CULTURA

Fotografi e scienziati "sulle tracce dei ghiacciai"

Il ghiacciaio di Planpincieux, sul versante italiano del massiccio del Monte Bianco, accelera lo slittamento, l’attenzione resta altissima. Recentemente, il rapporto Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) ha sottolineato l’urgenza di adottare politiche immediate ed efficaci per contrastare il cambiamento climatico, puntando l’attenzione sulla drastica e inesorabile riduzione di ghiacciai, copertura nevosa e permafrost e prevedendo la perdita di oltre l’80% della massa attuale dei piccoli ghiacciai di Europa, Africa dell’Est, Ande tropicali e Indonesia da qui al 2100. Ora, se i dati non dovessero colpirvi forse lo faranno le immagini di Sulle tracce dei ghiacciai, progetto fotografico-scientifico diretto da Fabiano Ventura, fotografo paesaggista specializzato in tematiche ambientali, in mostra alla Galleria civica di Bassano del Grappa fino al 17 febbraio, che si inserisce perfettamente in questo quadro di emergenza fornendo ulteriori strumenti per l'approfondimento e la comprensione.

L’esposizione ripercorre cinque spedizioni, già concluse - guidate da Ventura e compiute insieme a un team di fotografi, film-maker e ricercatori del comitato scientifico internazionale coordinato dal professor Claudio Smiraglia, esperto glaciologo dell’università Statale di Milano - e si chiude con il racconto della sesta sulle Alpi suddivisa in due fasi: documentando la prima fase, compiuta nell'estate 2019 su Monte Bianco, Monte Rosa e Bernina, e annunciando la seconda del 2020. 

In dieci anni di spedizioni in tutto il mondo sono state effettuate misurazioni glaciologiche e sono stati realizzati precisi confronti tra immagini storiche e scatti contemporanei: le fotografie, esposte in coppia, sono perfettamente sovrapponibili e permettono all'osservatore di viaggiare nel tempo, in alcuni casi compiendo vertiginosi salti di oltre cent'anni. Attraverso il confronto diretto tra immagini realizzate dai fotografi esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900 e foto scattate ai nostri giorni, dallo stesso punto d’osservazione e nel medesimo periodo dell’anno, l'allestimento offre un prima e un dopo, facendo emergere un senso di urgenza per la salvaguardia dei ghiacciai, indicatori della salute del pianeta.

Il progetto inizia nel 2009 con la missione in Karakorum, in occasione del centesimo anniversario della spedizione del Duca degli Abruzzi. Nel 2011 è la volta del Caucaso, dal versante georgiano, alla scoperta di una regione incontaminata caratterizzata da vette comprese tra i 3000 e i 5000 metri; è del 2013 la spedizione in Alaska, dove 28 confronti fotografici e 6 panoramiche ad alta definizione hanno dimostrato come, in poco più di 100 anni, il Johns Hopkins e il Grand Pacific Glacier siano arretrati di oltre 15 km e il Reid di circa 3,5 km.

Nel 2016, nel mese di febbraio, il gruppo raggiunge la Terra del Fuoco e le Ande della Patagonia e ci resta per oltre due mesi: poco dopo, a marzo, avviene l'incontro con un team di ingegneri e geologi per portare a termine l’attività scientifica e la verifica di nuovi metodi e tecniche per la realizzazione dei modelli tridimensionali delle fronti glaciali nell’ambito del progetto GlacioVar, sostenuto dal Daras-Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel 2018 la quinta spedizione è sull'Himalaya, nel versante nepalese del Kangchenjunga, nel versante nord dell’Everest e del Cho Oyu, rispettivamente la terza, la prima e la sesta montagna più alta della Terra: in Nepal il team si è messo sulle tracce della spedizione del 1899 dell‘inglese Douglas William Freshfield, alla quale partecipò anche il fotografo Vittorio Sella, in Tibet su quelle di George Mallory e Edward Oliver Wheeler, protagonisti delle prime spedizioni esplorative inglesi del monte Everest. Partendo dallo studio delle foto storiche presenti negli archivi fotografici della Fondazione Sella a Biella e del Museo nazionale della montagna Duca degli Abruzzi, della Galleria d’Arte Moderna e del Comitato glaciologico italiano, a Torino, nel 2020, l'ultima missione sulle Alpi italiane, francesi e svizzere chiuderà l'ambizioso progetto, presentando infine un vera e propria mappatura delle trasformazioni dei ghiacciai del mondo.

Le trasformazioni sono evidenti. Qui, è il caso di dirlo, una immagine vale più di mille parole. Una fotografia del 1884 di Mor von Dechy viene messa a confronto con quella del ghiacciaio Tvuiberi, nel Caucaso georgiano, realizzata 127 anni dopo, nel 2011, da Fabiano Ventura. Al posto della fronte del ghiacciaio, ritirato di oltre 4 km, compare una fitta foresta. Restando nel Caucaso, due immagini raccontano il prima e il dopo del ghiacciaio Adishi in Soanezia e anche qui la foto storica del 1884 di Mor von Dechy viene messa a confronto con quella di Ventura del 2011 (nella gallery qui sopra): l'immagine recente mostra il collasso dell'intera superficie della fronte del ghiacciaio. 

Nel 2016 si compie la spedizione sulle Ande, il ghiacciaio Upsala nel Parco nazionale Los Glaciares viene fotografato nuovamente: sono passati 85 anni dalla fotografia realizzata nel 1931 da Alberto Maria De Agostini, che immortalava il ghiacciaio e la catena di confine tra Cile e Argentina, ora, nello scatto di Ventura, il ghiacciaio si è ritirato di 15 km, la valle ripresa è lunga 90 km e larga più di 10 (nella foto di copertina). E ancora, in Himalaya, il settore inferiore della lingua del ghiacciaio Gyabrag viene fotografato nel 1921 e poi nel 2018: nello scatto recente si vede un grande lago proglaciale che invece non era presente all'inizio del XX secolo. Si notano inoltre la riduzione generale di spessore del ghiacciaio e l'ampliamento della copertura detritica. 

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