MAD) era IL deterrente nucleare. Nel 2003 l’amministrazione Bush decise di attaccare l’Iraq di Saddam Hussein perché accusato, falsamente, con una sceneggiata farsesca del segretario di Stato Colin Powell al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel febbraio 2003, di essere in possesso di armi di distruzione di massa. Nel frattempo, nel 1998, anche India e Pakistan avevano costruito e installato il loro arsenale nucleare. Saliva così ad otto il numero di Stati in possesso di armi nucleari (Israele, che come India e Pakistan non aderisce al Trattato di Non Proliferazione, possiede un centinaio di testate nucleari ma la sua politica è: “Non ammettere e non negare” il possesso di tali sistemi d’arma). Da pochi anni, infine, anche la Corea del Nord è entrata nel novero degli Stati Nucleari.

Con Obama negli Stati Uniti e Medvedev nella Federazione Russa, verso il 2009 si riaccese la speranza di poter arrivare, finalmente, in maniera graduale e controllata, a un mondo libero da Armi Nucleari. Raggiungere un Nuclear Weapons Free World era stato per tutta la vita l’impegno infaticabile di Jospeh Rotblat. “Jo” Rotblat fu l’unico scienziato che abbandonò il progetto Manhattan nel 1944, quando fu chiaro che la Germania nazista non avrebbe avuto la capacità di dotarsi di armi di distruzione di massa, firmatario del Manifesto Russell-Einstein del 1955 e Co-fondatore delle Pugwash Conferences for Science and World Affairs nel 1957, fu insignito, assieme alle Conferences, del Premio Nobel per la Pace nel1995. 

Con il Trattato New START (Strategic Arms Reduction Treaty ovvero ”Measures for the Further Reduction and Limitation of Strategic Offensive Arms.”), entrato in vigore nel febbraio 2011, Stati Uniti e Federazione Russa hanno ridotto in maniera significativa il numero delle loro testate nucleari (il livello più basso sin dagli anni sessanta). Oggi possiedono, comunque, tra tutt’e due, circa il 90% delle circa 14.000 testate nucleari presenti nel mondo. Trattato d’importanza fondamentale, il New START scadrà nel febbraio 2021. La domanda è: sarà rinnovato? Come vedremo, molte sono le ombre.

Dopo anni di complesse e lunghissime trattative, nel 2015 era stato finalmente raggiunto un accordo tra Stati Uniti e Repubblica islamica dell’Iran (il JCPOA, Joint Comprehensive Plan Of Action, sottoscritto anche dagli altri membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Francia, Cina e Regno Unito – e Germania) per evitare che l’Iran si dotasse di armi nucleari. L’8 maggio del 2018 l’amministrazione Trump ha unilateralmente abbandonato il JCPOA, decidendo di ripristinare sanzioni che stanno mettendo a dura prova il sistema economico dell’Iran. L’impegno dell’Europa a mantenere l’accordo si è limitato, al momento, a dichiarazioni non seguite da alcun atto.

Oggi USA e NATO accusano la Russia di aver violato sistematicamente i protocolli INF. Già Barack Obama nel 2012 denunciò le violazioni russe del trattato, ma poi non fece seguire i fatti alle parole. Ultimamente l’accusa da parte degli USA si riferiva al missile balistico a corto raggio, SSC-8, che secondo gli americani potrebbe raggiungere obiettivi posti fino a 1.500 chilometri di distanza mentre per i russi avrebbe una gittata utile limitata a 480 chilometri. Missili che sarebbero schierati in numeri consistenti anche nella Russia occidentale e quindi teoricamente perfettamente in grado di minacciare (anche eventualmente con il lancio di una testata nucleare) i paesi scandinavi, le tre repubbliche baltiche, la Polonia e, dall’enclave di Kalinigrad, anche la Germania. I russi a loro volta accusano gli USA di aver anch’essi violato l’INF schierando presso le basi della difesa antimissile nell’Est Europa (quelle che dovrebbero proteggere l’Europa dalla minaccia missilistica iraniana) i sistemi di lancio verticale MK-41 in grado di impiegare anche missili da crociera. 

In conclusione: dal 2 agosto 2019 il Trattato INF è ufficialmente ”morto”, e questo contribuisce in maniera drammatica alla crisi dell’attuale sistema di controllo degli armamenti e rischia di innescare una nuova corsa agli armamenti, oggi ancora più pericolosa per il crescente sviluppo e l’introduzione su larga scala di nuovi tipi di tecnologie militari (missili ipersonici, difese antimissile, attacchi cibernetici, tecnologie di Intelligenza Artificiale, armi autonome).


