CULTURA
Galileo e Padova: 18 anni incredibili. 1604-1608, la legge di caduta dei gravi
La fisica dei moti locali, di questo è convinto Galileo, può aiutare a orientarsi nelle discussioni dei moti celesti, dando solidità alla proposta copernicana. Un passo avanti verso la costruzione della fisica per il copernicanesimo che, tra il 1607 e il 1608, si sostanzia anche nella scoperta galileiana della legge del moto dei proiettili, che comparirà a stampa solo nel Dialogo del 1632 e ancora, con ulteriori elaborazioni e migliorie, nei Discorsi del 1638.
È legittimo domandarsi il perché di questo grande lasso di tempo che intercorre tra la scoperta e la pubblicazione sia della legge di caduta dei gravi (che dice che gli spazi percorsi dal punto in cui inizia la caduta sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerli elevati alla seconda potenza), sia della legge del moto dei proiettili (secondo la quale questi compiono un moto parabolico).
Sesto episodio del format Galileo e Padova: 18 anni incredibili, un'idea di Pietro Greco, di e con Giulio Peruzzi, riprese e montaggio di Elisa Speronello
In primo luogo, i risultati galileiani rivoluzionavano la stragrande maggioranza delle concezioni dell’epoca relative alla scienza del moto, frutto di una consolidata tradizione plurisecolare. In essi, con un lavoro teorico e sperimentale non facile, si facevano emergere le moderne nozioni di velocità istantanea e di accelerazione uniforme, si introducevano sistematicamente processi di estrapolazione, per cui per esempio il moto di caduta libera era il limite del moto di caduta su un piano inclinato quando si faceva crescere l’inclinazione fino alla verticale, e viceversa l’irrilevanza della distinzione tra quiete e moto era sperimentalmente indagata studiando il moto su piani via via sempre meno inclinati. Inoltre, si superava la distinzione aristotelica tra moti naturali (quelli in linea retta che riportano il corpo nel suo luogo naturale) e violenti (non in linea retta, come nel caso di un sasso lanciato da una fionda o una freccia scagliata da un arco): la traiettoria percorsa da un corpo lanciato era una parabola che risultava dalla composizione di un moto a velocità costante (orizzontale) e di un moto uniformemente accelerato (verticale). La prassi di comporre moti diversi, utilizzata da millenni per le traiettorie circolari nell’ambito della descrizione matematica dei moti dei corpi celesti, trovava qui la prima applicazione ai moti del mondo sublunare, prova ulteriore dell’unità tra fisica sublunare e fisica celeste.
La seconda ragione delle difficoltà incontrate da Galileo nella dimostrazione delle leggi del moto avevano che fare con la matematica disponibile all’epoca, essenzialmente basata, come si legge in una nota pagina de Il Saggiatore del 1623 [Il libro della natura è scritto in linguaggio matematico], su figure geometriche (come cerchi e triangoli), sulle similitudini e sulle proporzioni, che era ben poca cosa rispetto al calcolo introdotto da Leibniz e Newton quasi un secolo dopo. Trattare con questi strumenti matematici nozioni come la velocità istantanea, era davvero impresa di non poco conto.
GALILEO E PADOVA: 18 ANNI INCREDIBILI