SOCIETÀ

La crisi sanitaria in India, tra diplomazia e brevetti sui vaccini

La prima settimana di maggio l’India ha visto salire fino a quasi 400.000 le nuove infezioni giornaliere di Covid-19. La variante cosiddetta indiana (B.1.617.2) che circola nel Paese almeno da ottobre 2020 è stata classificata pochi giorni fa Variant of Concern, una variante che deve destare preoccupazione su scala globale, dall’Organizzazione mondiale della sanità. Gli ospedali sono al collasso anche nelle grandi città come Nuova Delhi, le bombole di ossigeno scarseggiano, e gli Stati del mondo hanno iniziato a mandare aiuti umanitari e sanitari, in diverse forme.

L’India è uno dei più grandi produttori di vaccini contro Covid-19 al mondo e molti Paesi in via di sviluppo dipendono dalle dosi che l’India, snodo fondamentale dell’iniziativa globale Covax, è in grado di spedire loro. Ma nelle ultime settimane l’India ha dovuto fermare le esportazioni trovandosi nella paradossale situazione di non avere dosi a sufficienza per la propria popolazione.

In tutto questo, Covid-19 e la distribuzione dei vaccini hanno ridefinito i termini della diplomazia globale: “Sappiamo che i vaccini sono diventati una valuta diplomatica, abbiamo sentito parlare di nazionalismo vaccinale, e del fatto che i vaccini sono una questione di sicurezza, e di sicurezza economica”, spiega in questa intervista a Il Bo Live Priti Patnaik, giornalista di origini indiane, ora a Ginevra, e fondatrice di Geneva Health Files, una newsletter sulla sanità globale. “Dobbiamo quindi rimodellare ciò che ‘aiuto’ significa nel contesto di Covid-19”.

Al di là della crisi sanitaria e della scarsità di bombole di ossigeno, di cui Global Health Files si è occupata in un approfondimento, la partita più importante al momento si gioca sui brevetti imposti sulla produzione dei vaccini.

Lo scorso ottobre India e Sud Africa avevano avanzato la richiesta alla World Trade Organization (WTO - l’Organizzazione mondiale del commercio) di sospendere la protezione della proprietà intellettuale sulla produzione dei vaccini e degli altri farmaci necessari a combattere Covid-19.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha inaspettatamente annunciato di volersi schierare a fianco dei Paesi in via di sviluppo nella battaglia per la liberalizzazione della produzione dei vaccini, facendo storcere il naso alle case farmaceutiche. La posizione dell’Europa invece ad oggi non è ancora definita, anche se sembra più in opposizione che non a favore della sospensione della protezione della proprietà intellettuale.

Abbiamo provato a capire cosa tutto ciò significhi per l’India, che sta vivendo una drammatica crisi sanitaria, e per i Paesi a basso e medio reddito.

Intervista a Priti Patnaik, giornalista e fondatrice di Geneva Health Files. Montaggio di Barbara Paknazar

Com’è la situazione in India?

La mia lettura di quello che succede in India viene da una prospettiva multilaterale e internazionale. L’India è stata colpita duramente da Covid-19 per una serie di ragioni: ha una grande popolazione e negli ultimi decenni ha visto poco investimento in infrastrutture di salute pubblica. Nel 2020 c’è stata una prima ondata, con un lockdown molto duro, che ha colpito le persone anche economicamente in modo molto duro.

Durante questa prima ondata probabilmente le infezioni e le morti sono state sottostimate. Per una serie di ragioni le infezioni sono scese, in parte per immunità naturale, in parte per la risposta della popolazione. Ora la variante dominante, la B.1.617 che l’OMS ha ora definito come Variant Of Concern, è stata individuata nell’ottobre 2020 per la prima volta.

Fino a marzo non c’è stata una gestione sufficientemente pronta, non si è tenuta sotto osservazione a sufficienza questa variante, non c’è stata la volontà politica di raccogliere e condividere dati epidemiologici. Ci addirittura sono stati report a riguardo del fatto che la task force Covid-19 non si è riunita per diversi mesi. A marzo 2021 c’è stata un’esplosione di casi che ha riflettuto l’impreparazione e la mancanza di infrastrutture dedicate. Ora le strutture sanitarie sono al collasso anche in grandi città come Nuova Delhi.

