CULTURA

Galileo e Padova: 18 anni incredibili. 1604, Dialogo di Cecco Ronchitti

La risposta al Lorenzini non si fece attendere. Sei settimane dopo l’edizione del Discorso intorno alla nuova stella veniva infatti pubblicato a Padova un breve opuscolo dal titolo Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito della Stella Nuova. Scritto in dialetto pavano, il dialogo ha come protagonisti due contadini, Natale e Matteo: il primo riporta le opinioni di un “letterato da Padova” (il Lorenzini) e l’altro le mette in berlina utilizzando argomentazioni di chiara ispirazione galileiana esposte in modo semplice e con esempi tratti dalla quotidianità.  È ormai assodato che lo pseudonimo Cecco Ronchitti da Bruzene sia stato utilizzato da Galileo e da Girolamo Spinelli, un giovane monaco benedettino che frequentava la cerchia galileiana. Di questa cerchia facevano parte intellettuali e uomini di chiesa, tra i quali il canonico Antonio Querengo a cui è dedicato il dialogo, che avevano in comune non solo l’interesse per i nuovi sviluppi della scienza ma anche la passione per il dialetto pavano e per il suo grande mentore, il Ruzzante (alias Angelo Beolco). E in linea col Beolco è non solo la scelta del dialetto pavano ma anche quella dei personaggi rustici che dimostrano come il buon senso snaturale possa averla vinta sulla cultura libresca.  

Il Dialogo, percorso da una continua vena di ironia particolarmente perspicua nell’originale in dialetto, inizia con lo scambio di battute tra Natale e Matteo sulla presunta correlazione tra la siccità delle campagne e l’apparizione della nuova stella. Ma se è veramente una stella, afferma Matteo, “essendo tanto lontana” sarà difficile provare che sia “lei che non lascia piovere”. Natale allora osserva che un letterato padovano sostiene in un suo “librazzuolo” che la nova si trova in realtà nella regione sublunare. Al che Matteo domanda se l’autore dello scritto sia esperto di misure e saputo che “l’è Filuorico” (cioè filosofo), reagisce sdegnato chiedendosi “che ha che fare la sua filosofia col misurare?”: sono i matematici che misurano e a loro bisogna rivolgersi. 

Già, risponde Natale, anche il letterato dice che i matematici fanno misure ma non capiscono nulla, perché dalle loro misure hanno dedotto che la stella sia molto lontana e questo implica una inammissibile generazione e corruzione del Cielo. Ma questo non deve interessare ai matematici, risponde Matteo piccato, perché loro si occupano del misurare e non dell’essenza o della sostanza degli enti che misurano: se anche la stella fosse di polenta non di meno essi potrebbero prenderla di mira! (Se’l foesse an de Polenta, no poraegi ne pì, ne manco tuorlo de smira? mo el me fà ben da rire, con ste suò sbagiaffarì). I lettori del Dialogo sono quindi avvertiti: la controversia sulla Stella non riguarda il mero perimetro dell’osservazione astronomica ma coinvolge il nucleo delle credenze consolidate della tradizione filosofica.

Quinto episodio del format Galileo e Padova: 18 anni incredibili, un'idea di Pietro Greco, di e con Giulio Peruzzi, riprese e montaggio di Elisa Speronello

E proprio queste credenze vengono criticate e dileggiate nelle pagine seguenti del Dialogo. La linea del ragionamento è la seguente. Certo, sostiene Matteo, non è possibile per ora dimostrare che la nuova stella sia davvero una stella come tutte le altre, ma allo stesso tempo si possono fare una serie di congetture. Per esempio, siccome non è possibile “che tutte le stelle che sono in Cielo le si possano vedere” (un richiamo alle tesi di Giordano Bruno), alcune di queste avrebbero potuto fondersi per dar luogo a una nuova stella visibile, oppure la nova potrebbe essersi formata nell’aria e poi essersi alzata nel Cielo. D’altra parte, anche se questa stella sembra singolare data la repentinità della sua apparizione che fa pensare a una sua prossima sparizione, chi mai può sostenere che anche le Stelle non siano, come la Terra, soggette a mutamenti lenti, apparentemente impercepibili ma non per questo inesistenti? Tutti argomenti che hanno alla base l’unità della fisica dell’Universo, senza distinzione tra Terra e Cielo. Natale prova a controbattere a questa serie di riflessioni citando ancora il librazzuolo dove si dice che secondo Aristotele aggiungendosi una stella in Cielo questo non potrebbe più muoversi. E Matteo di rimando esclama “Cancaro, l’hà bio torto sta stella, a deroinare così la filuoria de questoro. s’a foesse, in iggi a farae cetarla denanzo al Poestò” per essere la causa della fermata del Cielo. Ma, aggiunge subito dopo, che in fondo questo sarebbe un piccolo male, perché ci sono parecchi (“ed anco di buoni”) che credono che il Cielo non si muova affatto. Il chiaro riferimento ai copernicani appare esplicitato nella rubrica a margine dell’edizione padovana del dialogo.

Ce n’era abbastanza perché Galilei preferisse stampare il dialogo sotto pseudonimo, cosa comunque comune per l’epoca. Ma qui le questioni erano assai delicate e avevano già cominciato a agitare i poteri consolidati dentro e fuori l’accademia.

Il Dialogo prosegue prendendo in giro le parti del librazzuolo del letterato-filosofo che trattano delle questioni tecniche della geometria astronomica, prima fra tutte la definizione e l’uso della parallasse, e la visione tradizionale della luna e della “Grassalia” (la via Lattea). E si conclude con una serie di divertenti affermazioni sulla parte dell’astrologia giudiziaria che potrebbero ben applicarsi anche ai molti maghi e astrologi dei nostri giorni.

Il Dialogo di Cecco, insomma, è un piccolo capolavoro concepito in una fase particolarmente cruciale dell’opera galileiana. Un primo esercizio, tra l’altro, di quella modalità espositiva che sarà utilizzata da Galileo nei suoi grandi capolavori della maturità.


GALILEO E PADOVA: 18 ANNI INCREDIBILI

  1. Gli anni della formazione
  2. Il contesto
  3. Galileo artigiano/ingegnere
  4. La Stella Nuova
  5. Dialogo di Cecco Ronchitti
  6. La legge di caduta dei gravi
  7. Cannocchiale e Sidereus Nuncius
  8. Moti locali e copernicanesimo

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