SOCIETÀ

Il Sudafrica alle urne a 30 anni dalle prime elezioni libere

Tra le scadenze elettorali più importanti del 2024 vi sono le presidenziali e politiche in Sudafrica, trent’anni dopo le prime consultazioni generali free and fair del 1994. Ne parliamo con un diplomatico italiano di lungo corso, Elio Menzione (Alassio, 30 agosto 1949), ambasciatore in Sudafrica dal 2008 al 2011, il quale fra tutte le città del mondo in vario modo “vissute” ha scelto di frequentare in modo stanziale da “pensionato” proprio Cape Town, una delle “capitali” del vecchio e del nuovo Sudafrica, risiedendovi dal 2011 vari mesi l’anno (con un’unica eccezione obbligata dalla pandemia di Covid-19), durante i nostri inverni (le loro estati) da gennaio a marzo, anche fino a pochi giorni fa.

Menzione è nato in Liguria da madre e nonna tedesche, alternando le coste tirreniche settentrionali con le montagne alpine dell’Alto Adige (Siusi), studiando e laureandosi poi a Pavia in giurisprudenza nel 1972 prima di trasferirsi a Roma. Parla correntemente quattro lingue oltre all’italiano (tedesco, inglese, francese, spagnolo), parzialmente varie altre (usava leggere per esempio anche in portoghese, olandese e afrikaans). Attraverso il tradizionale percorso della carriera diplomatica italiana dal 1975 si è avventurato e formato in molteplici sedi internazionali di quasi tutti i continenti, guidando infine le ambasciate a L’Avana (Cuba) dal 2002 al 2005, a Pretoria e Cape Town (Sudafrica), a Bogotà (Colombia) dal 2011 al 2012, a Berlino (Germania) dal 2012 fino alla pensione nel 2014.

Abbiamo recentemente potuto chiacchierare a lungo della sua esperienza decennale e della vita culturale e istituzionale nel “nostro” Sudafrica (ero stato osservatore Onu nella settimana centrale delle prime elezioni libere nel 1994 e mi sono sempre interessato della situazione sudafricana nei tre successivi decenni).

Ambasciatore Menzione, caro Elio, quindici anni fa, per quasi quattro anni ci hai “rappresentato” nel sud del continente originario e hai avuto una rilevante funzione pubblica previlegiata di condivisione delle vicende politiche del Sudafrica, ora ripeti spesso che le prossime elezioni del 29 maggio 2024 potrebbero davvero costituire una svolta storica, la prima vera novità dal 1994.

“Nel 1994 vinse Mandela e il partito che rappresentava la coraggiosa virtuosa lotta contro l’odiosa apartheid, a grande maggioranza nera ovviamente. Prima votavano e governavano solo i bianchi, dunque quasi per l’intero secolo del Novecento. L’African National Congress era e in parte è il partito della grandissima maggioranza della popolazione sudafricana nera, all’interno di un sistema costituzionale democratico, non più segnato dalla discriminazione razziale. Nel 2024 per la prima volta l’ANC potrebbe non avere la maggioranza assoluta dei voti, dovrebbe per necessità vincolante scegliere uno o più partner di coalizione, potrebbero essere le elezioni politicamente e istituzionalmente più importanti dal 1994. Dovrebbe e potrebbe nascere un governo di coalizione, non un solo partito al potere, un’alleanza verso la Democratic Alliance (DA) o verso l’Economic Freedom Fighters (EFF), entrambi oggi all’opposizione e assolutamente alternativi tra di loro nei programmi. Un cambiamento e una scelta di campo (anche rispetto a investitori stranieri) cruciali.”

Si tratta per certi versi di un’evoluzione nota a molti sistemi politici occidentali, quella dei governi di coalizione, tuttavia è chiaro che in Sudafrica assume “colorazioni” diverse, tanto più che il capo di stato Matamela Cyril Ramaphosa (Soweto, 1952) è in carica dal febbraio 2018 (dopo le dimissioni imposte a Zuma) e le precedenti elezioni politiche vi sono state nel 2019.

“L’African National Congress di Nelson Mandela guida saldamente il Paese dal 1994. Nel 2019 la DA (che peraltro governa continuativamente dal 2006 proprio Cape Town, dal 2009 la relativa Provincia del Western Cape e dal 2016 alcune delle principali Municipalità come Pretoria, Johannesburg e Port Elizabeth) si è confermata come principale partito di opposizione conquistando il 20,7% dei consensi, forte soprattutto fra bianchi e coloureds. Gli EFF (partito di stampo panafricanista e populista fondato da un ex membro dell’ANC, Julius Malema, espulso soprattutto per aver criticato Zuma) hanno acquisito un ruolo crescente, ottenendo quasi l’11% dei voti. Le elezioni locali sudafricane del novembre 2021 si sono caratterizzate per un'astensione massiccia (solo circa il 47% degli elettori è andato alle urne). Inoltre, l'ANC ha ottenuto il 48% dei voti, scendendo per la prima volta dalla fine dell'apartheid sotto la soglia della maggioranza assoluta. La Democratic Alliance ha raccolto solo il 20% dei consensi, ma ha avviato una politica di alleanze con piccole formazioni per presentarsi come un’alternativa credibile. Sono riusciti a mantenere sostanzialmente invariati i rispettivi bacini di consenso elettorale sia gli Economic Freedom Fighters di Julius Malema, sostenitori di un esteso piano di nazionalizzazioni di banche o imprese ed espropriazioni di terre private (senza compenso), sia il partito storico degli zulu Inkatha (intorno al 6,3%). In generale, comunque, il dibattito pubblico in Sud Africa è vivace e i sudafricani (nonostante il recente calo di affluenza) sono molto interessati alla vita politica”.

