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In una delle sue “Altre Storie”, il giornalista Mario Calabresi racconta la storia di Franco Aliberti, un cuoco che, a 37 anni e nel pieno della sua carriera, improvvisamente si chiede: “Ne vale davvero la pena?”. Decide di abbandonare tutto, si licenzia, inizia a dedicarsi alla famiglia e a uno stile di vita più lento, in cui può finalmente fare colazione a casa: un lusso – dice – che nella vita di prima non avevo.
Questa storia è una tra le tante che, messe a sistema, compongono la Great resignation, un grande fenomeno sociale visibile soprattutto negli Stati Uniti, caratterizzato da un drastico aumento delle dimissioni volontarie, spesso motivate non tanto, e non solo, da ragioni economiche, ma da considerazioni di respiro più ampio, legate alla qualità e al senso della propria vita. Come nel caso di Franco Aliberti.
Il fenomeno delle Grandi dimissioni non è stato osservato in Italia, se non in un ordine di grandezza decisamente inferiore rispetto agli States. Eppure, il nostro Paese non sfugge alle grandi trasformazioni che stanno avvenendo, da alcuni anni a questa parte, nel mondo del lavoro – trasformazioni di cui la Great resignation e altri fenomeni ad essa correlati non sono che alcuni sintomi.
Si tratta di un cambiamento rapido, ma che ha radici profonde e stratificate, di ordine economico, tecnologico, sociologico; di natura sociale e individuale; legate al cambiamento di valori, esigenze e priorità da una generazione alla successiva.
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Alcuni di questi mutamenti sono oggettivi, e dunque più facilmente osservabili: la fluttuazione dei tassi di occupazione, ad esempio, che racconta come si è modificato l’accesso al mondo del lavoro per diverse fasce della popolazione (le donne, i giovani, i migranti); o la variazione dell’importanza relativa di alcune categorie professionali, dato che restituisce un’immagine di come sia cambiata, negli anni, la struttura del sistema economico.
Altri cambiamenti, invece, sono più evanescenti, difficili da quantificare e da rappresentare con grafici e tabelle. Si tratta dei mutamenti che coinvolgono le scelte individuali, i valori e la cultura prevalenti nella società in un determinato momento storico, la narrazione che le persone hanno di sé e del proprio posto nella società. Sono temi indagati dalla sociologia e dalla psicologia, a cui è affidato il compito di dipanare i molti fili da cui dipendono le scelte individuali e le tendenze sociali.
Di tutto questo ci occupiamo, con lo sguardo interdisciplinare che ci caratterizza, in una nuova serie de Il Bo Live, intitolata La trasformazione del lavoro. Attraverso l’analisi dei dati e con l’aiuto di esperti nel settore, proveremo a tracciare un percorso per orientarsi in un mondo – quello del lavoro – che sta mutando nelle forme, nelle modalità, e forse nella sua essenza.
Tutti gli articoli della serie La trasformazione del lavoro:
- La trasformazione del lavoro
- La trasformazione del lavoro. I numeri della "great resignation"
- La trasformazione del lavoro. Lo smart working tra arretratezze e opportunità
- La trasformazione del lavoro. Il difficile equilibrio tra vita personale e professionale
- La trasformazione del lavoro. Generazioni a confronto
- La trasformazione del lavoro. La lotta, la fatica in 18 canzoni italiane
- La trasformazione del lavoro: quanto l'immigrazione impatta sull'economia
- La trasformazione del lavoro. Rischi e speranze dell’innovazione tecnologica
- La trasformazione del lavoro: la persistenza del gender gap
- La trasformazione del lavoro: com'è cambiato il ruolo dei sindacati