SCIENZA E RICERCA

Dall'infezione virale al cancro: le ricerche di un premio Nobel

Le cellule sono macchine estremamente complesse e delicate. Per svolgere le loro funzioni devono seguire le istruzioni scritte nei geni contenuti nei loro nuclei. Quando un ingranaggio si incrina l'espressione genica può andare fuori controllo e portare all'insorgenza di tumori. Una delle cause può essere l'ingresso di Dna virale nei geni della cellula ospite.

Quando per la prima volta, negli anni '70, avanzò l'ipotesi che il papilloma virus potesse favorire il carcinoma cervico-uterino, Harald zur Hausen stava andando contro le concezioni prevalenti della comunità scientifica. Il trasferimento orizzontale di geni di virus e batteri era un fenomeno ancora poco conosciuto. Nel 1983 riuscì a isolare i geni di una specifica forma di papilloma virus (Hpv-16) dimostrando che il Dna virale era in grado di intrufolarsi nei geni umani, alterandone l'espressione e causando l'insorgenza del tumore al collo dell'utero, il secondo tipo di tumore più comune nelle donne. L'anno seguente, nel 1984, zur Hausen individuò la seconda forma più comune associata al tumore alla cervice (Hpv-18) e successivamente individuò due geni, E-6 e E-7, che venivano trascritti con regolarità dalle cellule tumorali. Grazie alle sue scoperte è stato possibile sviluppare il vaccino contro il papilloma virus. La vaccinazione, in grado di interrompere la catena che dall'infezione porta al tumore, si è dimostrata un metodo efficace per la prevenzione, specialmente se effettuata prima dell'inizio dell'attività sessuale. Nel 2008 l'Accademia reale delle scienze di Stoccolma gli assegnò il premio Nobel per la medicina e la fisiologia. Quell'anno l'altra metà del premio fu assegnata a Luc Montagnier e Françoise Barré-Sinoussi per le ricerche che permisero di identificare il virus dell'Hiv.

Il terzo Congresso nazionale della Società italiana di virologia si è aperto martedì 10 settembre con la lectio di commiato del Prof. Giorgio Palù e si è concluso giovedì 12 con l'intervento del premio Nobel Harald zur Hausen.

Harald zur Hausen, premio Nobel per la medicina nel 2008, racconta come la comprensione del ruolo del Dna virale ha cambiato gli studi sul cancro e illustra le sue nuove ricerche

Oggi si stima che il 20% di tutti i tumori umani abbia origine infettiva” ha spiegato il premio Nobel. Il Dna virale può venire incorporato e espresso dalle cellule tumorali, ma esistono anche vie indirette attraverso cui il Dna virale può favorire l'insorgenza di tumore. Le sue ultime ricerche si sono concentrate su una nuova classe di patogeni, presenti anche nella carne bovina, che causerebbero quelle che sono state definite “plasmidosi infettive”.

Secondo Harald zur Hausen però gli allarmismi nei confronti dell'assunzione di carne rossa, che è stata associata al rischio di insorgenza di tumori, non sarebbero giustificati. “Quegli agenti infettivi sono presenti nel nostro corpo sin da quando siamo piccoli e non aumentano in modo significativamente rischioso tramite l'assunzione di carne rossa o prodotti caseari” riporta in questa intervista. Ritiene però che per il futuro sarà importante tentare di eliminare quegli agenti infettivi specialmente dai prodotti destinati ai bambini.

Harald zur Hausen è nato nel 1936 a Gelsenkirchen in Germania, un'area fortemente bombardata durante la seconda guerra mondiale. Dopo la laurea in medicina ottenuta alla Medical Academy di Düsseldorf trascorse un periodo a medicina interna, a ginecologia e ostetricia, per poi passare alla ricerca in microbiologia medica e immunologia all'università di Düsseldorf. Qui si fece le ossa nella batteriologia e virologia diagnostica e rimase affascinato dalle modificazioni cromosomiche indotte da Dna virale. Nel 1966 si spostò a Philadelphia dove ottenne un post-doc lavorando al Children's hospital, nel laboratorio di Werner e Gertrude Henle dove si stava studiando l'Epstein-Barr virus (Ebv) da poco scoperto. In quegli anni venne dimostrato che l'Ebv causava la mononucleosi. Nel 1968 ricevette un'offerta dall'università di Würzburg, dove iniziò a lavorare a un'ipotesi innovativa: rintracciare il Dna di Ebv in ogni cellula tumorale del linfoma di Burkitt (un tumore del sistema linfatico che oggi colpisce soprattutto i bambini in Africa) e nel carcinoma nasofaringeo. Fu così che per la prima volta dimostrò la presenza di Dna virale in un tumore umano. Nel 1973 dimostrò anche la presenza di Dna virale nelle cellule tumorali epiteliali.

Negli anni '70 passò a studiare il tumore al collo dell'utero all'Istituto di virologia clinica di Erlangen-Nürnberg prima e all'Istituto di virologia dell'univeristà di Freiburg poi. I primi tentativi di identificare il papilloma virus nelle biopsie tumorali fallirono, ma solo perché esistevano moltissimi tipi di virus, solo alcuni dei quali causa del tumore. Nel 1983 venne trovato l'Hpv-16 e l'anno successivo l'Hpv-18. Harald zur Hausen venne nominato direttore scientifico del German Cancer Research Centre di Heidelberg. Dopo 20 anni, lasciò il posto, rimanendo però nel direttorio della rivista scientifica International Journal of Cancer.

Il papilloma virus umano è ancora molto comune perché si trasmette soprattutto tramite rapporti sessuali. Esistono più di 120 tipi diversi di virus capaci di aggredire la parete del collo dell'utero. La stra grande maggioranza delle infezioni (circa l'80%) si risolve spontaneamente, mentre alcune diventano croniche e in un arco di tempo che può andare dai 7 ai 15 anni possono evolvere in tumore.

Circa il 70% di tutte le lesioni pretumorali sono attribuibili ai due tipi di papilloma virus individuati da Harald zur Hausem: Hpv-16 e Hpv-18. Il 90% circa dei condilomi (lesioni benigne ma altamente contagiose) è invece associato ai tipi 6 e 11.

Il tumore al collo dell'utero colpisce ancora molte donne: in Italia siamo nell'ordine delle 1500-3000 (sono disponibili diverse stime) e i decessi registrati sono tra i 500 e i 1000. L'origine virale del tumore al collo dell'utero è però vantaggio che altre forme di tumore non offrono.

Oggi sono disponibili due vaccini contro il papilloma virus: il vaccino bivalente che protegge contro i tipi Hpv-16 e 18 (in grado di causare le lesioni pretumorali); e il vaccino quadrivalente, che offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11, quelli responsabili di lesioni benigne, come i condilomi. Nel 2017 si è aggiunto un terzo vaccino, detto 9-valente, capace di prevenire il 90% dei tumori indotti da Hpv: assicurerebbe infatti la protezione dai quattro tipi già citati, più altri cinque sierotipi (31-33-45-52-58).

La vaccinazione è offerta gratuitamente alle bambine nel 12° anno di vita in tutte le Regioni italiane dal 2007. Somministrata in questa fascia d'età, la vaccinazione consente di prevenire nella quasi totalità dei casi l’insorgenza di un’infezione persistente dei due ceppi virali che più frequentemente provocano il tumore della cervice uterina.

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