Sei stato ambasciatore qui dal 2008. Quali sono le cose che vedi più cambiate ora qui a Cape Town rispetto a quindici anni fa (anche se allora trascorrevi oltre la metà dell’anno a Pretoria, sempre in Sudafrica, e ora in Europa)?

“Ti direi soprattutto un relativo aumento locale della criminalità nelle periferie e gli effetti locali dei cambiamenti climatici antropici globali. La criminalità endemica riguarda soprattutto le tante immense townships ancora esistenti (le politiche del lavoro e la politica edilizia di costruzioni di case popolari sono lente), pur se vi sono episodi di sofisticate truffe e furti anche in centro, per esempio nella pericolosa Long street. Poi, in questi giorni, lo hai verificato, ogni giorno vi sono alcune ore in cui manca la corrente, abbiamo tutti torce in casa perché in genere capita un paio d’ore di notte. A differenza che per la scarsità di acqua potabile (che quest’anno non vi è stata, i serbatoi si erano abbastanza riempiti per le piogge alcuni mesi fa), i problemi di elettricità sono la conseguenza anche di fattori umani specifici: errori di corrotta gestione, di mancata manutenzione e di carente programmazione”.

Occorre tener presente che vi è una forte differenziazione sociale, culturale e amministrativa fra le varie aree del paese, con punte di benessere che continuano ad attirare frequenti corpose ondate immigratorie. Le stesse “lingue” sono tante, 11 quelle “ufficiali” nel paese. Cape Town è da sempre zona di prevalente incarnato chiaro. In tutto le province sono 9, più grandi e popolate di quasi tutte le nostre “regioni” italiane. Gli elementi più unificanti sono la condivisa Costituzione e il Presidente eletto direttamente. Difficile reggere il confronto con la personalità di Nelson Mandela. Comunque Ramaphosa ha significato un miglioramento rispetto a Zuma.

“Certo. E quasi sicuramente sarà confermato, basta la maggioranza relativa nazionale (il voto è unico, per un candidato e la “sua” lista di possibili parlamentari). Qui a Cape Town l’ANC ha già fatto l’esperienza di essere minoranza, da quasi due decenni proprio all’opposizione. Ramaphosa, tuttavia, aveva suscitato maggiori aspettative, aveva grande esperienza di imprenditoria e negoziazioni, sostituiva chi (Zuma) aveva fatto perdere prestigio interno e rispetto internazionale al Sudafrica. Alla prova del governo si è mostrato spesso indeciso ed esitante, soprattutto nel combattere e fare pulizia rispetto alla cronica corruzione, e ha avuto come bussola principale solo la salvaguardia dell’unità del suo partito. Dall’altra parte è cresciuta l’insoddisfazione verso l’operato pubblico di esponenti del partito di governo, una certa incapacità di assicurare minore diseguaglianza sociale ed educativa e garantire servizi adeguati agli indigenti, per incompetenza o appunto corruzione. Poi è certo che la presidenza Zuma fu un lungo brutto periodo. Nel febbraio 2018 scrissi a riguardo una Lettera Diplomatica: s’intitolava “Sudafrica: “Zexit”, il tramonto di Jacob Zuma.”, subito pubblicata. Mi riferivo alle tumultuose vicende di quei giorni, culminate nelle forzate dimissioni nel giorno di San Valentino; e manifestavo le mie forti speranze in Ramaphosa, per i suoi meriti storici e le sue capacità imprenditoriali e politiche. Speranze purtroppo rivelatesi eccessive ed illusorie. In particolare, prevedevo che avrebbe “ripulito le stalle di Augia”: cosa che purtroppo ha fatto solo in piccola parte.”

In tutti questi anni hai continuato a frequentare sedi diplomatiche e a seguire la letteratura politico-sociale sul Sudafrica, anche tu sei un appassionato di Deon Meyer. Mi hai accennato a un saggio che ti ha colpito in particolare.

“Il libro si intitola Who will rule South Africa?, scritto da due giornalisti molto competenti, Adriaan Basson e Qaanitah Hunter, che riassumono informazioni meticolose e diffuse opinioni. Mi ha colpito per il quadro abbastanza completo della politica sudafricana degli ultimi anni (con particolare riferimento alla delusione provocata da Ramaphosa, per la sua tendenza ad anteporre gli interessi del partito a quelli dello Stato e alle aspettative della popolazione) e per le approfondite speculazioni sul futuro politico-istituzionale (possibili coalizioni e prevedibili conseguenze): esiste davvero oggi notevole incertezza su Chi governerà il Sudafrica?”.

Di recente il Sudafrica è tornato all’attenzione mondiale per aver avviato una procedura giudiziaria internazionale relativa al contemporaneo apartheid messo in atto da Israele nei confronti del popolo palestinese, come è stato vissuto l’avvenimento a Cape Town?

“L’iniziativa del Sudafrica su Israele ha colpito molte persone. Ovviamente la percezione è sempre diversa in ogni continente e paese per ragioni geopolitiche e poi esistono valutazione interne. A mio avviso, l’iniziativa è dovuta principalmente agli storici legami dell’ANC con l’OLP e all’attività autorevole che svolse Arafat. Amici più maliziosi ritengono che abbia in parte influito anche il desiderio di assicurarsi il voto della comunità musulmana alle prossime elezioni, comunità ampia e influente nelle province di Città del Capo e di Durban, il Western Cape e il Kwa Zulù-Natal (dove la creazione di un partito rivale da parte dello stesso ex presidente Zuma potrebbe erodere consensi all’ANC nelle prossime elezioni politiche del 29 maggio)”.

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