CULTURA

Fiabe esatte, immagini poetiche della scienza

Gli atomi di Lucrezio, l'armonioso cosmo di Dante, "l'infinita sapienza del più piccolo granello dell'universo" in Giordano Bruno, "la verità della scienza e, insieme, la sua vanità per l'uomo" in Giacomo Leopardi, "l'incessante evoluzione intessuta di desiderio" in Raymond Queneau, la scienza ben spiegata ai piccoli lettori da Gianni Rodari, "la scienza come l'ombra di quella che chiamiamo realtà" in Hans Magnus Enzensberger, lo stupore di Wislawa Szymborska. Sono i percorsi e le riflessioni di poeti - appartenenti a epoche diverse, spesso lontani tra loro, nel tempo - che hanno incontrato la scienza, l'hanno esplorata, penetrata oppure attraversata, elaborata per poterne ricavare pensieri e immagini poetiche, mantenendo uno sguardo sempre attento e curioso sul mondo, sui "segreti" dell'universo.

Si intitola Fiabe esatte il libro di Gianni Zanarini, edito da Doppiavoce: è un viaggio alla scoperta delle immagini poetiche della scienza, da leggere tutto d'un fiato, seguendo l'ordine cronologico proposto dall'autore, o "a salti", assecondando i propri gusti poetici e interrogativi scientifici. Il titolo nasce da un ossimoro presente in una poesia di Hans Magnus Enzensberger, intellettuale tedesco affascinato dalla matematica. dalla cosmologia, dalla fisica teorica, "che ha dedicato molti dei suoi versi a una riflessione sulla scienza, sulla sua pretesa di verità, sulla incolmabile distanza tra il mondo e i modelli che la scienza ne fa", spiega Zanarini, fisico di formazione, docente di Scienza e arte nel master di Comunicazione della scienza dell’Università di Milano Bicocca. "L'espressione fiabe esatte si incontra in una intensa poesia nella quale protagonisti sono i fisici teorici, ultimi moicani della metafisica, che propongono universi a più dimensioni e mondi paralleli". 

Con reverenza io sto a sentire / le vostre fiabe esatte, / voi sommi sacerdoti. / Quante domande. / A chi, / se non a voi, / ultimi moicani / della metafisica, / devo rivolgerle?

Entriamo nel vivo della questione, provando a rispondere ad alcune domande: come comunicano scienza e poesia? Quale il punto di incontro? E cosa può nascere da questa relazione? "A differenza di quello che si potrebbe pensare, poesia e scienza non sono due universi lontani e incomunicabili - precisa l'autore -. Fin dall’antichità, infatti, i poeti cantano le immagini del mondo create dalla scienza, questa grandiosa invenzione culturale, ci parlano della tensione verso la verità, ci comunicano la passione che accompagna e sostiene la ricerca. Ma i poeti pongono anche domande alla scienza: la interrogano sul perché della sua incessante ricerca di conoscenza, sulla sua ambizione di avvicinarsi sempre più alla verità del mondo, sul significato, per l'umanità, delle immagini del mondo che essa propone. E danno poetiche risposte, aprono prospettive, suscitano nuovi emozionati pensieri. Sono poeti lontani nel tempo insieme ad altri più vicini a noi quelli che ci parlano del loro rapporto con la scienza. Insieme a loro, contempliamo i pensieri sul mondo concepiti dalla fantasia e dalla ragione degli scienziati delle diverse epoche, viviamo le emozioni che accompagnano lo sforzo incessante di penetrare i segreti dell’universo, facciamo nostre le riflessioni della filosofia sulla verità della scienza".

Il viaggio proposto da Zanarini inizia con Lucrezio, che scelse di mettere in versi la fisica di Epicuro. Andiamo con ordine, ritroviamo le tracce dell'opera: all'inizio del 1400, in un monastero nei pressi del Lago di Costanza, l'umanista italiano Poggio Bracciolini ritrovò il manoscritto di un testo latino che si credeva perduto, risalente a quattordici secoli prima. Si trattava del De rerum natura di Lucrezio, poema scientifico composto da sei libri di oltre mille versi ciascuno. 

