SCIENZA E RICERCA

Influenza: in futuro potrebbe bastare una sola vaccinazione

Un vaccino in grado di proteggere dai 20 ceppi virali noti di influenza A e B: questo il risultato a cui è giunto un gruppo di scienziati americani, sfruttando la tecnologia a mRna, la stessa che in questi anni ha consentito di sviluppare i principali vaccini utilizzati contro Covid-19. Lo studio, coordinato da Claudia Arevalo, è stato condotto per ora solo su modello animale ed è stato recentemente pubblicato su Science con il titolo A multivalent nucleoside-modified mRNA vaccine against all known influenza virus subtypes.

Gli esiti della sperimentazione sono incoraggianti e pongono le basi per un possibile vaccino antinfluenzale universale. “Avendo già ottenuto buoni risultati in ambito preclinico – sottolinea l’immunologa Giulia Pasqual, professoressa associata all’università di Padova e responsabile del Synthetic Immunology Lab – ed essendo la tecnologia a mRna già stata approvata nel contesto di Sars-CoV-2, è plausibile immaginare che nel giro di alcuni anni la nuova preparazione vaccinale potrebbe vedere l’utilizzo nell’uomo, qualora ovviamente superasse tutti i requisiti per l’inserimento nella pratica clinica”. E aggiunge: “Se nell’uomo si dovesse osservare la stessa efficacia osservata negli animali, potrebbe non essere più necessario essere vaccinati ogni anno contro l’influenza, dato che con una sola somministrazione si potrebbe avere la copertura dei ceppi in circolazione nell’anno in cui si viene vaccinati, ma anche in quello successivo e in quello dopo ancora. Potrebbe essere necessario un richiamo a cadenza fissa, come accade oggi per la vaccinazione antitetanica”.

Perché un vaccino universale?

L’influenza è una malattia respiratoria che può essere causata da quattro diversi tipi di virus, appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae. I principali sono i virus di tipo A e di tipo B; il tipo C è di scarsa rilevanza clinica e generalmente asintomatico, mentre del tipo D non è ancora chiara la possibilità di infettare l’uomo.

I virus di tipo A circolano sia nell’uomo che negli animali e sono ulteriormente suddivisi in sottotipi a seconda delle differenze molecolari nelle glicoproteine antigeniche presenti sulla loro superficie: si tratta delle cosiddette emoagglutinine (HA) e neuraminidasi (NA). La proteina HA, in particolare, è responsabile del legame con i recettori delle cellule ospiti, e facilita in questo modo l'infezione.

I virus influenzali di tipo B, invece, non sono suddivisi in sottotipi e sono presenti solo nell’uomo. Si sono evoluti in due lineaggi antigenicamente distinti, B/Yamagata/16/88 e B/Victoria/2/87-like. Complessivamente i ceppi influenzali ad oggi noti sono 20, sia A che B, e sono definiti da 20 diverse proteine emoagglutiniche. 

I vaccini antinfluenzali attualmente approvati indirizzano la risposta immunitaria verso l’emoagglutinina di superficie dei virus influenzali circolanti. Ebbene, una delle principali difficoltà che si incontrano nello sviluppo dei vaccini sta proprio nella selezione dei ceppi virali da cui proteggersi, che si basa sostanzialmente su una stima di quelli che potrebbero essere maggiormente circolanti in una determinata stagione. 

Un altro problema è legato alla scarsa efficacia dei vaccini contro eventuali varianti virali. I virus influenzali infatti tendono a mutare, cioè a presentare variazioni antigeniche nelle emoagglutinine e nelle neuraminidasi. In questo modo riescono a eludere la risposta immunitaria dei soggetti che avevano precedentemente contratto la malattia e a diffondersi ampiamente tra la popolazione.


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I vaccini antinfluenzali odierni

“Lo studio pubblicato su Science – osserva Giulia Pasqual – è molto significativo. Per capirne l’importanza, bisogna tuttavia partire dal contesto in cui si colloca. Oggi i vaccini antinfluenzali vengono somministrati una volta l’anno per proteggerci dall’influenza stagionale e quelli in commercio sono di vario tipo. La maggior parte si basa su virioni prodotti in laboratorio che poi vengono inattivati: non causano dunque l’infezione, ma riescono a stimolare una risposta immunitaria. Esistono poi altri vaccini che utilizzano componenti proteiche virali, e infine c’è un vaccino che contiene virus attenuati. Quelli citati sono tutti vaccini quadrivalenti, ciò significa che ogni anno vengono selezionati quattro ceppi virali che hanno le più alte probabilità di essere pandemici e per questi quattro ceppi vengono realizzati i vaccini nei modi indicati”. In Italia sono disponibili vaccini antinfluenzali quadrivalenti che contengono due virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e due virus di tipo B. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, tra i virus dell’influenza A, due sottotipi di emoagglutinina (H1 e H3) e due sottotipi di neuraminidasi (N1 e N2) sono riconosciuti come causa di malattia umana diffusa. I virus di entrambi i ceppi B/Yamagata e B/Victoria, invece, contribuiscono variabilmente alla malattia influenzale ogni anno. 

