SCIENZA E RICERCA
Nuove ipotesi sulla geografia delle popolazioni antiche durante l’Era glaciale
Secondo i risultati di un recente studio, gli esseri umani antichi sono riusciti a sopravvivere durante l’Era glaciale adottando delle strategie di adattamento simili a quelle attuate da alcuni grandi predatori come lupi e orsi. Lo stesso non vale per altri mammiferi che vivevano in Europa all’epoca, che invece hanno reagito in modo diverso ai cambiamenti climatici che hanno caratterizzato il periodo glaciale. La ricerca – condotta da un gruppo di studiosi della Bournemouth University e pubblicata con la prima firma del biologo evoluzionista Oxala García-Rodríguez – mette in discussione una delle tesi più consolidate nell’ambito della paleodemografia: quella secondo la quale gli esseri umani antichi sono sopravvissuti all’Era glaciale migrando verso le aree più temperate dell’Europa meridionale, definite rifugi climatici.
Non è semplice ricostruire la storia demografica degli esseri umani e delle altre specie animali durante l’Era glaciale, quando le temperature globali hanno iniziato ad abbassarsi, rendendo inospitali molte aree del pianeta. Come raccontano su The Conversation due ricercatori – John Stewart e Jeremy Searle – che hanno partecipato allo studio, in questo periodo la Danimarca e il Galles meridionale erano ghiacciate, mentre nell’Europa continentale le temperature erano simili a quelle dell’Alaska o della Siberia di oggi. Per riuscire a sopravvivere a queste difficili condizioni ambientali, i mammiferi che vivevano in queste aree hanno dovuto cambiare progressivamente le loro abitudini. In particolare, durante l'Ultimo massimo glaciale – il periodo compreso tra i 24.000 e i 19.000 anni fa – si sono verificati importanti fenomeni migratori che hanno ridisegnato il panorama genetico della nostra specie e di molte altre in tutto il continente europeo.
Per studiare la mobilità delle popolazioni antiche e ricostruire le diverse strategie di adattamento ai cambiamenti climatici durante le glaciazioni ci si basa sull’analisi dei reperti archeologici e del dna antico risalente al periodo immediatamente successivo all’Ultimo massimo glaciale. Stando ai risultati di alcuni studi, le glaciazioni indussero gli umani antichi e le altre specie di mammiferi a rifugiarsi nell’Europa meridionale, in particolare nella Penisola iberica, in Italia e nei Balcani. Secondo questa teoria, le popolazioni tornarono a colonizzare il resto del continente dopo la fine dell’Era glaciale, quando le temperature iniziarono progressivamente a risalire.
Tuttavia, sull’argomento sono stati condotti anche studi che non supportano appieno l’ipotesi dei rifugi climatici meridionali. In alcuni di questi lavori è stata ipotizzata la presenza di rifugi climatici anche in alcune aree settentrionali e orientali del continente; altri ricercatori ritengono che non esista un unico modello demografico in grado di descrivere il comportamento di tutti i mammiferi che vivevano in Europa durante l’Era glaciale e che, in altre parole, le rotte migratorie degli umani e degli altri animali varino a seconda delle diverse specie.
Ancient humans were so good at surviving the last ice age they didn’t have to migrate like other species – new study https://t.co/yu1ADMMggN
— The Conversation (@ConversationUK) October 12, 2024
García-Rodríguez e colleghi hanno adottato un approccio filogeografico, basato sul confronto tra i resti genetici ritrovati in Europa, per mappare la distribuzione di 23 specie di mammiferi terrestri, tra cui roditori, cervi, volpi, donnole, cinghiali, orsi, lupi e, naturalmente, i Sapiens.
I risultati di García-Rodríguez e coautori sembrano supportare l’ipotesi secondo la quale specie diverse hanno attuato strategie differenti per adattarsi ai cambiamenti climatici durante l’Era glaciale. Più nel dettaglio, i ricercatori hanno individuato quattro modelli demografici in base ai quali è possibile classificare il comportamento delle specie considerate. Il primo modello si riferisce ad alcune specie come il castoro e il criceto, che sono sopravvissuti nei rifugi climatici dell’Europa orientale, per poi ricolonizzare i territori più a ovest alla fine dell’Era glaciale. Il secondo modello riguarda alcuni piccoli mammiferi, come il toporagno, l’arvicola, lo scoiattolo e il riccio, che si sono rintanati in specifiche aree dell’Europa centro-occidentale dove la conformazione del territorio le riparava dalla glaciazione. Le rotte migratorie post-glaciazione seguite da altri animali, come cinghiali, volpi e caprioli, sono coerenti con la teoria dei rifugi climatici meridionali, che descrive il terzo modello riconosciuto dagli autori.
E gli esseri umani? García-Rodríguez e colleghi non hanno individuato un preciso schema di comportamento per i Sapiens e per alcuni grandi mammiferi predatori, come gli orsi bruni e i lupi. Il dna antico associato a queste specie è stato infatti trovato distribuito in maniera omogenea nel territorio europeo dopo l’Ultimo massimo glaciale, come se le specie in questione non fossero rimaste concentrate in alcun rifugio climatico specifico durante l’Era glaciale. È possibile, quindi, che alcuni gruppi umani siano sopravvissuti pur trovandosi nelle aree centro-occidentali del continente, nonostante il clima rigido.
Come spiegano Stewart e Searle su The Conversation, si tratta di un risultato sorprendente, considerando che la storia evolutiva di Homo Sapiens ha avuto origine in Africa, dove il clima era molto più caldo. Se García-Rodríguez e colleghi avessero ragione, resterebbe da chiedersi quale sia stato il segreto del successo degli esseri umani antichi. Potrebbe trattarsi della dieta onnivora? Dopo tutto, la varietà che contraddistingueva l’alimentazione dei Sapiens e delle specie da cui discendono è considerata un tratto evolutivo particolarmente vantaggioso. Un’altra ipotesi segnalata da Stewart e Searle riguarda la capacità dei nostri antenati di realizzare indumenti e abitazioni e di gestire il fuoco.
La questione, naturalmente, non va considerata risolta una volta per tutte. Al contrario, i risultati di García-Rodríguez e colleghi, in contrasto con alcune delle evidenze scientifiche precedenti, complicano il quadro. I quattro modelli individuati dagli autori possono servire, se non altro, a riconsiderare alla luce di queste informazioni le ipotesi proposte finora sulla distribuzione geografica dei Sapiens durante l’Era glaciale e ad aprire nuove prospettive di studio sulla loro capacità di adattamento ai cambiamenti climatici estremi.