"È singolare che un poeta latino dedichi tutta la sua opera poetica alla filosofia naturale di un pensatore greco di tre secoli prima. Eppure, nei versi di Lucrezio, quella filosofia prende vita, e ci fa scoprire il senso profondo che essa ha per il poeta: dissolvere l’angoscia dell'uomo di fronte all'universo, liberare l'umanità dal capriccio degli dei, permettere al saggio di raggiungere la pace attraverso la fulgida luce di verità della conoscenza della natura. Lucrezio ci emoziona mostrandoci che l'uomo è un nulla nell’infinita estensione dell’universo, che il tempo della sua vita è un nulla rispetto al tempo infinito del mondo, che la sua individualità si rivela un nulla rispetto all’infinita ricchezza delle combinazioni di atomi. Eppure – quasi paradossalmente – secondo il poeta è proprio lo sguardo della scienza che annulla l’uomo a permettere a questo stesso uomo di possedere la verità e di assaporare la dolcezza della vera sapienza. Tutta la fatica, tutte le veglie del poeta nel corso delle 'notti serene' saranno un nulla rispetto alla 'chiara luce' che illuminerà la mente dell’amico Memmio al quale il poema è dedicato, e insieme la mente di tutti i lettori, di tutta l’umanità".

Poi, l'attenzione dell'autore si sposta su Dante, di cui nel 2021 si celebrano i 700 anni dalla morte. Il Poeta mette la scienza già al centro del suo Convivio, ma ancora di più e con maggiore convinzione lo fa nella Commedia. Non si tratta più solo di "amore per la conoscenza", perché qui è la scienza stessa a diventare "l'oggetto della poesia".

Quali temi scientifici troviamo, dunque, nell'opera dantesca? "Dante è figlio della rinascita culturale del continente europeo nei secoli precedenti, nel corso dei quali viene recuperato il patrimonio scientifico dell’antica Grecia, dell’India, della Cina, dell’Egitto, custodito dalla cultura islamica. In particolare, Dante fa sua la visione astronomica del mondo elaborata da Tolomeo e dai suoi commentatori arabi, e - a testimonianza di quanto la scienza sia importante per il poeta - la pone addirittura come elemento strutturale della Commedia, e in particolare del Paradiso. Dante conosce bene i concetti e i termini tecnici dell'astronomia, che domina con sicurezza. E lo stesso si può dire dell'ottica, della matematica, della medicina. Ma la scienza non è presente nella Commedia solo in quanto tale. Spesso, infatti, è addirittura la scienza a fornire immagini alla poesia. È una presenza inattesa della scienza, questa, che rende unico il poema dantesco. Così, per esempio, la formazione dell’arcobaleno nell’atmosfera diviene una efficace similitudine per la forma corporea che l’anima dei trapassati imprime all’aria circostante. E l’evidenza alla mente umana dell’impossibilità che due angoli interni di un triangolo siano ottusi diviene immagine della prescienza divina - pur in presenza del libero arbitrio – che è condivisa dai beati. Eppure, Dante ha l'acuta consapevolezza che. quando si tratta di ciò che sta al di là dell’esperienza terrena, dietro ai sensi [...] la ragione ha corte l’ali. Questo non significa che la scienza sia vana o che non debba seguire l’esperienza, ma che a volte deve cedere il passo a spiegazioni che la trascendono. Così, il bagliore che spinge Dante a distogliere lo sguardo non nasce dal riflesso della luce del sole, ma – spiega Virgilio - messo è che viene ad invitar ch’om saglia: è la luce angelica che indica il cammino verso il Sommo Bene".

Facciamo ora un salto temporale e, dopo aver attraversato il Cinquecento per incrociare il pensiero di Giordano Bruno e la sua idea di "natura vivente in ogni sua più piccola parte", arriviamo all'Ottocento dove incontriamo l'opera di Giacomo Leopardi, il cui rapporto con la scienza si trasforma con l'avanzare dell'età. L'interesse di gioventù in età adulta si trasforma. "A lungo prigioniero di uno studio matto e disperatissimo, come lui stesso lo definirà, oppresso da un padre severo e da una madre dispotica, il giovanissimo Giacomo scrive sei o sette tomi non piccoli sopra cose erudite, tra cui una Storia dell'astronomia, scienza che egli vede come un percorso dall'errore verso la verità. In seguito, però, il suo atteggiamento verso la conoscenza si modifica profondamente. Egli non mette in dubbio la verità delle acquisizioni della scienza, ma privilegia le illusioni della fantasia, pur riconoscendone – alla luce della scienza stessa - l’irrimediabile vanità. Presto il giovane filosofo incontra la via maestra per esprimere le ragioni della fantasia e dell’immaginazione: è la strada della poesia, anche quando l’oggetto del poetare è, appunto, il raggelante potere del vero. È questa una prospettiva originale e inconfondibilmente leopardiana.

Nostri sogni leggiadri ove son giti [...] / Ecco svaniro a un punto, / e figurato è il mondo in breve carta; / ecco tutto è simìle, e discoprendo / solo il nulla s’accresce. A noi ti vieta / il vero appena è giunto / o caro immaginar […]

La bellezza della natura e il fascino femminile gli ispirano spazi illusori, altri mondi, in cui la vita può dirsi felice per brevi attimi: la sua poesia canta questa fuggevole beatitudine che fa intravedere l’immagine eterna e irraggiungibile della bellezza, che fa sognare un infinito senza misura e senza tempo. A partire anche da un limite, da una siepe".

