CULTURA

World Braille Day: Louis Braille e una nuova invenzione della scrittura

Il braille è il sistema di lettura e scrittura per persone non vedenti più conosciuto al mondo e la sua diffusione ha segnato una tappa fondamentale nella storia umana. L’invenzione del braille che, è bene specificarlo, non è un linguaggio (al contrario del LIS), bensì un sistema di lettura e scrittura, ha infatti permesso alle persone con disabilità visive di poter scrivere, oltre che leggere.

In occasione del Braille day, la giornata internazionale dedicata al braille il giorno 4 gennaio, ricostruiamo la storia di Louis Braille, l’uomo che rivoluzionò il modo in cui le persone non vedenti studiavano, si esprimevano per iscritto e partecipavano alla vita sociale con l’aiuto di Lorenza Vettor, vicepresidentessa vicaria per la FISH del Friuli Venezia Giulia e professoressa a contratto nelle università di Verona e Udine, dove si occupa dei corsi di formazione per i futuri insegnanti di sostegno.

“Louis Braille aveva perso la vista all’età di quattro anni, ferendosi nella bottega del padre, che di mestiere faceva il sellaio”, racconta Vettor. “Viveva in Francia nella prima metà dell’Ottocento, in un periodo storico in cui le persone non vedenti frequentavano gli istituti per ciechi. Lui ottenne una borsa di studio che gli permise di entrare in quello di Parigi, l’Institution des Jeunes Aveugles, dove imparò a leggere attraverso uno dei metodi che venivano insegnati all’epoca e per il quale venivano utilizzati gli stessi caratteri tipografici dei testi per vedenti, solo stampati in rilievo (o “in nero”) per essere riconoscibili con il tatto. Questo metodo, come tutti quelli ideati fino a quel momento a partire dal medioevo, aveva non pochi limiti: prima di tutto, consentiva alle persone non vedenti di leggere ma non di scrivere in autonomia e, in secondo luogo, rendeva la lettura lenta e faticosa, poiché la dimensione delle lettere stampate in rilievo era esagerata per essere colta facilmente dai polpastrelli delle dita, al contrario delle lettere Braille, che si adattano perfettamente alla prima falange del dito indice, e possono essere colte, quindi, utilizzando il polpastrello”.

Il metodo ideato da Braille mentre si trovava all’istituto di Parigi era molto diverso da quelli precedenti, perché le lettere non imitavano la forma di quelle classiche. Le lettere Braille sono codificate, infatti, da alcuni puntini in rilievo raggruppati in specifiche combinazioni, in ognuna delle quali i punti vengono posizionati in modo diverso e in diversa quantità all’interno di una griglia immaginaria, composta da due colonne parallele di tre punti ognuna.

“Louis Braille era amatissimo dai suoi compagni di scuola, ma odiatissimo dai dirigenti dell’istituto parigino, che non vedevano di buon occhio la sua invenzione e sequestrarono delle tavolette braille che il giovane aveva costruito per sé e i suoi amici”, continua Vettor. “Successivamente, questo sistema venne finalmente adottato anche dall’istituto e iniziò a diffondersi dapprima in Francia e poi, pian piano, in tutto il mondo. Il braille esiste infatti per tutte le lingue, anche per il russo, l’arabo, il cinese e il giapponese. In Italia venne importato per la prima volta dall’Istituto dei ciechi di Milano, che oggi ospita anche il Museo del Braille”.

L’invenzione di Louis Braille fu una vera e propria rivoluzione che cambiò la vita delle persone non vedenti, garantendo loro un accesso più inclusivo alla cultura, all’istruzione e all’informazione e mettendole nella condizione di poter leggere e scrivere con facilità. “In un certo senso, per noi persone non vedenti, l’invenzione della scrittura è avvenuta allora”, afferma Vettor. “Oggi quasi tutti i medicinali e anche alcuni alimenti contengono delle descrizioni in braille, e questo sistema è sopravvissuto persino alla tecnologia. Esistono infatti dei display Braille che possono essere collegati al computer o allo smartphone via bluetooth o USB”.

È quindi fondamentale conservare e trasmettere il metodo Braille e sensibilizzare, a riguardo, anche gli educatori e le educatrici. “Se gli insegnanti che affiancano i bambini e le bambine non vedenti non conoscono il Braille, questi ultimi rischiano di non impararlo mai”, afferma Vettor. “È quindi necessario che la formazione degli insegnanti preveda anche l’apprendimento del braille, in modo tale che i docenti possano insegnarlo, a loro volta, ai bambini con disabilità visive e, perché no, anche all’intera classe, nel caso in cui siano presenti uno o più alunni non vedenti.

Inoltre, può essere stimolante anche incoraggiare gli stessi bambini e ragazzi non vedenti a insegnare il braille ai loro coetanei” spiega Lorenza Vettor, che racconta di aver insegnato questo metodo di scrittura e lettura non ai suoi professori, ma ai suoi compagni di classe, con i quali si divertiva a scambiarsi messaggi in braille tra i banchi di scuola, usando questo alfabeto come una sorta di codice segreto.

“È importante che le giornate nazionali e internazionali dedicate al braille servano non solo per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo al valore di un accesso inclusivo alla cultura e alla conoscenza, ma anche per creare momenti di condivisione in cui promuovere l’apprendimento del braille anche da parte delle persone senza disabilità visive”, conclude Vettor.

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