SOCIETÀ

Gender gap e informazione

La discriminazione delle donne "non solo è ingiusta e immorale, ma miope". Lo ha ribadito il premier Draghi che al "Women Leaders Political Summit 2021" lo scorso giugno ha promesso nuovi investimenti per le donne, per "assicurare le parità di condizioni nel mercato del lavoro, colmare il divario di retribuzione tra i generi e aumentare il numero delle donne in posizioni di responsabilità".  Con un punteggio di 63 punti su 100, l’Italia è al 14° posto nell’Unione europea (UE) nell’indice sull’uguaglianza di genere stilato dall’ Gender Equality Index e di strada ne ha ancora da fare.

In Italia, le discriminazioni di genere rappresentano Italia una realtà che coinvolge in modo più o meno profondo ogni ambito sociale e non fa eccezione nemmeno quello dell’informazione. Era il 1995 quando nella IV Conferenza mondiale sulle donne che si tenne a Pechino, l’ONU incluse i media fra i dodici settori decisivi per il miglioramento della condizione femminile. Secondo la Commissione pari opportunità della Federazione nazionale della stampa italiana, la situazione nel nostro Paese oggi è preoccupante. Le giornaliste sono sempre di meno e l’anno di pandemia ha contribuito notevolmente a penalizzare la loro presenza fuori e dentro le redazioni. In generale le donne dell’informazione rappresentano il 18% in meno nell'occupazione regolare del settore rispetto ai colleghi maschi, il 15% in meno nel precariato. Le professioniste del mondo dell’informazione, inoltre, sono anche pagate di meno: secondo i dati forniti dall’Inpgi (istituto nazionale di previdenza dei giornalisti), nell'occupazione regolare, ricevono il 18% in meno: la retribuzione media è infatti pari a 53.078 euro contro 64.770 euro dei colleghi maschi. Anche nell'occupazione freelance o precaria le retribuzioni medie sono molto più basse e il gender pay gap nella libera professione è del 15,3%. Guadagnano di più, invece, tra i cococo dove la retribuzione media è di 9.236 euro per le donne, e 8.697 euro per gli uomini. E anche con le pensioni non va meglio; le donne guadagnano di media il 26% in meno dei colleghi.

Meera Selva, direttrice Journalist Fellowship Programme

Meno pagate e anche meno presenti. Non solo in Italia. Il recente Digital News Report 2020 del Reuters Institute di Oxford che ha analizzato la ripartizione di genere dei giornalisti con ruoli apicali in un campione di 200 tra i principali organi di informazione online e offline in dieci diversi mercati su quattro continenti, parla di caratteristiche molto simili, nel mondo, riguardo la situazione delle donne nel settore dell'informazione.

Anche  il nostro Paese conferma il trend europeo relativo alla maggiore presenza degli uomini nel mondo della stampa. L’informazione è sempre più dominata dai giornalisti e da commentatori uomini, che spendono la maggior parte del proprio tempo scrivendo di altri uomini. Lo riscontra una nuova indagine giornalistica a cura del network dell’Osservatorio europeo di giornalismo che ha analizzato le firme degli autori degli articoli e le immagini scelte per  accompagnarle, rilevando che, sia online che su carta e in quasi tutti i Paesi presi in esame (11), gli uomini scrivono ancora la maggior parte dei contenuti di news, business e opinione e hanno scritto il 41% delle storie, in confronto al 23% scritto dalle donne.

L’Italia, assieme alla Germania, risulta essere il Paese che ha mostrato la maggiore disparità di genere nelle firme: il 63% delle firme (la percentuale più alta in tutti gli 11 Paesi) appartiene a uomini e solo il 21% a donne. Per quanto riguarda le foto, il 42% ritrae uomini, e solo il 12% donne.

Una situazione che si riflette anche ai vertici dove le donne (dati Inpgi 2017) ricoprono il ruolo di direttrice solo nel 20% delle testate, sono caporedattrici per il 30% e caposervizio nel 38% dei casi.

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