Il Novecento si apre con Raymond Queneau, che si interessò di chimica, fisica, scienze naturali e astronomia, ma non solo: "I suoi appunti testimoniano la precisione dei riferimenti scientifici agli elementi chimici, alla zoologia, alla geologia, alla tecnica e alle macchine". Secondo Zanarini, un Lucrezio del XX secolo, autore nel 1950 del poema scientifico Petite cosmogonie portative (Piccola cosmogonia portatile). In Queneau convivono amore per la poesia e passione per la scienza, di cui fu sempre "vorace lettore".

Da Queneau a Rodari, che formò intere generazioni di bambine e bambini riuscendo ad avvicinarli a temi scientifici anche complessi, attraverso un'intensa e attenta attività di divulgazione culturale e scientifica, con l'obiettivo di stimolare la partecipazione e il senso di responsabilità individuale. Quali le poesie più significative in tal senso? "Nel pensiero di Gianni Rodari, la scienza non è soltanto un modo per conoscere il mondo. È la creazione di strumenti concettuali per contribuire a cambiarlo, il mondo, a renderlo migliore - commenta Zanarini -Vediamo soltanto un piccolo esempio. Il poeta, sull'onda delle nascenti esplorazioni spaziali, invita i suoi giovani lettori a spingere lo sguardo nella profondità del cielo, al di là degli astri che hanno un nome, che figurano negli atlanti. Infinite altre stelle, senza nome e senza importanza, contribuiscono però, umilmente, a rendere meno buia la notte.

I nomi delle stelle sono belli: / Sirio, Andromeda, l’Orsa, i due Gemelli. / Chi mai potrebbe dirli tutti in fila? / Son più di cento volte centomila. [...] / E in fondo al cielo, non so dove e come, / c’è un milione di stelle senza nome: / stelle comuni, nessuno le cura,/ ma per loro la notte è meno scura.

Con grande finezza, Rodari lascia qui ai lettori il compito di interpretare il racconto in chiave metaforica, il compito di rivolgere verso la Terra lo sguardo incantato dalla bellezza del cielo e di ricordarsi di tutte le persone che non hanno un nome, che non figurano nei titoli dei giornali o nei libri di storia, ma che contribuiscono a illuminare la vita di tutti. Le sue fiabe e le sue filastrocche, dunque, non sono puri divertimenti, non sono soltanto esercizi di fantasia: vogliono anche stimolare uno sguardo diverso sul mondo, per vedere tutto ciò che c’è da cambiare, per coglierne l’importanza e l’urgenza, per rimboccarsi le maniche".

In principio la Terra era tutta sbagliata, / renderla più abitabile fu una bella faticata. [...] / C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare, / e agli errori più grossi si poté rimediare. / Da correggere, però, ne restano ancora tanti: / rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti! 

Fare domande e stupirsi, quotidianamente, in compagnia di un'emozione potente che attraversa ogni verso, quella gioia di scrivere che dà il titolo sia a una poesia che a una corposa antologia, pubblicata nel 2009 da Adelphi, che la contiene "tutta", a partire dal 1945. Anche Wisława Szymborska incontra la scienza e ci parla di stelle, stupore (per lei "quasi un dovere morale"), tempo e vita, uno "spettacolo senza prove", unica e sola rappresentazione. 

"Lo stupore davanti al mondo è certamente anche all’origine della scienza, eppure a volte sembra essersi perduto per strada. E lo stupore, la meraviglia - nella scienza come nella vita quotidiana - sono al centro dell'opera poetica di Wisława Szymborska. Fino a farle dire, in alcuni versi famosi, "Ieri mi sono comportata male nel cosmo, / ho passato tutto il giorno senza fare domande, / senza stupirmi di niente". Uno stupore che, nella scienza, sembra mancare, come pure la fantasia: si festeggia, per esempio, la scoperta di una nuova stella conversando "soprattutto di temi locali / masticando noccioline". Stupore e fantasia che sono state invece all'origine delle più feconde idee scientifiche. e che ritroviamo soltanto nella scienza dei bambini, nei loro esperimenti con un mondo popolato di oggetti con una propria volontà, con un irresistibile desiderio di volare..."

È interessante, / quale movimento sceglieranno / quando ormai vacilleranno sul bordo: / un viaggio lungo il soffitto? / un volo intorno alla lampada? / un salto sul davanzale e di lì sull’albero?

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012