SOCIETÀ

La trasformazione del lavoro: com'è cambiato il ruolo dei sindacati

Dalle grandi lotte sindacali alla trasformazione del lavoro, l’importanza dei sindacati è da sempre centrale nella vita del Paese. Ma il lavoro, come stiamo vedendo nella nostra serie, sta cambiando, sta mutando nelle sue forme e probabilmente anche nella sua sostanza. Un cambiamento che coinvolge anche i sindacati stessi. 

Grazie a Federico Martelloni, docente di diritto del lavoro dell’università di Bologna, cerchiamo di capire come le azioni sindacali siano mutate negli ultimi 30 anni. Lo facciamo analizzando un comparto che da sempre è cruciale quando si parla di lavoro e nel quale sono state affrontate le battaglie più grandi. È il comparto metalmeccanico, che negli anni ha visto rivoluzionare sia la sua forza lavoro che le modalità di lavoro in sé.  

“Tra gli anni ‘80 e ‘90 c’è stato un calo degli iscritti - ha dichiarato Federico Martelloni -, un calo che però ha avuto una parziale inversione di tendenza quando hanno cominciato a iscriversi al sindacato dei metalmeccanici, in particolare nella Fiom, gli operai migranti. È quindi è cambiata un po’ quella che si sarebbe definita un tempo la composizione tecnica di classe di quel sindacato. Non è più un sindacato del maschio adulto bianco, ma è diventato un sindacato che conosce anche al suo interno alcune pluralità”. 

Non è più un sindacato del maschio adulto bianco, è diventato un sindacato che conosce anche al suo interno alcune pluralità

Gli ultimi 30 anni però sono stati anni di cambiamento radicale in tutti i settori. Non ne è stato esente quello dei metalmeccanici, che un tempo era perno della vita del Paese, mentre ora il mercato del lavoro è estremamente più frammentato.

“È indubitabile che quel settore non è più il settore di punta dal quale dipende l'universo mondo. Un tempo la conclusione del contratto dei metalmeccanici era una vertenza pilota - continua Martelloni -, cioè la vertenza che avrebbe determinato indirettamente lo stato della protezione del lavoro in Italia e la dimensione degli aumenti contrattuali. Oggi non è più lo stesso e l'occupazione si è spostata dall'industria pesante al settore dei servizi, come servizi alle imprese o servizi alla persona”. Questa frammentazione ha fatto si che sia in atto una scomposizione stessa del lavoro e dei complessi imprenditoriali per cui, nell'ambito di una filiera metalmeccanica, oggi si convive con l'utilizzo di contratti diversi, come il contratto bandistica, il contratto multiservizi, applicati talvolta a chi fa la movimentazione merci, a chi gestisce il magazzino, a chi sorveglia gli impianti, a chi li pulisce. 

“Questo ha determinato senz'altro un impoverimento del settore - dice Martelloni - . Anche se, al contempo, le vertenze dei metalmeccanici e la contrattazione del settore metalmeccanico continuano ad essere, su molti versanti, pionieristici”.

Su questo Federico Martelloni fa un passo indietro nel tempo e ritorna ad una delle ultime grandi lotte tra sindacato ed un grande gruppo industriale. 

“C'è una norma molto importante nel sistema giuslavorista italiano, che è l'articolo 19 dello Statuto, che è la porta d’accesso al titolo terzo dello Statuto sui diritti sindacali. Questa è stata modificata a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, che si è determinata all'esito di una grande vertenza del settore dei metalmeccanici. Facciamo riferimento alla stagione del conflitto tra la Fiom di Maurizio Landini e la Fiat di Sergio Marchionne. In quella stagione, ad un certo punto, la Fiat uscì da Confindustria, questo per stare fuori dal sistema di contrattazione collettiva e mettere alla porta i delegati Fiom nelle imprese metalmeccaniche. Da quella vicenda, nata fra il 2010 e il 2012, si è avviato un contenzioso che ha portato a una pronuncia della Corte Costituzionale. Una pronuncia di accoglimento sulla parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 19. E da quel momento in poi questo articolo è cambiato per tutti, nel senso che oggi in Italia possono costituire rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro tutti i sindacati che abbiano partecipato alle trattative per il rinnovo del contratto, anche se non l’hanno sottoscritto perché in dissenso nel merito del suo comportamento. Questo per ribadire che in tempi relativamente recenti, cioè dieci anni fa, sulla scorta di un conflitto iniziato da quel sindacato, è cambiata una disposizione molto importante”. 

