SOCIETÀ

Si può dare l’assalto al parlamento e farla franca? Probabilmente sì

Come si è visto su tutti i teleschermi del mondo Donald Trump il 6 gennaio, rivolgendosi alla folla dei suoi sostenitori li incitava a dare l’assalto al Congresso per impedire la ratifica finale del voti del collegio elettorale che avrebbero portato Joe Biden alla presidenza. Pochi minuti dopo sarebbero iniziati gli scontri, conclusisi con un bilancio di 5 morti, decine di feriti e, fino a questo momento, circa 400 arresti. Pochi giorni dopo, la Camera dei rappresentanti ha votato una mozione di impeachment del presidente per “incitamento all’insurrezione”.

Ma come funziona esattamente la procedura? E perché i democratici chiedono la rimozione di Trump dalla sua carica, benché il suo mandato sia finito il 20 gennaio scorso? Secondo la costituzione, il potere di chiedere la rimozione di un presidente (o qualsiasi altro funzionario federale) spetta alla Camera, che assume il ruolo di pubblico ministero. La decisione, invece, spetta al Senato che assume il ruolo di giudice. Per la condanna occorre il consenso di due terzi dei senatori. 

La ragione per cui il procedimento si sta svolgendo adesso è che una clausola della costituzione specifica che la condanna comporta non solo la rimozione dalla carica ma anche l’interdizione, in futuro, da qualsiasi ufficio pubblico, il che impedirebbe all’ex presidente di ripresentarsi nel 2024. Inoltre, la mancata condanna di Trump significherebbe ignorare la gravità delle sue azioni per rovesciare il risultato elettorale a favore di Joe Biden, distruggendo in futuro la fiducia nel processo democratico. 

Al di là del risultato del processo in corso, rimane il fatto che gli impeachment del presidente sono stati solo quattro in tutta la storia americana e tutti legati a momenti di  grave crisi del sistema politico: nel 1868, nel 1974, nel 1998 e nel 2021. Ma prima di raccontare la storia di quelli più drammatici (Andrew Johnson nel 1868 e Trump oggi) dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e precisamente nel 1787 quando si tenne la convenzione costituzionale di Filadelfia. Furono quei 55 delegati a partorire, assai faticosamente, la Costituzione in vigore ancora oggi.

Per capire cosa i costituenti avessero in mente dobbiamo iniziare con la legge inglese perché l'impeachment era un istituto nato in Inghilterra, usato dalla Camera dei Comuni per limitare i poteri della corona mettendo sotto accusa i consiglieri e i favoriti del Re. La parola viene dal francese "empêcher", cioè "impedire" di restare in carica ai funzionari colpevoli di gravi reati. Il primo caso di cui si ha notizia è quello di Lord Latimer, nel 1376. Dieci anni dopo troviamo il primo esempio di uso dell'espressione High crimes and misdemeanors, usata nell’atto d'accusa contro Michael de la Pole, conte del Suffolk, che era il Cancelliere del Re.

Questo caso, come i seguenti contro Henry Yelverton, ministro della giustizia di Giacomo I (1621), contro il conte di Oxford (1701) e contro il governatore dell'India Warren Hastings (1786) vennero citati spesso nel dibattito costituzionale americano perché tutti furono accusati di High crimes and misdemeanors (gravi crimini e misfatti) la stessa espressione che troviamo nella Costituzione americana. Il rapporto dello staff della commissione giustizia della Camera su cui si basarono i procedimenti contro Richard Nixon chiariva: "[I costituenti] adottarono questa formula specifica (unique phrase ) usata per secoli negli impeachment parlamentari inglesi". 

Nel corso della Convenzione c'erano stati vari momenti di dibattito sul tema dell'impeachment. Il 20 luglio, per esempio, una risoluzione fu presentata per sostenere la possibilità di rimuovere il Presidente per malpractice or neglect of duty.  L'ala "aristocratica" della Convenzione, guidata da Gouverneur Morris della Pennsylvania e da Charles Pinckney del South Carolina, si opponeva al concetto stesso di impeachment perché voleva rendere il Presidente quanto più isolato e protetto possibile dalle "teste calde" della Camera dei Rappresentanti.