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Secondo l’amministrazione Trump i negoziati bilaterali sono superati e devono essere sostituiti da una “gestione strategica degli armamenti” multilaterale, “con un dialogo tra tutte le potenze nucleari”, in particolare con la Cina, che non ha mai partecipato ad alcun negoziato per la limitazione degli armamenti. Ma è chiaro che anche il tentativo di coinvolgere la Cina in trattative sul disarmo non risolve i problemi molto concreti che sono sorti tra la Russia e gli Stati Uniti a seguito della disintegrazione dell’INF. Attualmente le relazioni tra Stati Uniti e Cina sembrano escludere qualsiasi dialogo serio sulle questioni relative alle armi nucleari. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha affermato che la fine dell’INF «aumenterà la minaccia posta dai missili balistici» e che, comunque vadano le cose, si è perso «un inestimabile freno alla guerra nucleare». Ora l’attenzione si sposta sulle trattative che dovrebbero portare al rinnovo del New START, l’accordo sulla riduzione delle testate nucleari strategiche che scade nel febbraio 2021 e che potrebbe essere facilmente (senza bisogno dell’approvazione del Congresso degli Stati Uniti) prorogato fino al 2026. Se non sarà rinnovato, dal 2021 non ci sarebbero limiti giuridicamente vincolanti (per la prima volta dal 1972) per i due più grandi arsenali nucleari del mondo. Entrambi i paesi violerebbero quindi l'obbligo previsto dall’Art. VI del Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) del 1970 di "proseguire i negoziati in buona fede su misure efficaci relative alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e al disarmo nucleare ". E questa ipotesi getta un’ombra sinistra anche sulla prossima Conferenza di Rassegna del TNP del 2020.

Subito dopo l’annuncio dell’abbandono del Trattato INF, il segretario alla Difesa Mark Esper ha dichiarato di essere in favore dell’installazione di missili a gettata intermedia in Asia, “sooner rather than later”. L'influenza globale della Cina è in aumento, ma la sua scorta di armi nucleari è molto più piccola di quella degli Stati Uniti o della Russia. Il nuovo START copre gli arsenali nucleari strategici russi e statunitensi e si stima che Pechino abbia solo poche centinaia di testate e sistemi di lancio che rientrerebbero in New START. Né gli Stati Uniti né la Federazione Russa hanno suggerito come la Cina potrebbe essere motivata a unirsi a loro nel limitare o ridurre ulteriormente queste armi, ma attualmente la Cina non parteciperà a New START. Congelare il Trattato New START nella speranza che i cinesi possano essere coinvolti nei negoziati sul disarmo non ha senso. Gli Stati Uniti e la Russia detengono insieme oltre il 90% delle armi nucleari sul pianeta. Il solo arsenale nucleare degli Stati Uniti è tredici volte più grande di quello cinese. Il governo cinese ha chiarito esplicitamente che non è interessato a parlare fino a quando non saranno compiuti progressi dai Paesi che possiedono i maggiori arsenali nucleari del mondo. Mettere sotto controllo le forze nucleari della Cina è un obiettivo di grande importanza, e sono necessari sforzi costanti per raggiungerlo, ma se New START viene esteso al 2026 aumenta la probabilità di un accordo più grande.

Per quanto riguarda la NATO, l’attuale Segretario generale, Jens Stoltenberg, ha affermato che la NATO lavorerà ora su questioni come esercitazioni, intelligence, sorveglianza e ricognizione, difese aeree e missilistiche e capacità convenzionali, garantendo nel contempo che il deterrente nucleare della NATO rimanga sicuro ed efficace. Nella sua conferenza stampa del 2 agosto 2019 ha sottolineato che "non affretteremo l'implementazione o faremo mosse avventate; considereremo attentamente le nostre opzioni", aggiungendo che "tutto ciò che facciamo sarà equilibrato, coordinato e difensivo". Ha inoltre osservato che gli alleati rimangono fermamente impegnati a preservare un efficace controllo internazionale degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione. Ha concluso: "Non rispecchieremo ciò che fa la Russia, non vogliamo una nuova corsa agli armamenti e non abbiamo intenzione di dispiegare nuovi missili nucleari terrestri in Europa. La NATO continua ad aspirare a relazioni costruttive con la Russia, quando le azioni della Russia lo rendono possibile ". Se così fosse, si potrebbe supporre che la NATO non sostenga le richieste di Paesi NATO favorevoli a incrementare la deterrenza in funzione anti-russa. 

È indiscutibile che la morte del Trattato INF sia stato il più recente capitolo nel processo di erosione del sistema di controllo degli armamenti nucleari. Gli Stati membri dell'Unione Europea sono rimasti osservatori passivi e non hanno ancora messo a punto un loro approccio per affrontare le nuove minacce alla sicurezza internazionale ed europea in particolare. Eppure l’UE potrebbe dare un contributo significativo individuando iniziative che riducano il ruolo delle armi nucleari e, conseguentemente, i rischi di guerra nucleare. Inoltre l'UE e i suoi Stati membri potrebbero proporre metodi che favoriscano il divieto di sistemi letali di armi autonome e la promozione del controllo degli armamenti nello spazio e dei meccanismi per contrastare la proliferazione dei missili. Infine, gli Stati membri dell'UE dovrebbero essere almeno aperti alle discussioni interne sui modi migliori per incentivare o esercitare pressioni sulla Russia e sugli Stati Uniti affinché procedano all'agenda per il controllo degli armamenti nucleari, iniziando con una nuova estensione del New START (cfr. Lukasz Kulesa, Non Proliferation and Disarmament Papers, No. 66, January 2020).


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Il 23 gennaio scorso l’Orologio del Bulletin ha fissato a 100 secondi (un minuto e quaranta secondi) il tempo che ci separa dall’inizio dell’apocalisse. Non sembra che questo abbia promosso dialogo e iniziative di ripristino dl regime di controllo degli armamenti. Qualche anno fa Carlo Bernardini, a proposito degli arsenali nucleari scriveva: “Quando una cosa che incombe è gigantesca, la gente non la vede più (come la storia dell’omino che non vede l’elefante se sta proprio sotto la sua pancia)”. Mi sembra che ancora una volta Carlo Bernardini sia stato profetico. 

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