Il Nobel per la medicina o la fisiologia è stato assegnato quest’anno a David Julius e Ardem Patapoutian, per la scoperta dei recettori per la temperatura e il tatto. A Julius, in particolare, va il merito di aver individuato il recettore TRPV1 sulle terminazioni nervose della pelle, coinvolto per l’appunto nella percezione della temperatura. A questi risultati lo scienziato giunse utilizzando la capsaicina, una sostanza irritante presente nel peperoncino che provoca una sensazione di calore e bruciore nei tessuti con cui viene in contatto. Dopo quel primo traguardo, molti laboratori di ricerca hanno continuato a condurre studi in questa direzione e, recentemente, un gruppo di scienziati dell’università di Padova ha ipotizzato che TRPV1 possa avere un ruolo anche nell'infezione, suscettibilità, patogenesi e trattamento di Covid-19. Le prime osservazioni del team sono state pubblicate su Frontiers in Medicine, Infectious Diseases – Surveillance, Prevention and Treatment nell'articolo dal titolo Transient receptor potential vanilloid subtype 1: potential role in infection, susceptibility, symptoms and treatment of COVID-19.
Si tratta dunque, ancora, di una ipotesi di ricerca che gli studiosi intendono verificare - attraverso opportune analisi su pazienti affetti da Covid-19 -, con l’obiettivo di esaminare nuove strategie per controllare l'infezione e mitigare i sintomi e cercando di tradurre queste conoscenze in nuovi interventi preventivi e terapeutici.
LEGGI ANCHE:
Per capire come i ricercatori siano giunti a formulare questa teoria e che tipo di indagini intendono condurre per confermare (o meno) le ipotesi iniziali, ci siamo rivolti a Sofia Pavanello, professoressa del dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica e coordinatrice del gruppo di ricerca. Questo primo articolo pubblicato dai ricercatori dà modo di ragionare su quali siano i metodi e i processi che conducono a determinati risultati nella scienza. Proprio su questi concetti si è soffermato poco tempo fa, al Cicap Fest 2021 dedicato al tema dell’incertezza nella scienza, Telmo Pievani, direttore de Il Bo Live, durante l’incontro in ricordo di Pietro Greco. “Quando si comunica la scienza - ha sottolineato Pievani - non bisogna concentrarsi troppo, né esclusivamente sui prodotti, sui risultati, su quello che sappiamo in un dato momento, perché è molto più importante il processo. Quando si racconta un risultato della scienza, sapendo che è provvisorio, che è incerto, che è suscettibile di ulteriori approssimazioni, generalizzazioni, estensioni, revisioni, lo si deve fare spiegando qual è la genesi, qual è il processo che ha portato a quel prodotto, quindi qual è stata la dinamica di formazione di un consenso scientifico su quel risultato, come è stato discusso, sulla base di quali evidenze di quali esperimenti, di quali trial randomizzati in ambito clinico. Bisogna illustrare quindi il meccanismo, il processo, la dinamica che ha portato a quei risultati”.
Intervista completa a Sofia Pavanello del dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell'università di Padova. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar
Il recettore TRPV1
Sofia Pavanello spiega innanzitutto quale sia il ruolo del recettore sotto indagine: “TRPV1 è un canale ionico che si apre, ovvero cambia conformazioni, in presenza di molecole, e non solo, come la capsaicina, ma anche quando la temperatura diventa molto calda, sopra i 42 gradi. Quando TRPV1 si attiva, i neuroni sensoriali inviano dei messaggi elettrici al cervello, informandolo della presenza di stimoli potenzialmente dannosi per i tessuti periferici. Si tratta di recettori a potenziale transiente, perché la modifica è transitoria. Sono espressi in generale anche in altre membrane, comunque sempre neuronali, e si è visto più recentemente anche in alcune cellule infiammatorie. Queste ricerche senza dubbio offrono delle interessanti possibilità a livello medico: diversi laboratori stanno infatti studiando altre molecole, altri principi attivi, che agiscono su questi recettori, con l'obiettivo proprio di trattare diverse forme di dolore cronico, come quello associato a processi infiammatori come l'artrite”.
