SOCIETÀ

Emergenza bostrico: timidi segnali di un declino dell'infestazione

I boschi e le foreste del Triveneto hanno finalmente tirato un sospiro di sollievo nel corso dell'estate appena passata: le infestazioni da bostrico tipografo, diffuse soprattutto in seguito alla tempesta di Vaia del 2018, stanno rallentando, e questo grazie alle abbondanti piogge e alle temperature, più basse rispetto agli anni precedenti, che hanno caratterizzato il mese di luglio. Proprio queste condizioni hanno ostacolato lo sviluppo dell’insetto che è stato responsabile della devastazione di intere vallate alpine negli ultimi anni.

“Il trend attuale è positivo: l’infestazione in corso sta rientrando, la densità di popolazione del bostrico sta diminuendo, anche se i valori restano ancora elevati” ha spiegato a Il Bo Live Massimo Faccoli, docente del Dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente (DAFNAE) dell’Università di Padova.

Da “spazzino” naturale a “flagello” dei boschi: che insetto è il bostrico?

Il bostrico tipografo (Ips typographus) è un coleottero scolitide che si insedia nella corteccia degli alberi, principalmente abeti rossi, dove scava gallerie (proprio a questa caratteristica deve il nome di “tipografo”) per nutrirsi e riprodursi. Non si tratta di un ospite estraneo alle foreste europee. Al contrario, è un insetto indigeno che da sempre svolge un ruolo ecologico importante. “In condizioni normali il bostrico attacca solo alberi indeboliti o malati - ed è per questo definito parassita di debolezza - contribuendo alla loro eliminazione e al rinnovamento della foresta. Potremmo definirlo uno ‘spazzino’ naturale. - spiega ancora Faccoli, "Però in condizioni particolari, quando ci sono eventi imprevisti su larga scala che indeboliscono tutti gli alberi, l’insetto inizia ad attaccare tutto quello che trova. Il risultato è quello che si è visto negli ultimi anni: intere vallate e pendici dei monti coperte da boschi secchi. Si passa così da una fase endemica a una fase epidemica, dove l’insetto non attacca più solo piante deboli.”

Come avevamo già raccontato in precedenza su questo giornale, un esempio di queste condizioni particolari è stata Vaia, la tempesta che nell’ottobre 2018 sconvolse la montagna del Triveneto, con venti fino a 200 km/h e piogge che abbatterono circa oltre 16 milioni e mezzo di metri cubi di alberi. Un'occasione unica, per il bostrico, per moltiplicarsi senza controllo, partendo proprio dagli alberi abbattuti. 

“Per due anni l’insetto si è moltiplicato in massa all’interno delle piante sradicate, raggiungendo densità di popolazione elevatissime. In seguito, ha iniziato ad attaccare anche le piante superstiti rimaste. - continua Faccoli - Il coleottero, infatti, sfrutta i tessuti sottocorticali degli alberi una sola volta per riprodursi. Da lì hanno avuto inizio le grandi infestazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi cinque anni”. 


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Non solo Vaia, ma tutti gli eventi estremi di natura climatica hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla diffusione dell’insetto. Le elevate temperature del 2022 e la grande siccità del 2023 ne sono un esempio. Si tratta di situazioni che compromettono la resistenza degli alberi, rendendoli deboli e suscettibili a infestazioni. 

“A questo si aggiunge, soprattutto negli ultimi 20 o 25 anni, un progressivo abbandono delle pratiche silviculturali - puntualizza Faccoli - I boschi vengono tagliati e gestiti sempre meno. Il risultato è che invecchiano in modo disordinato, diventando molto densi e ricchi di alberi grandi e vecchi, quindi più fragili e più esposti all’attacco dei cosiddetti parassiti di debolezza. Non cambia solo il clima, ma cambiano anche le caratteristiche delle nostre foreste." 

Come specificato in precedenza, l’insetto colpisce soprattutto l’abete rosso, specie nativa delle Alpi ma che, negli ultimi due secoli, è stata ampiamente piantata anche a quote medio-basse per la sua rapida crescita e per la qualità del legno. Questa scelta, oltre al riscaldamento climatico, ha reso più vulnerabili interi boschi, soprattutto sotto gli 800-1000 metri, dove l’abete rosso soffre le temperature elevate. Non a caso, proprio queste fasce altimetriche sono oggi le più colpite dalle infestazioni.

Le azioni di contenimento

Per valutare l’impatto dell’insetto sulla popolazione boschiva da anni l’Università di Padova coordina, insieme alle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Lombardia, un programma di controlli costanti, basati sulla valutazione del quantitativo di insetti catturati da trappole. “Gli operatori rilevano sia i danni causati dall’insetto, sia l’andamento delle popolazioni attraverso trappole collocate nei boschi da primavera a metà settembre. Le trappole vengono svuotate ogni 7-10 giorni e gli insetti catturati vengono contati. - continua la sua spiegazione Faccoli - Esistono delle soglie di riferimento: se una trappola cattura meno di 8.000 insetti in una stagione, la popolazione si trova in fase endemica e non rappresenta un pericolo immediato. Oltre gli 8-10.000 esemplari, invece, la popolazione diventa aggressiva. L’anno scorso le catture hanno raggiunto valori di 22-24.000 insetti per trappola, circa tre volte oltre la soglia di sicurezza. Non abbiamo invece ancora i dati definitivi di quest’anno."

L’Università di Padova sta conducendo numerose ricerche sul bostrico tipografo, sia sul piano ecologico sia su quello biologico, sviluppando nuove tecniche di monitoraggio. Tra queste vi sono l’impiego di satelliti e droni per l’individuazione precoce, early detection, delle piante a rischio di infestazione. Grazie a questi strumenti è possibile identificare le piante più vulnerabili e intervenire in modo prioritario. Parallelamente, vengono testate nuove trappole automatiche per il monitoraggio delle popolazioni dell’insetto. A differenza delle trappole tradizionali, che richiedono controlli manuali periodici, quelle automatiche registrano e comunicano autonomamente il numero di insetti catturati, consentendo un monitoraggio continuo e dettagliato senza la necessità di grandi spostamenti in bosco.

"Non cambia solo il clima, ma cambiano anche le caratteristiche delle nostre foreste"

L’ambiente forestale rende le operazioni particolarmente complesse: le aree colpite sono spesso di difficile accesso, situate in montagna, e il personale impiega tempi considerevoli per raggiungere ogni trappola. L’uso delle nuove tecnologie permette di ottimizzare risorse e interventi. Cruciale rimane però lo sviluppo continuo della ricerca, sia per conoscere sempre meglio le dinamiche dell'infestazione che per mettere a punto azioni di ripristino dei boschi danneggiati. Si tratta di azioni fondamentali per la gestione di un’emergenza che mostra segnali di attenuazione, ma che richiede un monitoraggio costante per prevenire nuove ricadute.

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