SCIENZA E RICERCA

Inondazioni negli USA: danni aumentati del 26% nei prossimi 30 anni a causa del cambiamento climatico

Le proiezioni sulle conseguenze del cambiamento climatico in atto sono ben note e dettagliate. La scienza oramai da anni ha lanciato non solo l’allarme, ma anche la certezza che se non si interviene in modo consistente a breve ci sarà per tutti noi un futuro non desiderabile. Alcuni eventi sono già ben visibili e, tra precipitazioni estreme che arrivano anche a 740,6 mm di pioggia in 12 ore (dato registrato lo scorso 4 ottobre a Rossiglione, in provincia di Genova), aumento delle temperature che comporterebbe l’estensione delle zone aride in tutto il pianeta e siccità, gli squilibri iniziano ad essere sempre più evidenti. Più pioggia e più siccità sembrano essere due cose in contrasto tra loro, purtroppo però sono esattamente i fenomeni estremi che l’IPCC ha sempre messo in evidenza. Per dirla in modo ancora più chiaro, il problema non è la quantità di acqua che cade al suolo, bensì in quanto tempo questo accade. 

Se poi consideriamo che l’adattamento al cambiamento climatico da parte dell’uomo sembra procedere ancora a rilento, la situazione si fa ancor più complicata. Un’analisi apparsa su The Conversation mette proprio in luce come negli Stati Uniti il binomio tra rischio inondazioni e consumo del suolo sia un mix molto più pericoloso del “solo” cambiamento climatico. 


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L’allarme lanciato da The Conversation e supportato da mappe dettagliate, mette in evidenza come nei prossimi 30 anni il costo dei danni causati dalle inondazioni sia destinato ad aumentare del 26% solamente a causa del cambiamento climatico. Lo studio, pubblicato su Nature il 31 gennaio 2022, stima dove il rischio di inondazioni stia aumentando più rapidamente e, conseguentemente, chi è in pericolo. Oltre al pericolo fisico poi, c’è anche la crescita dei costi ed i risultati mostrano proprio come gli alti costi delle inondazioni mettano a nudo le iniquità di chi deve e dovrà subire di più le conseguenze delle inondazioni.

Un’analisi, quella pubblicata su Nature, utile a capire come sia necessario modificare gli attuali modelli di sviluppo anche alla luce di questi nuovi dati. L’articolo parte dal presupposto che le inondazioni sono il disastro naturale più frequente e costoso negli Stati Uniti e con ragionevole certezza, basandosi sui modelli climatici, si può prevedere che questi costi saranno sempre più alti proprio a causa del cambiamento climatico, delle precipitazioni estreme e dell’aumento del livello del mare.

Ciò che lo studio di Nature fa in modo dettagliato, è quello di andare oltre a ciò che abbiamo detto fino ad ora, cioè cerca di superare delle previsioni generiche. Lo fa innanzitutto cambiando il paradigma da cui partire, tralasciando le serie storiche per incorporare i rischi futuri. Gran parte delle mappe su cui si basa lo studio del rischio di inondazioni infatti, sono basate proprio sui cambiamenti storici che sono stati riscontrati fino ad ora. Le mappe prodotte da Oliver Wing e dai suoi collaboratori, e che possiamo vedere riportate anche nel nostro articolo, invece spiegano in modo dettagliato e chiaro cosa potrebbe accadere in futuro. 

I risultati di questo studio, che ha incorporato anche i dati sull’edilizia degli Stati Uniti, stima come il costo annuale delle inondazioni di oggi sia di oltre 32 miliardi di dollari. Un onere questo, che ha un impatto a livello nazionale ma che ricade ancor più in determinate zone. Come vediamo dalla mappa sottostante, i costi sono sulle spalle di comunità ben specifiche. Lo studio infatti mette in luce come per ora il rischio di inondazioni sia prevalentemente concentrato nelle comunità bianche e impoverite. In particolar modo riferite alle coste e nelle valli appalachiane, cioè tutto quel territorio che va dallo Stato di New York fino all'Alabama settentrionale e alla Georgia.

Con l’aumento del rischio di inondazioni però, lo studio mette in evidenza come nei prossimi 30 anni i costi ricadrebbero in modo sproporzionato dove risiedono grandi densità di persone, cioè le zone con le comunità afroamericane sulle coste dell'Atlantico e del Golfo. Con l’innalzamento degli oceani poi, anche le aree urbane e rurali dal Texas alla Florida alla Virginia si prevede che subiranno un aumento del 20% del rischio di inondazioni nei prossimi 30 anni.

Lo studio motiva questi dati con il fatto che storicamente le comunità più povere non hanno avuto investimenti concreti nell'adattamento alle inondazioni o nelle infrastrutture, rimanendo così più esposte ai rischi. L’aspetto interessante ed utile di questo studio è anche cercare di capire come i cambiamenti climatici rischino di modificare anche le iniquità territoriali. I dati messi in luce infatti, fanno emergere il rischio concreto che le disuguaglianze possano subire un incremento consistente anche a causa di calamità naturali. Questo è dovuto anche al fatto che la ripresa dopo un evento emergenziale avviene più rapidamente in loughi più ricchi e con popolazioni più privilegiate rispetto alle zone povere. Per questo gli autori dichiarano che “senza una rete di sicurezza finanziaria, i disastri possono essere punti di svolta verso una povertà più profonda”.

Non ultimo in ordine di importanza è l’antropizzazione delle aree. Più popolazione significa più necessità di luoghi in cui vivere e spesso questi luoghi sono aree ricavate da pianure alluvionali che già erano a rischio inondazione anche con un clima stabile. Un fatto questo che fa comprendere la necessità di avere un serio adattamento ai cambiamenti climatici che sia dettagliato e studiato per ogni territorio. I costi di questo adattamento non sono certo irrisori, ma abbiamo compreso come la prevenzione possa essere l’unica via per non doversi trovare a piangere una tragedia, sociale, umana ed anche economica.

 

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