SCIENZA E RICERCA

Pescatori del Mediterraneo: il loro "sguardo" su alcuni comportamenti di squali e razze

Il Mediterraneo ha una lunga storia di pesca che, insieme ad altri impatti antropici, ha portato al declino di molti organismi marini. Le popolazioni di elasmobranchi (squali e razze) sono state fortemente colpite e questo ha determinato, nel tempo, drastiche diminuzioni dell'abbondanza e della diversità delle specie. Ma oggi i pescatori si mostrano interessati e aperti alla collaborazione e alla condivisione di esperienze e saperi in un'ottica di scambio e confronto con i ricercatori: sono loro infatti a fornire, sempre più spesso, informazioni preziose relative alla presenza di specie marine, all'abbondanza e ai tratti comportamentali, contribuendo allo studio di aspetti biologici poco esplorati di specie elusive o rare di elasmobranchi.

The use of fishers’ Local Ecological Knowledge to reconstruct fish behavioural traits and fishers’ perception of the conservation relevance of elasmobranchs in the Mediterranean Sea.

Un recente paper ha preso in considerazione la cosiddetta "conoscenza ecologica locale" di circa duecento pescatori da Spagna, Grecia, Italia, Tunisia per indagare alcuni comportamenti di squali e razze in dodici sotto-aree geografiche del Mediterraneo, ricavando nuove informazioni e confrontandole con la letteratura disponibile. 

Montaggio: Elisa Speronello

La Local ecological knowledge si può rivelare uno strumento utile in uno scenario povero di dati. Inoltre, l'inclusione e la valutazione delle percezioni dei pescatori possono fornire indicazioni importanti per gli interventi di conservazione. Matteo Barbato, dottorando del dipartimento di Biologia dell’università di Padova, si occupa di ecologia e conservazione degli elasmobranchi: è lui il primo autore del paper, basato sui risultati di interviste fatte ai pescatori del Mediterraneo, che ha coinvolto diversi ricercatori ed enti a livello internazionale: una grande prova, "un bellissimo sforzo di cooperazione scientifica".

"Si tratta di un recupero delle conoscenze locali, in particolare di quelle ecologiche dei pescatori professionisti per quanto riguarda aspetti comportamentali di squali e razze - spiega Barbato -. I movimenti e le migrazioni stagionali, i fenomeni di aggregazione sono eventi difficili da studiare e monitorare con le metodologie classiche basate sulla raccolta dei dati. Grazie alla collaborazione dei pescatori siamo riusciti a confrontare le loro conoscenze con la letteratura pubblicata e a ottenere nuovi risultati a livello spaziale e relativi a movimenti che fino ad oggi non si conoscevano".

"Ci siamo resi conto che le conoscenze del pescatore sono legate all'area dove quest'ultimo opera, più che all'esperienza. E questa dà ancora più valore a queste conoscenze". Le interviste hanno inoltre fornito informazioni relative al numero, alle dimensioni, al sesso degli individui che formano una aggregazione.

"Abbiamo chiesto inoltre il parere dei pescatori in relazione all'importanza della conservazione di squali e razze: il 74% degli intervistati si è detto a favore della conservazione, dimostrandosi consapevole: la metà ha fornito anche proposte". Si tratta di un prezioso approccio dal basso per arrivare a testare misure a livello poi più sistematico. 

L'uso di determinati attrezzi da pesca può aver influito sulle risposte fornite dai pescatori? Spiega Barbato: "Ogni attrezzo lavora in maniera differente e ha una sua catturabilità. Detto questo, la conoscenza del pescatore è sempre integrata con l'area in cui opera: per esempio, a Chioggia i pescatori, al di là dell'attrezzo usato, conoscono molto bene i movimenti di alcune specie di squalo - tipo il palombo, lo spinarolo, la razza - e non sempre questa conoscenza è legata all'uso dell'attrezzo. Ovviamente bisogna considerare che le aree dove si opera nel Mediterraneo non sono ampie come quelle oceaniche atlantiche: sono aree ristrette dove la conoscenza locale è fortemente rappresentativa".

Nella ricerca scientifica quanto conta la collaborazione con gli attori locali? "Moltissimo. Spesso i pescatori hanno lunghissime esperienze, trentennali, che sono veri e propri libri non scritti. E spesso la raccolta delle conoscenze locali può sopperire alla mancanza delle statistiche ufficiali di pesca".

Da uno studio come questo quali scenari di ricerca si possono aprire? "Sicuramente può indirizzare altri ricercatori nel calibrare una raccolta dati fatta attraverso questionari. Inoltre può aiutare in altri tipi di raccolta dati con una scala spaziale molto più dettagliata, per capire per esempio in quale momento dell'anno e in quali aree avvengono aggregazioni e movimenti".


Nella serie Adriatico abbiamo parlato di collaborazione tra ricercatori e pescatori della laguna di Venezia. Qui tutti gli episodi.

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