Fin dall'inizio della convenzione, la separazione dei poteri tra un legislativo diviso in due camere e un esecutivo eletto indipendentemente fece da sfondo al dibattito. I padri fondatori erano ossessionati dall'idea di bilanciare ogni potere con l'altro, in modo di impedire a una singola "fazione" di prevalere. La Camera dei Rappresentanti, eletta da tutti i cittadini ogni due anni, doveva trovare un accordo col Senato, eletto ogni sei. I senatori erano eletto dai parlamenti dei singoli stati, e dovevano costituire un equivalente della Camera dei Lord. Il Presidente doveva dare esecuzione alle leggi e comandare l'esercito, ma non poteva spendere un solo dollaro di sua iniziativa, non poteva iniziare una guerra e neppure firmare un trattato senza il consenso del Senato.

La Corte Suprema doveva sorvegliare la costituzionalità delle leggi, ma non aveva a sua disposizione "né la borsa, né la spada".

In quel momento il problema della presidenza era quello di essere un organo di governo troppo debole, non troppo forte. Hamilton avrebbe voluto un Presidente eletto a vita, ma gli umori dell'assemblea andavano in tutt'altra direzione e il suo piano non fu mai discusso. Anche Madison temeva un esecutivo troppo dipendente dal Congresso, e tentò invano di togliere al Senato il potere di processare il presidente in caso di impeachment. Gouverneur Morris sostenne che questo istituto avrebbe "messo l'Esecutivo nelle mani di coloro che potevano esercitare l'impeachment" e inoltre che se il Presidente veniva rieletto "Questo sarebbe una prova sufficiente della sua innocenza". Rufus King, del Massachusetts, espresse un concetto analogo: il Presidente "sarà periodicamente giudicato per il suo comportamento dai suoi elettori" e non c'era quindi alcuna necessità di impeachment.

L'impeachment era stato usato in Inghilterra per eliminare dei ministri la cui politica era disapprovata dal Parlamento, e i delegati a Filadelfia volevano evitare che questo si verificasse. Nello stesso tempo occorreva prevedere che, "L'esecutivo avrà grandi possibilità di abusare del suo potere, in particolare in tempo di guerra quando la forza militare e, in un certo senso i fondi pubblici, saranno nelle sue mani", come affermò Randolph. Era pertanto necessario provvedere a un meccanismo di controllo, in assenza del quale la punizione sarebbe arrivata nella forma di "tumulti e insurrezioni".

Il più preciso nell'elencare i casi in cui l'impeachment poteva essere necessario fu Madison: il paese doveva essere difeso dalla "incapacità, negligenza o perfidia del supremo magistrato". Il delegato della Virginia entrò nei particolari: il presidente “might lose his capacity after his appointment. He might pervert his administration into a scheme of peculation or oppression. He might betray his trust to foreign powers”. Uno solo di questi casi di incapacità o tradimento, aggiunse Madison, potrebbe essere fatale alla Repubblica”.

Gouverneur Morris, a questo punto, annunciò di aver cambiato opinione perché il rischio di avere "il primo magistrato al servizio dello straniero" era reale. L'impeachment per alto tradimento, corruzione e incapacità era necessario. Il concetto di impeachment fu quindi definitivamente accettato, con il voto negativo di soli due stati, Massachusetts e South Carolina, e quello favorevole di altri otto. Restavano da stabilire le modalità concrete.

L’8 settembre 1787 avvenne il dibattito più approfondito sul tema. Il delegato della Virginia George Mason criticò la bozza in discussione e propose di aggiungere a "tradimento" e "corruzione" maladministration  La proposta incontrò tuttavia le obiezioni di James Madison e di Gouverneur Morris: "Un termine così vago equivarrebbe alla permanenza in carica a piacimento del Senato" disse Madison. A questo punto Mason sostituì High crimes and misdemeanors  a maladministration. Fu aggiunta la formula "contro gli Stati Uniti d'America" e l'articolo fu varato con otto voti degli stati contro  tre. Diceva: il Presidente "shall be removed from his office on impeachment by the House of representatives, and conviction by the Senate, for treason or bribery or other high crimes and misdemeanors against the United States" .

Questo testo fu consegnato al Committee of Style and Arrangement, dove un tratto di penna, probabilmente casuale, lo alterò in modo significativo: Gouverneur Morris e gli altri quattro delegati a cui il testo era stato affidato per le revisioni stilistiche finali omisero le parole "against the United States", contro gli Stati Uniti d'America. Per loro l'espressione against the United States dopo l'elenco dei crimini meritevoli di impeachment era assolutamente superflua in quanto High crimes and misdemeanors  aveva già al proprio interno il senso di violazione dei doveri d'ufficio o crimini contro la nazione.