È stato un caso da manuale di cosa succede se un Paese abbassa la guardia. A tutto questo poi si sono aggiunte elezione e manifestazioni politiche. Ora la situazione è fuori controllo.

Diversi Paesi stanno mandando il loro aiuto all’India? Cosa stanno facendo in particolare i Paesi occidentali?

Molti hanno mostrato solidarietà in questo momento critico. Oltre ad aver mandato ossigeno e strumentazioni, Biden ha annunciato di voler mandare anche materiali per la produzione dei vaccini. Paesi vicini come il Pakistan hanno mandato il loro aiuto, persino il Bangladesh ha spedito il Remdesevir, un farmaco che produce, anche se non è del tutto provato che funzioni contro Covid-19, secondo l’Oms.

Alcuni commentatori hanno detto che il momento è simile a quando il mondo ha aiutato l’Etiopia durante la carestia. Nessuno avrebbe predetto che l’India, vista come una potenza nella produzione di vaccini, avrebbe fatto fatica a somministrarli alla propria popolazione. È un momento difficile per il governo e la popolazione. Il mondo ha a cuore l’India, ma la cosa migliore è rendere l’India indipendente non solo dal punto di vista umanitario: è importante affrontare la questione della proprietà intellettuale sui vaccini per diversificare i produttori di vaccini in India.

Parleremo tra un attimo di quest’argomento, ma prima volevo farle una domanda di carattere diplomatico: Il Financial Times ha di recente rivelato che l’India e l’Unione Europea stanno discutendo di una sorta di Via della Seta alternativa, per contrastare il dominio cinese nell’area indo-pacifica. C’è un valore diplomatico negli aiuti che arrivano dai Paesi occidentali all’India?

Covid-19 ha avuto un effetto destabilizzante su tutto il mondo, sulle economie, ma ha anche ridefinito la diplomazia. Sappiamo che i vaccini sono diventati una valuta diplomatica, abbiamo sentito parlare di nazionalismo vaccinale e del fatto che i vaccini sono una questione di sicurezza, e di sicurezza economica. Dobbiamo quindi ripensare ciò che “aiuto” significa nel contesto di Covid-19.

Non c’è dubbio che parte del supporto umanitario che arriva all’India sia genuino, ma sicuramente ha anche implicazioni per la diplomazia. L’Europa e l’India hanno ripreso un dialogo per accordi commerciali che non avveniva dal 2013. L’India è entrata in una partnership con gli Usa nel contesto del Pacifico, anche se il ruolo dell’india in quel contesto ancora non è chiaro. È una situazione estremamente fluida in cui le decisioni geopolitiche cambiano ogni settimana. Sicuramente quindi guarderei agli aiuti che arrivano in India con la lente di cosa ciò significhi per la diplomazia.

Biden ha ridefinito i rapporti con l’India e questo cambierà anche i rapporti con l’UE. Ma al contempo vediamo che l’Europa ancora non supporta la richiesta di India e Sud Africa di rivedere gli accordi TRIPS (Trade Related aspects of Intellectual Property) sulla proprietà intellettuale. E questo ovviamente ha implicazioni per tutta la diplomazia. Per dirla in modo semplice… è una situazione estremamente complessa!

Prima della crisi indiana, l’India era la portabandiera della diplomazia vaccinale, poiché esportava e donava moltissime dosi di vaccino. Cina, Russia e India si sono mosse molto rapidamente nella seconda metà del 2020, ma l’OMS ha dichiarato che le iniziative di diplomazia vaccinale non rientrano sempre nella cooperazione, ma sono spesso manovre geopolitiche.