“Da tempo la comunità scientifica si è resa conto che vaccinare ogni anno un numero tanto elevato di persone è uno sforzo significativo e che, dunque, sarebbe preferibile sviluppare un vaccino che protegga verso molteplici varianti o idealmente verso tutti i possibili ceppi di influenza”. A questo scopo, finora gli scienziati si sono concentrati sulle regioni conservate delle proteine virali, cercando di indirizzare la risposta immunitaria dell’ospite su queste regioni. I bersagli di questo potenziale vaccino universale hanno incluso le nucleoproteine interne e le regioni meno accessibili ma conservate delle proteine di superficie, come la proteina M2 e la regione peduncolare dell'emoagglutinina. Tali proteine o domini proteici, tuttavia, sono spesso difficili da produrre, sono scarsamente immunogene e suscitano risposte immunitarie senza bloccare l'infezione.

Il vaccino sviluppato con tecnologia a mRna 

L’idea di sviluppare un vaccino contro tutti i ceppi virali era una strada difficilmente praticabile con i metodi impiegati fino ad oggi. “Ora gli autori dello studio pubblicato su Science utilizzano la tecnologia a mRna, nota perché utilizzata per lo sviluppo dei vaccini contro Sars-CoV-2. In questo caso la formulazione vaccinale contiene sequenze di Rna che codificano per 20 diversi determinanti antigenici, ognuno corrispondente a un ceppo di influenza. Finora, l’idea di realizzare un vaccino universale con tecnologie diverse da questa non aveva dato buoni risultati, mentre per ragioni che lo studio non spiega ma che saranno certamente oggetto di ricerca in futuro, immunizzando, in questo caso animali di laboratorio, con tale preparato si ottiene una risposta immunitaria soddisfacente per ciascuna delle componenti antigeniche inserita nel vaccino”. 

Le sequenze di Rna messaggero sono state incapsulate in nanoparticelle lipidiche e ognuna di queste codifica per un diverso antigene emoagglutinina. Il vaccino così ottenuto ha prodotto alti livelli di anticorpi cross-reattivi e di anticorpi specifici per sottotipo nei topi e nei furetti e potrebbe proteggere gli animali dai sintomi della malattia e dalla morte dopo l’infezione con ceppi di influenza sia antigenicamente corrispondenti sia non corrispondenti.


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Perché vaccinarsi contro l’influenza? 

La stagione epidemica attuale, che vede una significativa recrudescenza  dei casi di influenza, ci fa intuire quanto potrebbe essere importante in futuro lo sviluppo di un vaccino universale. “Influenza e Covid – sottolinea Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di Medicina di emergenza e urgenza (Simeu) – stanno mettendo allo stremo i pronto soccorso, con criticità non più localizzate ma diffuse anche in regioni considerate virtuose. Gli accessi si sono intensificati di circa il 50% rispetto a quanto vedevamo a settembre". L’ondata di influenza, in particolare, è iniziata già settimane fa: “Hanno cominciato ad arrivare in pronto soccorso prima i bambini, ma ora si sta alzando l'età, che aumenterà durante le feste, tradizionale momento di scambio di virus tra generazioni. Rispetto al normale andamento delle epidemie da virus influenzali, quest'anno siamo in anticipo di circa un mese. Vediamo numeri che pre pandemia si raggiungevano a metà gennaio".

A confermarlo sono i dati InfluNet, il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza curato dall’Istituto superiore di Sanità: stando all’ultimo bollettino,  pubblicato lo scorso venerdì 9 dicembre (settimana 48/2022), l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è pari a 16 casi per mille assistiti, contro i 13 della settimana precedente, e supera la soglia di intensità alta. Maggiormente colpite sono le fasce di età pediatriche, specie i bambini al di sotto dei cinque anni di età tra i quali l’incidenza è di 50 casi per 1.000 assistiti, contro i 41 della settimana precedente. Dei 1.145 campioni clinici analizzati dai laboratori afferenti alla rete InfluNet, 472 (41,2%) sono risultati positivi al virus influenzale, tutti di tipo A (368 di sottotipo H3N2, 22 H1N1pdm09 e 82 non ancora sottotipizzati). Dei rimanenti, 123 (circa 11%) sono risultati positivi invece a Sars-CoV-2 e 211 ad altri virus respiratori. 

In questa situazione, oltre alle misure di igiene e protezione individuale utili a ridurre la trasmissione della malattia, i vaccini sono dunque uno strumento fondamentale. “La vaccinazione – si legge nella circolare Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2022-2023 emanata il 6 luglio 2022 dal Ministero della Salute – è la forma più efficace di prevenzione dell'influenza. L’Organizzazione mondiale della Sanità e il Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-19 riportano, tra gli obiettivi di copertura per la vaccinazione antinfluenzale, il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale negli ultrasessantacinquenni e nei gruppi a rischio”. Eppure, al momento, la copertura vaccinale rimane ben al di sotto della soglia raccomandata.

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