CULTURA

Leonardo da Vinci, il "detective" geniale

Leonardo da Vinci come non vi è stato mai raccontato, come non l’avete mai immaginato. Marco Malvaldi, scrittore e chimico pisano, classe 1974, già autore dei sette fortunati volumi dedicati ai “vecchietti del Barlume” divenuti nel 2013 una serie televisiva, sceglie ora di far indossare al genio fiorentino gli abiti insoliti e quasi cinematografici del detective. La misura dell’uomo (Giunti) è in libreria dal novembre scorso e si inserisce perfettamente nel quadro delle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci.

È l’autunno del 1493. Su pressione di Ludovico il Moro, duca di Bari e signore di Milano, spazientito per il ritardo con cui procede il progetto della statua equestre in memoria del padre Francesco Sforza che gli ha commissionato, Leonardo si trova costretto a indagare sulla misteriosa morte di un uomo, Rambaldo Chiti, trovato senza vita in una corte del castello di Milano. La storia procede per scene che si legano una con l’altra grazie all'utilizzo di parole chiave sistemate con cura nei dialoghi di chiusura e di apertura, attraversando saloni, mercati, botteghe e palazzi popolati di intrighi e personaggi, forse troppi ma tutti opportunamente “schedati” nelle prime pagine del libro e quindi rintracciabili dal lettore in qualsiasi momento.

 

"Messer Leonardo è un genio, non trovate anche voi?" [...] “Credo che non ci sia cosa impossibile per messer Leonardo da Vinci”

“Accostarsi a una figura come Leonardo, e arrogarsi il diritto di descrivere i suoi pensieri, richiede una certa dose di faccia di bronzo. Non lo avrei mai fatto, di mia iniziativa, ma adesso non posso che essere contento […] Questo è un romanzo, e anche se molti fatti storici che vengono narrati sono accertati, le relazioni tra questi fatti non è detto che lo siano […] credo che, nello scrivere un libro con il genio di Vinci come protagonista, non usare la fantasia sarebbe stato, oltre che sbagliato, poco rispettoso nei suoi confronti”.

In questo senso, tra verità e interpretazione creativa del suo pensiero, si collocano le belle pagine che descrivono la liberazione di due rossignoli (pagine 124 e 125), comprati in gabbia al mercato degli animali e lasciati volare via dallo stesso Leonardo: “Ho reso la libertà a una coppia di rossignuoli, e ho potuto osservare ed esperire tutto ciò che ne è derivato. La loro felicità, la mia felicità, il vostro stupore (riferendosi a Giacomo Trotti, ambasciatore del duca di Ferrara, Ercole I d'Este, ndr). In tale situazione, in cui i pensieri si voltano alla speranza, ho trasformato il pensiero in volo, quasi io fossi Dio onnipotente. Vi par nulla?”

“Il pollice scorse lungo la coscia del cavallo, là dove il muscolo diventava tendine e spariva alla vista. Dietro al pollice, a mezzo metro, Leonardo, calmo e concentrato”

Malvaldi gioca (spinge, azzarda) con la lingua, la scienza, la storia, il mistero, l’ironia. Lo fa con gusto e tenendo il lettore agganciato a quasi 300 pagine, frutto di una attenta ricerca storica e di una vivace fantasia. Dove finisce la realtà, dove inizia l’invenzione? È lo stesso autore a spiegarlo, invitando a lasciarsi andare, a volte convincere senza opporre resistenza, a non aspettarsi le risposte di un libro di storia: “Cercare di scrivere, da storico, un libro privo di errori su Leonardo da Vinci sarebbe pretenzioso. Credere di poterlo fare da romanziere, con in tasca una laurea in chimica, sarebbe stato delirante. Non dubito, quindi, che in questo libro siano presenti parecchi errori, sia a livello storico che a livello artistico e che prima o poi verranno individuati. Alcuni aspetti che, però, potrebbero sembrare curiosi o inverosimili sono invece storicamente accertati”.

Prima verità: già alla fine del Quattrocento Milano doveva gestire il problema del traffico causato da carrette guidate esclusivamente da signore. Ed è vero anche che Leonardo non portò mai a termine la statua equestre di cui tanto si parla nel romanzo. È vera la storia dei falsari de Pesserer e Crancz, “rilasciati dopo essere stati riconosciuti come alchimisti”. La convivenza di Leonardo con la madre è invece da ritenersi verosimile: in un appunto datato 1493 Leonardo annota Caterina venne a dì 16 di luglio 1493 e un pezzo di carta del 1494 fa rifermento “alle spese per la sotterratura di Caterina ammontati a centoventitré soldi, cioè sei lire imperiali, o se preferite un ducato circa – una cifra non indifferente per l’epoca, per un funerale, difficilmente giustificabile per una domestica. Così come è curioso che nella nota sull’arrivo della Caterina sia assente la formula a stare meco che invece accompagnava gli arrivi degli allievi, dal Salaì a Giulio Tedesco. Vari studiosi, tra cui Luca Beltrami, concordano con questa ipotesi”. Tra passato reale e immaginato, e un taccuino segreto sotto la tunica e tra le pagine, quel che viene offerto al lettore è un romanzo originale e godibile. Dunque, buona lettura.

"E tu non puoi venire a capo di questa faccenda, senza Leonardo. La distanza tra Milano e Firenze è troppa per fare da solo e senza le informazioni che lui ha già"

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