Le lotte sindacali sono ancora per molti versi pionieristiche

Secondo il professore quindi, le lotte sindacali sono per molti versi ancora pionieristiche e fondamentali, nonostante la mutazione del mercato del lavoro. L’esempio concreto è quello del rinnovo del contratto collettivo dei meccanici del febbraio 2021 che è stato l'unico contratto collettivo attorno al quale sono maturati una serie di commentari. “Ci sono quattro diversi commentari - spiega Martelloni - al contratto dei meccanici, il quale ancora oggi non ha terminali di confronto nel mondo della contrattazione collettiva. Io credo che la ragione sia in primo luogo il fatto che l'industria metalmeccanica continua ad essere un settore ad alto o altissimo valore aggiunto. Questo diversamente dai settori ai quali prima facciamo riferimento, come ad esempio pulizia, movimentazione merci, logistica o servizi alla persona, che sono a basso o bassissimo valore aggiunto. In secondo luogo è un settore dove si sperimentano ancora oggi delle innovazioni contrattuali collettive che poi spesso hanno fortuna anche altrove. Pensiamo ai meccanismi di informazione, consultazione e partecipazione che nell'ultimo rinnovo hanno una particolare rilevanza”. Un altro esempio concreto di ciò citato dal docente, è quello dei comitati consultivi che hanno ad oggetto il tema della salubrità ambientale. Quello metalmeccanico è uno dei settori dove l'attrito, lavoro-ambiente si è avvertito con maggior forza, dal caso più “famoso” dell’Ilva a quelli meno conosciuti.

“Non ho dubbi sul fatto che questo tipo di modello avrà delle repliche - continua Martelloni - e se, come mi aspetto la sensibilità già alta su questi temi sarà in crescita, io mi aspetto qualche fortunata evoluzione di quest'ambito”. 

Come ribadiamo spesso nella nostra serie però il mercato del lavoro è già cambiato ed il ruolo che i sindacati potranno avere in un mercato così frammentato rischia di essere minore. Il docente di diritto del lavoro su questo ha un’idea ben precisa.

“Anche la partita rispetto all'inquadramento professionale e al tema della professionalità è un argomento su cui un corpo intermendio come il sindacato può e deve fare molto. È molto rilevante perché è la contrattazione con il sistema di contrattazione collettiva. Sconta indubitabilmente un ritardo rispetto all'innovazione tecnologica perché oggi la forza lavoro è molto più formata e ha un rapporto con le nuove tecnologie molto più articolato, molto più ricco di quanto non fosse al tempo della grande fabbrica fordista. Quindi il fatto che le parti sociali abbiano avviato un lavoro significativo sul fronte degli inquadramenti professionali non è un aspetto periferico perché ha a che fare con la rilevanza della formazione e dell'aggiornamento professionale”.

Insomma possiamo dire che il sindacato metalmeccanico non è più così rilevante numericamente come un tempo, ma questo anche perché ha perso rilevanza il settore industriale del nostro Paese. Come abbiamo capito dalle parole di Federico Martelloni, risulta ancora essere un sindacato che propone a livello contrattuale un’innovazione, che potrebbe avere un seguito anche in altri settori. Ma perché allora altri settori che si stanno rivelando altrettanto o forse più rilevanti di quanto non siano stati i metalmeccanici, non riescono a organizzarsi allo stesso livello?