L’India è uno dei più grandi produttori di vaccini al mondo e gioca un ruolo centrale nell’iniziativa COVAX che mira a fornire vaccini anti-Covid ai Paesi a basso e medio reddito. L’India però adesso ha bisogno delle dosi di vaccino all’interno dei propri confini nazionali e ne ha ridotto l’esportazione. La crisi sanitaria indiana danneggerà le campagne vaccinali dei Paesi in via di sviluppo?

Fino a qualche settimana fa la crisi sanitaria indiana sembrava dovesse incidere moltissimo sulle campagne vaccinali di Paesi a basso e medio reddito, che dovrebbero ricevere vaccini dall’India tramite la iniziativa COVAX. Ma ora le cose stano cambiando rapidamente. La Cina infatti fornirà molti vaccini ora (quello Sinopharm è stato autorizzato dall’OMS pochi giorni fa per la sua distribuzione ai Paesi in via di sviluppo, ndr). Nel medio termine l’India non riuscirà a rispettare i suoi obblighi con COVAX: 90 Paesi dipendono dalla produzione di un solo Paese, l’India. Era una scommessa che è andata storta. La situazione è precaria per l’India e per tutti i Paesi in via di sviluppo dipendenti dall’India.

Finora sono state consegnate circa 50 milioni di dosi, ma è molto meno di quanto era stato pattuito. Non si sa quando potranno ripartire le dosi dall’India, si pensa a giugno o luglio, ma in realtà non si sa. È una situazione molto incerta per quei Paesi che dipendono solo da COVAX.

Sappiamo anche però che molti Paesi hanno iniziato a prodursi i vaccini da sé, avendo conversazioni bilaterali con i produttori, in modo che non dipendano solo da COVAX. Ma la verità è che molti di loro hanno ancora a disposizione molte meno dosi di quelle di cui avrebbero bisogno o sperato. La situazione è spaventosa e precaria.

L’India, assieme al Sud Africa, ha richiesto all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) lo scorso ottobre una sospensione delle protezioni della proprietà intellettuale sui vaccini. Ora il presidente statunitense Joe Biden ha annuciato di voler supportare quella richiesta, mentre non è chiaro ancora quale posizione assumerà l’Europa. È una buona notizia questa per l’India e per i Paesi in via di sviluppo o la situazione è più complicata di così?

È un primo passo molto importante che è stato ben accolto nel mondo. Con Global Health Files abbiamo seguito la discussione degli ultimi mesi e la decisione di Biden di supportare la decisione di sospendere la protezione sulla proprietà intellettuale sui vaccini è stata vista come un momento spartiacque in più di 25 anni di storia dei TRIPS (Trade Related aspects of Intellectual Property) e degli accordi al WTO.

Detto questo, cosa questa posizione realmente significhi rimane da vedere. Il documento degli Usa dice che vorrebbero supportare la sospensione della proprietà intellettuale solo per i vaccini, mentre la proposta originale era più ampia e non riguardava solo i vaccini ma anche altri farmaci. Questa sarà una parte fondamentale da capire da qui in avanti.

Sono discussioni che potrebbero protrarsi per lungo tempo, siamo all’inizio di una lunga fase di negoziazioni. Il vero ruolo degli Usa si capirà nei prossimi mesi e di conseguenza vedremo le posizioni di altri Paesi che inizialmente si erano opposti e che forse cambieranno idea come Norvegia, Nuova Zelanda e persino il Regno Unito. Ci sono quindi segnali positivi ma se la proposta originale venga accettata rimane tutto da vedere, non sarà semplice.

Molti hanno espresso preoccupazione per il fatto che non ci sarà bisogno solo di sollevare la protezione della proprietà intellettuale sui vaccini e altri prodotti necessari alla lotta al Covid-19, ma ci sarà bisogno anche di trasferimento tecnologico, in modo che i produttori dei Paesi in via di sviluppo siano davvero in grado di incontrare e proprie esigenze.

Il tutto è visto come un terremoto negli ambienti diplomatici, ma dobbiamo anche chiederci quand’è che l’India inizierà a vedere i benefici di una sospensione dei diritti sulla proprietà intellettuale, quand’è che potrà veramente iniziare a produrre vaccini senza la minaccia di venire denunciata?

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