Il professor Laurence Tribe spiega che questa espressione, per i costituenti, "indicava una categoria strettamente analoga alle gravi violazioni della legge (great offenses) motivo di impeachment nel diritto consuetudinario inglese. Oltre a tradimento e corruzione, esse comprendevano abuso (misapplication) dei fondi pubblici, abuso di potere, negligenza nell'espletamento dei propri doveri, usurpazione (encroachment ) delle prerogative del parlamento, o disprezzo del medesimo, e corruzione". Dal dibattito alla Convenzione appare chiaro che l'impeachment era considerato una extrema ratio, un rimedio per situazioni di pericolo immediato per il paese: questa interpretazione viene confermata dal successivo dibattito di ratifica della Costituzione nei singoli stati. 

In realtà, per i primi 80 anni non accadde niente, la rimozione del presidente in carica sembrava una formula arcaica e dimenticata. Poi arrivò la guerra di Secessione, la pallottola di un assassino e l’ingresso alla Casa Bianca di un vicepresidente che si chiamava Andrew Johnson.

Johnson era un senatore del Tennessee cioè di uno stato schiavista, ma era rimasto fedele all'Unione e Abraham Lincoln lo aveva premiato nominandolo prima governatore del suo stato e poi vicepresidente nelle elezioni del 1864. La guerra finì con la vittoria del Nord e l’abolizione della schiavitù nell'aprile 1865 ma pochi giorni dopo ci fu l'assassinio di Lincoln per mano di un fanatico sudista. Al suo posto, quindi, entrò in carica Andrew Johnson, che non solo mancava di un vero mandato popolare ma restava un uomo del Sud, profondamente razzista, convinto dell'inferiorità dei negri e dell'impossibilità di una repubblica multirazziale. Di qui la sua opposizione al concedere il diritto di voto agli ex schiavi liberati e la sua proposta di riammettere nell’Unione gli stati secessionisti senza condizioni perché, giuridicamente, “La secessione era nulla e mai avvenuta”.

Nel suo messaggio del dicembre 1865 Johnson disse: “Poiché 11 stati in questo momento non sono rappresentati in nessuno dei due rami del Congresso, ci sembra sia nostro dovere  (...) presentare le loro giuste rivendicazioni al Congresso. In pratica, il presidente del Nord vittorioso si  autonominava rappresentante del Sud sconfitto! 

Mettendo il veto alle leggi che cercavano di risolvere il problema degli schiavi liberati e opponendosi al mantenimento delle truppe federali nel Sud per proteggerli dalla violenze del Ku Klux Klan, Johnson si inimicò entrambe le Camere, dominate dai repubblicani dopo le elezioni del 1866; c'erano quindi tutte le condizioni politiche  per un rapido impeachment.  

Quando Johnson revocò dalle sue funzioni il ministro della Guerra Edwin Stanton, i repubblicani colsero l'occasione per avviare l'impeachment per violazione del Tenure of Office Act, ma tutti sapevano che il vero conflitto era sulle politiche di ricostruzione del Sud, e in particolare sul tema della concessione del voto agli afroamericani. Il 21 febbraio 1868, Stanton si barricò nel suo ufficio, protetto da un gruppo di fedelissimi, mentre il presidente faceva cauti sondaggi presso i generali Grant e Sherman per capire se, in caso di conflitto, l’esercito si sarebbe schierato dalla sua parte o da quella del Congresso. Johnson temeva di essere arrestato su mandato di deputati e senatori e l’impeachment rischiava di trasformarsi in una seconda guerra civile a soli tre anni dalla fine del primo conflitto. 

Saggiamente, Grant e Sherman risposero a Johnson che il 90% dell’esercito si sarebbe schierato contro di lui se si fosse andati allo scontro e gli consigliarono di aspettare il processo di fronte al Senato.

Ricorrendo al pretesto della violazione del Tenure of Office Act,  i repubblicani si esposero alla critica, non infondata, di usare un'accusa strumentale per ottenere un obiettivo politico: "Gli articoli di impeachment nel loro complesso accettavano ciò che sarebbe diventato il pilastro della difesa di Johnson: solo una chiara violazione della legge giustificava la rimozione dall'ufficio di un Presidente" ha scritto il maggiore specialista di questo periodo,  lo storico Eric Foner.

La procedura del processo davanti al Senato prevedeva che i rappresentanti della camera, per l'occasione definiti managers, illustrassero i capi d'accusa. Il giudice Salmon Chase, che in quanto presidente della Corte Suprema dirigeva le udienze, mantenne il dibattito su un terreno strettamente legalistico (in modo non del tutto disinteressato: anch'egli, come Johnson, mirava alla candidatura per il partito democratico alle presidenziali di pochi mesi dopo; la nomina andò, invece, a Horace Greeley).

