SOCIETÀ

Il picco pandemico e l’immunità di gregge

Il 2021 è iniziato con il più alto numero quotidiano di nuovi casi di Covid-19 mai registrati. Secondo i dati della Johns Hopkins University rielaborati da Our world in data, il picco più alto si è raggiunto l’11 gennaio con circa 740.000 nuovi casi al mondo in un solo giorno. Secondo worldometers invece, l’8 gennaio ce ne sarebbero stati anche di più, 845.000. A distanza di poco più di due settimane si è registrato invece il più alto numero quotidiano di decessi: il 26 gennaio Our world in data ne registra 14.400, per worldometers invece sia il 21 sia il 27 gennaio si sono superate le 17.000 morti nel mondo.

Come si vede dai grafici, per tutto il mese di febbraio i nuovi casi e i decessi sono calati progressivamente. Nuove restrizioni e l’inizio della campagna vaccinale hanno sortito gli effetti sperati sulla diffusione del contagio. L’auspicio di molti è che il peggio ce lo siamo lasciati alle spalle: il picco pandemico è stato superato. Ma bisogna fare attenzione a non cantare vittoria troppo presto: da inizio marzo la curva dei contagi e quella dei decessi sono tornate a salire con un’inclinazione tutt’altro che rassicurante.

La risalita della curva dei contagi dipende dal numero di suscettibili che il virus incontra sulla propria strada. Sono suscettibili coloro che non hanno mai contratto il virus, coloro che non sono vaccinati, ma potenzialmente lo sono anche coloro che l’hanno contratto a inizio pandemia ma non sono entrati in contatto con alcune delle nuove varianti, come quella brasiliana.

Manaus ad esempio, in Brasile, è stata tra le città più colpite del Sud America: si stima che tra aprile e ottobre 2020 il 76% della sua popolazione sia stata infettata da Sars-CoV-2. L’immunità sviluppata dai suoi abitanti sembra però non essere stata sufficiente a fermare una seconda violenta ondata provocata dalla variante brasiliana P1: le ospedalizzazioni a Manaus, scrive Nature, a gennaio di quest’anno hanno superato i livelli registrati lo scorso aprile.

Tra le 120 milioni di infezioni registrate in 200 Paesi del mondo da inizio pandemia, la reinfezione viene comunque considerata un fenomeno raro, soprattutto nei primi 5-7 mesi, riporta una recente nota dell'Ecdc (il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie). L'Ecdc tuttavia sottolinea che la variante sudafricana (B.1.351) e quella brasiliana (P1) potrebbero cambiare le carte in tavola.

Un fattore di incertezza sulla ripartenza della curva dei contagi ha infatti a che fare con la disomogeneità con cui sono distribuite nel mondo le varianti più aggressive: quella brasiliana ad esempio non sembra aver colpito gli Stati Uniti e in Italia ad oggi è presente solo al 4%.

Ma disomogenea è anche la distribuzione dei suscettibili. Uno studio di meta-analisi pubblicato su The Lancet Global Health stima che in Paesi come l’India Sars-Cov-2 abbia raggiunto fino al 20% della popolazione, con picchi del 40% in metropoli come Nuova Delhi e Mumbai. Un simile dato potrebbe far sperare che non si vedranno più le quasi 100.000 infezioni giornaliere viste in India lo scorso settembre.

Altre aree invece come il Pacifico occidentale restano largamente suscettibili alle infezioni: qui si stima che solo il 2% della popolazione sia stata raggiunta dal virus. Anche in Europa risulterebbe che solo il 5% della popolazione circa sia stata infettata. I suscettibili dunque sono ancora tanti ed è proprio per questo che è necessaria una rapida e capillare campagna vaccinale.

Ed è anche opportuno che questa sia il più equa possibile. Ad oggi però, il quinto della popolazione mondiale più benestante si è assicurata 6 miliardi di vaccini, di una totale capacità produttiva annua di poco meno di 9 miliardi, secondo una stima del Duke Global Health Innovation Center. 2,5 miliardi di dosi invece sono previsti per i restanti quattro quinti della popolazione mondiale.

Sebbene inizino ad emergere indicazioni sul fatto che i vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna siano in grado di bloccare la trasmissione del virus oltre che proteggere dalla malattia, ci sono molti ostacoli sulla strada che porta all’immunità di gregge globale, che si avrebbe con l’immunizzazione del 60%-70% della popolazione. Un obiettivo realisticamente difficile da raggiungere secondo un commento di Nature.

Tra i vari ostacoli, c’è il rischio di reinfezione con alcune delle nuove varianti (come quella brasiliana o altre che potrebbero emergere). Inoltre sappiamo poco della durata della protezione immunitaria (indotta sia da vaccino sia da guarigione): al momento si pensa essere di almeno 3-4 mesi, ma non si sa quanto duri sul lungo termine, si teme anzi che affievolisca nel tempo. Un altro problema è dato dall’esitazione vaccinale, che rischia di aumentare con una cattiva gestione della comunicazione del rischio, come è accaduto in occasione della vicenda EMA/AstraZeneca. Un ulteriore ostacolo è dato dal fatto che ancora non sono disponibili vaccini per i minorenni, anche se diverse case farmaceutiche hanno iniziato a lavorarci.

Tutte queste difficoltà fanno sì che difficilmente si raggiungerà l’immunità di gregge con le vaccinazioni. Sarà però ugualmente possibile mettere in sicurezza le fasce più vulnerabili della popolazione, ridurre le ospedalizzazioni e i decessi e far tornare la società a respirare all’aria aperta, anche se non si riuscirà ad eradicare del tutto il virus. È molto più verosimile, ritengono numerosi esperti, che Sars-CoV-2 arrivi nel tempo ad esaurire la sua folle corsa (che ad oggi è costata più di 2.800.000 vite umane) diventando un virus endemico, come quello dell’influenza.

Abbiamo un vaccino contro il morbillo da diversi decenni, eppure esistono ancora persone non immunizzate che contraggono questo virus: nel 2019 sono morte oltre 200.000 persone di morbillo. Con COVID-19 potrebbe ricrearsi uno scenario analogo, con la speranza che sempre meno persone perderanno la vita a causa di questo virus e che la maggioranza se la cavi senza dover affollare le corsie degli ospedali.

Anche per questo sarà necessario continuare ad affinare i programmi di sorveglianza e sequenziamento indispensabili per monitorare la diffusione delle varianti e la comparsa di nuovi focolai.

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