SCIENZA E RICERCA

Due o tre domini nell'albero della vita? Loki sa la risposta, ma non la rivela

Loki, fratello di Thor, figlio adottivo di Odino e Nemesi, è il dio dell'inganno. Ammalia e tradisce. Con i suoi trucchi elusivi, la sua condotta amorale e fuori dalle regole, nell'universo Marvel ha complottato contro il regno di Asgard per usurparne il trono. Nella classifica di Imagine Games Network, la società di giochi e media con sede a San Francisco, è entrato nella top ten dei cattivi migliori di sempre nella storia dei fumetti.

Gli stereotipi sono offensivi e mortificano la complessità della realtà. Ma a volte ci azzeccano. Prendiamo quello dello scienziato nerd, geniale e ossessionato dal regno fantasy. Nel 2015, sul fondo dell'oceano artico a metà strada tra Norvegia e Groenlandia, sono stati scoperti dei microrganismi, appartenenti al dominio degli Archaea, sul bordo di una spaccatura della crosta terrestre che prende il nome di bocca o camino idrotermale. Per via della sua bizzarra conformazione, gli scienziati che l'hanno scoperto hanno scelto di chiamare quel luogo inospitale “Castello di Loki” e quei microrganismi “Lokiarchaeota”, proprio in onore del dio norreno dell'inganno. Come vedremo, mai nome fu più azzeccato.

La scoperta degli Archaea avvenne negli anni Settanta, quando Carl Richard Woese, biologo newyorkese dell'università dell'Illinois Urbana-Champaign, descrisse alcuni microrganismi, diversi dai batteri, capaci di vivere in condizioni estreme.

Da allora alla base dell'albero della vita vengono disegnate tre ramificazioni principali: da una parte si diramano i batteri, dall'altra gli Archaea e, indipendenti da questi, gli Eucarioti (le cellule dotate di nucleo). Secondo Woese sono dunque tre i domini in cui si è evoluta la vita a partire dall'antenato comune a tutti gli esseri viventi, Luca (dall'inglese, Last universal common ancestor).

L'evoluzione ha le sue regole, che comportano l'esistenza di antenati comuni alla base di ogni ramificazione e la divergenza della loro discendenza. Questa visione a tre domini implica pertanto che sia esistito a un certo punto della storia della vita sulla Terra, intorno a 2 miliardi di anni fa, un antenato comune ad Archaea e Eucarioti, dotato di caratteristiche incipienti di Archaea e Eucarioti, ma sostanzialmente diverso da entrambi.

Questo gioco a tre si impose nella comunità di microbiologi evoluzionisti a scapito di un'altra ipotesi (sostenuta dal biologo dell'università della California, James Lake), che prevede soltanto due domini fondamentali alla base dell'albero della vita: da una parte c'è sempre il ramo dei batteri, dall'altra solo quello degli Archaea, perché gli Eucarioti non sarebbero più uno dei rami fondamentali, bensì una diramazione di un sottogruppo di Archaea. L'antenato comune a tutti gli Eucarioti, secondo quest'ipotesi, sarebbe quindi un Archaea, e non un microrganismo vissuto prima degli Archaea: è questa la predizione che distingue l'ipotesi a due domini da quella a tre domini.

La contesa tra i due esponenti delle diverse ipotesi raggiunse livelli di acredine non comuni, anche per una disputa scientifica: dopo un confronto diretto svoltosi a metà anni Ottanta, Lake e Woese scelsero di non incontrarsi mai più. Woese mancò nel 2012.

Nel frattempo, una nuova ipotesi sull'origine degli Eucarioti è venuta ad affermarsi, anche in questo caso non senza difficoltà e resistenze da parte della maggioranza, che la pensava diversamente. Lynn Margulis, microbiologa all'università di Chicago, propose che gli Eucarioti fossero nati dalla cooperazione tra un proto-batterio e una cellula ospite che l'ha inglobato. La teoria, che andava contro l'assunto dell'evoluzione per divergenza, venne chiamata dell'endosimbiosi, e ci volle più di una decina d'anni per farla accettare pubblicamente, negli anni Ottanta. Quell'antico batterio oggi è diventato il mitocondrio, la “batteria” delle cellule animali.