“Se pensiamo ai settori dove la forza lavoro è molto più frammentata, i rapporti di lavoro ora sono molto più individualizzati - risponde il docente -. Talvolta le attività sono a minor valore aggiunto e quindi la forza negoziale del sindacato è inferiore. Esiste un dato di fatto e cioè da un lato c'è un settore a più alto valore aggiunto, dove è interesse anche dell'impresa avere una controparte responsabile e collaborativa. Dall'altra la forza di questa controparte sindacale è maggiore perché comunque resta un settore a più alta concentrazione, anche fisica, di forza lavoro e quindi più in grado di mettere in campo azioni e di fare la voce grossa, utilizzando vecchi strumenti di azione sindacale in grado di incidere sulla crisi in atto. Questi strumenti possono essere ad esempio l'astensione collettiva dal lavoro. Gli scioperi sono ancora degli strumenti particolarmente efficaci, tanto che è il conflitto collettivo in settori pure strategici come la logistica che è un settore che continua ad esprimere una forza o, se preferisci in termini classici, una soggettiva”.

Con il cambiamento della forza lavoro, come abbiamo visto precedentemente, è cambiata anche la connotazione politica del sindacato. Su questo Federico Martelloni racconta un vecchio aneddoto. “C'è un episodio che una volta raccontò Maurizio Landini sulla sua storia sindacale personale - dice il professore -. Lui lavorava per un'impresa metalmeccanica emiliana e per un datore di lavoro storicamente iscritto al PCI. C’era in campo una vertenza per ottenere l'indennità di freddo, perché loro lavoravano all'esterno, e a un certo punto lui fu convocato dal partito. Lì un funzionario gli spiegò che la sua controparte contrattuale era appunto un autorevole esponente iscritto al PCI. E Landini racconta di avere detto che lo capiva benissimo, massimo rispetto, e però aggiunse pure che continuava ad avere freddo. Perché dico questo episodio? Perché ho l'impressione che la forza lavoro migrante, più sradicata, meno connotata politicamente, avverta l'immediatezza dell'istanza, cioè del bisogno di protezione in termini meno mediatici del lavoro autoctono. E quindi il sindacato è, per così dire, costretto a fare gli interessi immediati delle maestranze con una certa celerità e in modo diretto, non potendo in alcun modo giocare con vecchi e nuovi consociativismo. Quindi io credo che questa parziale modifica della composizione tecnica di classe abbia fatto bene all'azione di sindacato”.

Cambia il lavoro, cambiano i sindacati e per forza di cose cambia anche il diritto del lavoro. Federico Martelloni è docente proprio di questa disciplina all'Università Alma Mater Studiorum di Bologna e ci spiega com’è mutato negli ultimi anni.

”L'evoluzione della disciplina, la tutela della salute e la sicurezza sul luogo di lavoro ha avuto un'impronta sempre più saggiamente di prevenzione. Se un tempo simboleggiavano i rischi, è l'articolo 2087 quello che impone al datore di lavoro di essere debitore anche di sicurezza. Quest'anno la prevenzione istiga l'obbligo relativo alla redazione dei documenti sulla valutazione dei rischi. Quindi questi si devono abbassare. Certo, se uno guarda empiricamente agli effetti applicativi e guarda lo stato dell'arte sulle morti bianche e sugli incidenti sul lavoro, evidentemente questo elemento di efficacia non è ancora maturo. Questo anche perché i rischi si evolvono rapidamente, perché spesso si allunga la giornata lavorativa sociale, cioè le persone fanno troppo straordinario e altrettanto spesso c'è turnover nella forza lavoro. I rapporti precari e questi elementi sono indubitabilmente forieri di un maggior rischio. Di ciò si ha conferma normativa anche guardando la disciplina dell'apprendistato riservato ai giovani di età inferiore ai 29 anni, dove è giustamente proibita anche una quota di retribuzione a cottimo, perché ogni incentivo ad aumentare la produttività è foriero di rischi alla salute e per la sicurezza”. 

Un tema, quello della sicurezza, che è cruciale quando si parla di lavoro. L’Italia infatti è al terzo posto in Europa come  tasso di incidenza infortunistica sul lavoro. Dal 2017 al 2021 le denunce per infortuni non fatali sono state in tutta Italia più di 3 milioni. 

Questi dati sono solo un’anticipazione del prossimo reportage sulla trasformazione del lavoro, che approfondirà proprio il tema delle morti bianche, facendo un confronto tra il nostro Pese ed il resto d’Europa.


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