I manager non fecero mistero delle loro convinzioni: secondo l'anziano Thaddeus Stevens il dovere di Johnson era di "obbedire agli ordini del potere sovrano della nazione [il Congresso] e vigilare che gli altri [cittadini] ugualmente obbediscano". Parecchi senatori repubblicani erano sulla stessa linea: Frederick Frelinghuysen, per  esempio, disse: "Il problema da risolvere è dove si collochi in ultima istanza il potere della nazione, se in un solo uomo o nei rappresentanti del popolo". 

Per altri senatori, invece, considerazioni di opportunità politica (le elezioni del novembre 1868 erano imminenti) si mescolarono col timore di turbare l'equilibrio costituzionale fondato sulla separazione dei poteri. L'ambiguità dell'istituto -un procedimento politico per mettere rimedio a comportamenti definiti "criminali"- rendeva l'impeachment un'arma difficile da maneggiare. Il senatore del Maine William Pitt Fessenden, che era stato un antischiavista della prima ora, e segretario al Tesoro di Lincoln, osservò: "Deporre il più alto magistrato di una grande nazione, eletto dal popolo, su basi così fragili, sarebbe un abuso di potere da parte del Senato, ingiustificabile agli occhi del paese, o del mondo". Assieme ai suoi colleghi Trumbull e Grimes, Fessenden temeva l'ascensione alla Presidenza del senatore Ben Wade, la cui politica economica gli appariva troppo radicale. Alla fine sette senatori repubblicani votarono contro la rimozione di Johnson: lo scrutinio finale fu 35 a 19, un voto in meno del quorum richiesto. Il voto decisivo per l’assoluzione venne da un giovane senatore del Kansas, Edmund Ross, più preoccupato di arricchirsi e fare carriera che delle conseguenze dell’assoluzione di Johnson.

La storia americana avrebbe forse potuto prendere una direzione diversa se Andrew Johnson fosse stato rinviato a giudizio, imputato e rimosso dall'incarico, per tutte quelle ragioni - malfeseance, maladministration, incapacity -  che non entrarono esplicitamente nella Costituzione, sostituite dall'espressione high crimes and misdemeanors

Andrew Johnson avrebbe dovuto essere rimosso per il suo rifiuto di usare l'esercito contro il Ku Klux Klan che terrorizzava i neri e i repubblicani in tutto il Sud e per la sua ostinazione nel sabotare la Ricostruzione, entrambi atteggiamenti che venivano meno al suo dovere di "applicare fedelmente" le leggi votate dal Congresso. Dopo una guerra costata oltre 600.000 morti, queste ragioni sarebbero state largamente sufficienti per giustificare l'impeachment. Come scrisse il New York Herald,  il Presidente "dimentica che siamo passati attraverso la feroce prova di una grande rivoluzione e che l'ordine delle cose che esisteva in precedenza è finito e non può ritornare". 

Inoltre, la rimozione dalla carica di Johnson avrebbe avuto conseguenze politiche profonde sulle istituzioni americane: la "presidenza imperiale", creata da due guerre mondiali, una grande depressione economica, e mezzo secolo di guerra fredda, forse non sarebbe mai nata. Nell'Ottocento, del resto, gli Stati Uniti erano considerati un regime parlamentare e non presidenziale; Tocqueville osservava che: “Il Presidente è collocato a fianco del potere legislativo, come un potere inferiore e dipendente”. E ancora: "Nell'esercizio del potere esecutivo, il presidente degli Stati Uniti è soggetto costantemente a una sorveglianza gelosa. Prepara i trattati, ma non li porta a compimento; indica [delle persone] per degli incarichi, ma non le può nominare". La strada di un impeachment "facile" avrebbe riavvicinato il sistema americano a quelli europei, dove i primi ministri governano soltanto nella misura in cui controllano la maggioranza parlamentare.

Le cose andarono diversamente e da allora la Presidenza non cessò di rafforzarsi, allargando i suoi poteri a dismisura. L'impeachment è tornato ad essere una possibilità soltanto di fronte alle mille violazioni dello spirito e della lettera della costituzione commesse da Donald Trump, con la complicità dei senatori repubblicani. Proprio quei senatori che nei prossimi giorni dovranno decidere sulla sua sorte.

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