CULTURA

L'arte oltre il muro

La caduta del muro di Berlino non ha avuto conseguenze solo nella storia politica ed economica tedesca, europea e mondiale, ma è stato un evento che ha sconvolto la coscienza di chi viveva in quegli anni e che ha ispirato gli artisti, i musicisti e gli intellettuali dell'epoca. Per quasi 30 anni c'era stato un muro a dividere in due la capitale tedesca, e poi un giorno non c'era più. Era senza dubbio un momento che andava celebrato, un episodio che faceva la storia e che restituiva a molti la speranza.

La testimonianza artistica più famosa a celebrazione della pace e della fine della divisione è sicuramente la East Side Gallery, la più grande galleria d'arte a cielo aperto del mondo. Nel 1990, poco dopo la caduta del muro, oltre 100 artisti furono invitati a dare il loro contributo per trasformare quel pezzo di muro ancora in piedi in un memoriale alla pace, contro gli orrori della guerra e della separazione. La parte del muro che è rimasta in piedi è lunga 1,3 km ed è diventata una delle mete turistiche più gettonate di Berlino. Ma non solo. La East Side Gallery non è solo una passeggiata accanto a una lunga serie di murales, ma si tratta anche di un simbolo di rinascita e di trionfo dell'arte, l'unica che fosse capace di trasformare quella barriera in una tela su cui dipingere messaggi di speranza. Gli artisti che hanno partecipato, dando il loro contributo a un'opera così importante non sono solo tedeschi. Passeggiando lungo il muro si trovano artisti americani, portoghesi, francesi. Questo a testimonianza che non era necessario essere tedeschi per essere coinvolti in quell'atmosfera di pace e di liberazione che si respirava, perché il bisogno di assaporare un nuovo inizio era qualcosa che andava oltre la nazionalità di origine.

Libertà, pace e denuncia agli orrori della guerra. Sono questi i temi principali affrontati dagli artisti che hanno partecipato a uno dei monumenti più emozionanti d'Europa. Dopo quasi 30 anni, le loro idee sono ancora lì, il loro messaggio di speranza resiste al vandalismo, alle intemperie, e allo sviluppo urbanistico.

La distruzione del muro è la metafora della libertà, del progresso, di un'incomunicabilità che viene finalmente superata, un momento di pace, di apertura, che porta a una “dissoluzione dei confini” non solo tra Stati, ma anche tra generi letterari, come scrive in un articolo il professor Heribert Tommek dell'università di Regensburg. Il 9 novembre del 1989 lascia un segno anche negli scrittori del tempo, influenzandone il lavoro e contribuendo alla nascita della pop-literatur, il genere letterario tedesco che prende piede nella Germania del Novecento.

Le vicende avvenute durante gli anni del muro diventano le principali fonti di ispirazione per la narrativa, il che permise agli autori della vecchia e nuova generazione di scrivere dei problemi della divisione e delle conseguenze della riunificazione da punti di vista differenti. Gli autori più anziani, che avevano potuto assistere a tutta la vicenda della separazione della nazione e della riunificazione, come Christa Wolf, si concentravano su una riflessione di più ampio raggio che prendeva in considerazione gli avvenimenti degli anni precedenti; gli autori della generazione successiva, invece, i protagonisti della pop-literatur, scrivevano della mercificazione della società, dei mass media, sentivano il bisogno di cercare la propria identità e inquadrare i problemi del loro Paese in quel momento storico, come testimonia il loro manifesto, Tristesse royale. Das popkulturelle Quintett (Tristezza reale. Il quintetto pop-culturale), scritto nel 1999 da Christian Kracht, Benjamin Stuckrad-Barre, Joachim Bessing, Alexander von Schönburg e Eckhart Nickel.

Un elemento ricorrente nella letteratura dell'epoca è la cosiddetta Ostalgie, termine che unisce il punto cardinale Ost (est, in tedesco) e la parola Nostalgie; si tratta di un'espressione carica di significati politici, culturali e non solo, che si riferisce allo shock sociale che alcuni si ritrovarono a vivere una volta caduto il muro. Non descriveva propriamente la nostalgia per il vecchio assetto governativo, ma piuttosto un senso di smarrimento e di incertezza dovuto a un mondo che si era capovolto radicalmente da un momento all'altro; un sentimento che si rivela per la prima volta nella breve poesia di Volker Braun, Das Eigentum (La proprietà, 1990).


La proprietà

Io sono ancora qui: il mio paese va a Ovest.
GUERRA AI TUGURI PACE AI PALAZZI.
Del resto un calcio gliel’ho dato anch’io.
Si butta via coi suoi modesti vanti.
Dopo l’inverno l’estate della brama.
E allora posso andare in malora dove sono.
E tutto il mio testo diventa oscuro
e quello che non ho mai avuto mi viene tolto.
Di quello che non ho vissuto sentirò sempre la mancanza.
La speranza ingabbiava il cammino.
La mia proprietà ora è nelle vostre grinfie.
Quando tornerò a dire mio e a intendere ognuno?

(traduzione di Anna Chiarloni e Giorgio Luzzi in: Volker Braun, La sponda occidentale, Donzelli 2009)


La caduta del muro di Berlino produsse quindi un panorama culturale variegato, complesso e ricco di punti di vista, all'interno del quale entrarono a far parte voci diverse, non solo in Germania. Questo evento era desinato ad avere una risonanza internazionale anche per quanto riguarda la produzione artistica e musicale dell'epoca.

Erano molte, infatti, le canzoni che in quegli anni vennero dedicate prima al muro e poi alla sua caduta. Veri e propri inni alla libertà, in chiave di rock e non solo, cantati da artisti come Leonard Cohen, Peter Gabriel, U2 e Lou Reed. D'altronde, come poteva un evento di questa portata non contribuire a scrivere la storia della musica? I Pink Floyd, per esempio, ricordando la caduta del muro scrissero A great day for freedom, un pezzo che descriveva appieno la gioia (seppur momentanea) per la riunificazione e le grandi aspettative per quello che riservava il futuro.

On the day the wall came down / They threw the locks onto the ground / And with glasses high we raised a cry / for freedom had arrived “Il giorno in cui cadde il muro gettarono i lucchetti a terra, e con i bicchieri alzati lanciammo un urlo perché la libertà era arrivata”, A great day for freedom, Pink Floyd (The Division Bell, 1994)

>> SPECIALE 1989

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