Gli studi precedenti: TRPV1 e inquinamento atmosferico
Il gruppo coordinato da Sofia Pavanello lavora ormai da qualche anno sul recettore TRPV1, e ha maturato via via nuove conoscenze: “I nostri studi - spiega la docente - si basano sull'osservazione che TRPV1 è localizzato anche nei nervi sensoriali delle vie aeree dell’apparato respiratorio e partecipa ai meccanismi di difesa proprio delle vie aeree, ad esempio con il fenomeno della tosse o della clearance mucociliare. Il nostro gruppo di ricerca, che lavora da un po’ di anni su questo recettore, ha esplorato i meccanismi che possono meglio spiegare la rapidità degli aggravamenti della malattia coronarica, nelle ore e nei giorni successivi ad ogni picco di incremento di concentrazioni di polveri sottili, il cosiddetto PM10 o PM 2,5. Studi epidemiologici indicano, infatti, che c'è un aumento degli ingressi al pronto soccorso per infarti, proprio successivamente a questi picchi di polveri sottili. Ciò che abbiamo dimostrato è che gli inquinanti atmosferici interagiscono direttamente con TRPV1 e causano l'apertura di questo canale, con effetti significativi sulla regolazione nervosa dell'attività cardiaca. Abbiamo inoltre rilevato che TRPV1 possiede delle varianti genetiche che conferiscono al recettore una diversa reattività e proprio queste varianti genetiche sono rilevanti nell'interazione tra l'inquinante e l'attivazione di questo recettore”.
Ruolo di TRPV1 in Covid-19: ipotesi di ricerca
L’esperienza acquisita in questo ambito di ricerca e l’attuale pandemia da Sars-CoV-2 - che richiede nuove strategie per controllare l'infezione, mitigare i sintomi e potenziare il trattamento - ha indotto gli scienziati a ragionare anche su una possibile relazione tra TRPV1 e Covid-19. “Il nostro gruppo - sottolinea Pavanello - ipotizza che il recettore possa avere un ruolo su quattro aspetti di Covid-19, in particolare nell'infezione stessa legando il virus, nei sintomi come la tosse e l'infiammazione sistemica che si sviluppa in seguito all'infezione, caratteristiche queste che derivano proprio dall'attivazione di questo recettore. Nella nostra ipotesi, TRPV1 potrebbe essere coinvolto anche nella suscettibilità all'infezione e nei sintomi, sulla base delle varianti genetiche del recettore. E infine, pensiamo che TRPV1 possa avere un ruolo nel trattamento di Covid-19 con l'uso di agonisti del recettore, come la capsaicina o sostanze simili, che possono interferire sull’infezione, oppure mitigare i sintomi”.
Osservazioni di partenza
I ricercatori sono giunti a formulare l’esistenza di una possibile relazione tra TRPV1 e Covid-19, sulla base di alcune osservazioni: “Innanzitutto, la famosa proteina S di Sars-CoV-2 presenta sequenze di legame dell’anchirina, una proteina presente anche in TRPV1. Questo suggerisce che il recettore può legare direttamente il Sars-CoV-2. Questa ipotesi è rafforzata da altri studi secondo cui anche altri virus respiratori a Rna, simili quindi al Sars-CoV-2, si legano proprio al TRPV1 nelle vie aeree. In secondo luogo, i sintomi che presentano i pazienti con infezione da Sars-CoV-2 sono simili a quelli che possono essere generati dalla stimolazione di TRPV1, per esempio la tosse e l'infiammazione". Infine, il trattamento ripetuto con agonisti del TRPV1, come la capsaicina, può inattivare il recettore e ciò sembrerebbe avere un ruolo benefico sui sintomi di Covid-19, oppure anche sulla scomparsa dell'infezione.
Metodi e processi
Per verificare le ipotesi di partenza gli scienziati si muoveranno in diverse direzioni: “Esploreremo innanzitutto il ruolo delle varianti genetiche - spiega Pavanello -, per capire perché alcune persone siano più suscettibili all'infezione, perché alcuni sviluppino sintomi più gravi di altri. Questo avverrà nell’ambito di un progetto in collaborazione con altri centri universitari italiani su migliaia di soggetti che hanno avuto l'infezione da Sars-CoV-2. Ciò che faremo è caratterizzare i soggetti dal punto di vista delle varianti genetiche del TRPV1”. Infine, dato che il trattamento ripetuto con agonisti di TRPV1, come la capsaicina, sembra avere un'azione benefica sui sintomi, i ricercatori valuteranno anche l’efficacia di possibili approcci terapeutici, che possano essere più mirati e personalizzati possibili al paziente e al suo “make up genetico”.