Quanto alle caratteristiche della cellula che ospitò quell'antico batterio, il dibattito è rimasto aperto. Secondo Patrick Forterre, del Pasteur Institue di Parigi, si trattava di un proto-eucariote, vissuto prima di Archaea e Eucarioti, ed ora estinto. Forterre è dunque un sostenitore dell'ipotesi a tre domini.

Ad aiutare a capire cos'è successo due miliardi di anni fa sono venuti in soccorso anche i recenti avanzamenti tecnologici della genomica. Nel 2002 i dati di sequenziamento genetico suggerivano che esistessero due gruppi (o phyla) di Archaea. Oggi quel numero è esploso.

Un gruppo di Archaea particolarmente importante è stato scoperto nel 2015, i Lokiarchaeota appunto, da Thijs Ettema, dell'università di Uppsala in Svezia, e Anja Spang, del Royal Netherlands Institute for Sea Research a Texel.

I Lokiarchaeota hanno caratteristiche che li collocano indiscutibilmente nel dominio degli Archaea, ma possiedono anche una serie di geni che si pensava potessero essere solo degli Eucarioti. Una ricerca del 2018 ha confermato che i Lokiarchaeota contengono informazioni genetiche per codificare l'actina, una proteina del citoscheletro degli eucarioti. E analisi del loro DNA hanno confermato la presenza di geni caratteristici degli Eucarioti, come quelli che codificano per l'ubiquitina, implicata nel sistema di degradazione delle proteine; geni per la fagocitosi, per la duplicazione del DNA, per i pori nucleari e altri ancora. Quando i ricercatori trovarono tutto questo materiale genetico inatteso rimasero sbigottiti, credendo fossero stati ingannati: erano convinti che i loro risultati fossero frutto di una contaminazione avvenuta in laboratorio.

Ma ulteriori conferme arrivarono: i Lokiarchaeota possiedono caratteristiche delle cellule più complesse, gli Eucarioti. L'albero della vita disegnato da Ettema e Spang ora colloca l'origine di tutti gli Eucarioti in quel sottogruppo di Archaea di cui fanno parte i Lokiarchaeota, assieme ai Thorarchaeota, agli Odinarchaeota e agli Heimdallarchaeota. Quel sottogruppo che prende il nome di Asgard, la dimora degli dei nella mitologia norrena. Gli stereotipi alle volte...

In uno studio di cui è stata finora pubblicata solo l'anteprima in un archivio online (bioarXiv) si mostrerebbe addirittura la presenza di una struttura centrale all'interno delle cellule di Lokiarchaeota: una sorta di proto-nucleo contenente DNA, ovvero quel tratto che sapevamo distinguere le cellule eucariotiche, che compongono tutti gli organismi animali, vegetali e fungini, da tutte le altre cellule “meno complesse” (quelle appunto di Archaea e batteri, che un tempo chiamavamo procarioti, che letteralmente significa “prima del nucleo”).

Gli ultimi risultati che abbiamo a disposizione sembrano dunque corroborare l'ipotesi dei due domini alla base dell'albero della vita. Ma ricercatori come Forterre restano scettici e contestano i lavori dei rivali, sostenendo che i marker utilizzati siano fuorvianti: se si analizzano altre proteine si ottengono ancora i tre domini. Ma a sua volta il risultato di Forterre è stato contestato da Ettema e altri scienziati.

Il passaggio da cellule senza nucleo a cellule nucleate è una delle cosiddette transizioni evolutive fondamentali, assieme al passaggio da organismi unicellulari a pluricellulari e alla nascita della riproduzione sessuata. Comprendere come siano nati gli eucarioti permetterebbe di svelare segreti ancora celati sulla complessità biologica, sulle interazioni cellula-cellula, sui meccanismi di fagocitosi e su quelli immunitari, sul trasferimento orizzontale di materiale genetico. Da ciascuno di questi ambiti potrebbero nascere applicazioni rivoluzionarie nel campo delle biotecnologie mediche e ambientali.

Ma i Lokiarcheaota non si lasciano addomesticare facilmente. Poiché in natura vivono in condizioni estreme e si nutrono di metalli pesanti, ancora non siamo in grado di coltivarli in laboratorio. Starà ai ricercatori provare a eludere l'inganno di questi antichi microrganismi, che potrebbero custodire la risposta alle origini della vita complessa.

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