SOCIETÀ

La cultura della paura

Frank Furedi è professore emerito di sociologia all'università del Kent nel Regno Unito. Sarà ospite venerdì 26 ottobre alle 12.30 in Aula Magna a Padova all'interno degli Open Innovation Days con il talk La tecnologia fa miracoli, ma perché non lavoriamo 15 ore alla settimana?. Una buona parte della sua carriera è stata dedicata alla sociologia della paura: nel 1997 ha scritto The culture of fear e ora, dopo più di 20 anni, torna sull'argomento con il suo nuovo libro How fear works (Bloomsbury, 2018).

Furedi sostiene che la paura è in grado di fornire soluzioni provvisorie a situazioni di incertezza morale e per questa ragione viene utilizzata da una vasta gamma di sistemi di interessi, partiti e individui. La retorica della paura è permeante: tendiamo a vedere il rischio ovunque, tendiamo a informarci, qualunque sia il tema, guardando subito al peggiore scenario possibile. Questo non significa che necessariamente oggi abbiamo più paura di quanta ne avevamo in passato, ma semplicemente che siamo dipendenti da un linguaggio di paura e ansia; tendiamo a proiettare nel futuro ogni singolo problema come una bomba a orologieria. Furedi ritiene che finché la società non troverà il modo di diventare più incline a gestire l'incertezza, la politicizzazione della paura continuerà a crescere.

La paura però è anche una risposta emotiva condivisa da gran parte delle specie animali viventi: è un fondamentale meccanismo di sopravvivenza, a livello individuale. Spostandoci al livello collettivo della società, del dibattito pubblico e dell'immaginario collettivo, è possibile fare una distinzione tra una paura utile e una paura dannosa?

L'Ipcc (International panel on climate change) ha rilasciato qualche giorno fa il suo report, sostenendo che se non riusciamo a tenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi sarò un disastro in termini di catastrofi naturali, perdita di biodiversità, migrazioni forzare e perdita di diritti umani. Si tratta di mera retorica della paura oppure in questo caso esistono dei fatti da cui dovremmo ragionevolmente essere spaventati, in modo tale da prendere delle contromisure?

La scienziata vincitrice del premio Nobel Marie Curie diceva che “nulla nella vita va temuto, va solo compreso. Ora è il momento di comprendere di più in modo da avere meno paura”. La società di oggi è munita degli strumenti per comprendere di più e per avere meno paura?

Intervista a Frank Furedi, autore di "How fear works" (Bloomsbury, 2018)

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