Abiy Ahmed Ali e Isaias Afewerki
Il premio Nobel per la pace 2019 va al premier etiope Abiy Ahmed Ali. Niente Greta Thunberg, dunque, nonostante in questi scorsi giorni fosse stata data per favorita dalla rete. La giovane attivista svedese ha conquistato tante persone con la sua lotta al riscaldamento globale iniziata nell'agosto del 2018 ed evolutasi in un vero e proprio movimento noto come Fridays For Future.
Abiy Ahmed Ali, però, non è stato da meno nel suo contributo all'umanità. Infatti, la motivazione riportata da Berit Reiss-Andersen, presidente del comitato Nobel, parla degli sforzi diplomatici del premier: "Per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea. Il premio ha anche lo scopo di riconoscere tutte le parti interessate che lavorano per la pace e la riconciliazione in Etiopia e nelle regioni dell'Africa orientale e nord-orientale".
Berit Reiss-Andersen annuncia l'assegnazione del premio Nobel 2019 per la pace
Il conflitto Etiopia-Eritrea
Il conflitto tra i due paesi terminò nel 2000 con l'Accordo di Algeri, che stabilì l'assegnazione della città contesa Badme all'Eritrea. Tuttavia i soldati etiopi non vennero ritirati dalla città fino al 2018, quando il primo ministro etiope, in carica da meno di tre mesi, decise di riaprire il dialogo sulla questione, dimostrandosi pronto ad accogliere quanto deciso alla fine del conflitto 18 anni prima e a formalizzare la pace.
Come riportato dal comunicato ufficiale del Comitato Nobel, l'opera di apertura e pace di Abiy Ahmed Ali ha avuto successo grazie anche alla collaborazione del presidente eritreo Isaias Afewerki. Le due personalità politiche hanno elaborato rapidamente i principi di un accordo di pace per porre fine allo stallo nessuna pace, nessuna guerra arrivando alla firma delle dichiarazioni ad Asmara, lo scorso luglio, e a Jeddah, lo scorso settembre (leggi l'approfondimento sulle relazioni tra i due paesi del Corno d'Africa: Etiopia ed Eritrea: la pace e le origini di un conflitto antico).
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Il premier etiope ha così spezzato una lunga tradizione di inimicizia, con la sua leadership contrassegnata dalla novità. Giovane d'età e di etnia Oromo e in parte Amara, la sua posizione di spicco nel governo ha rappresentato una grande discontinuità rispetto al passato. Infatti dal 1991, anno in cui crollò la dittatura socialista di Menghistu, i ruoli chiave del paese vennero ricoperti da personalità di etnia tigrina, che rappresenta la minoranza della popolazione: solo il 6% contro il 27% degli Amara e il 34% degli Oromo. Abiy Ahmed Ali, simbolo vivente del fatto che tutte le etnie del paese contano, ha avviato diverse riforme e liberato centinaia di prigionieri politici. Ha promosso la libertà di stampa e la partecipazione delle donne al governo del paese, tanto che Sahle-Uork Zeudé ha ricevuto la carica onorifica di Presidente della Repubblica (abbiamo approfondito la figura politica di Abiy Ahmed Ali nell'articolo: Etiopia: tentativo di colpo di Stato o guerra civile?).
In continuità con l'avviamento della pace con l'Eritrea si è impegnato in altri processi di riconciliazione in Africa orientale e nord-orientale. Nel 2018 ha contribuito col suo governo alla stabilizzazione delle relazioni diplomatiche tra Eritrea e Gibuti, ha anche svolto un ruolo di mediatore nelle controversie che coinvolgono Kenya e Somalia. Abiy Ahmed Ali ha contribuito anche allo stemperamento tra il regime militare in Sudan e l'opposizione, che ha portato a una riapertura dei negoziati e alla volontà di redigere una nuova costituzione.
Il professor Marco Mascia, del Centro di ateneo per i diritti umani, commenta così l'assegnazione del premio: "Il significato di questo Nobel per la pace è di altissimo profilo politico, perché è stato dato a un capo di Governo che ha scelto la pace e non la guerra, che ha posto al centro dei negoziati non la sovranità dello Stato, ma il principio del rispetto della dignità umana e di tutti i diritti umani. Si tratta di un uomo che ha fatto propri i principi del preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, perciò può giocare un ruolo fondamentale nella costruzione di processi di pace positiva in tutta l'Africa".
"Potrebbe dare anche un contributo al processo di riforma di democratizzazione dell'Onu e rilanciare il ruolo dell'Africa all'interno dell'organizzazione, consentendo, con una proposta innovativa, la riforma del Consiglio di sicurezza, che è un tema di cui si parla da tantissimi anni. Insomma, si tratta di una figura che potrebbe essere rilevante nel sistema della politica internazionale e nelle istituzioni internazionali multilaterali delle carte importanti per la costruzione della pace, anche in altri conflitti e per quanto riguarda il futuro di alcune organizzazioni internazionali, a partire dall'Unione africana".
“ Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani
Il primo ministro etiope ha dato il via a molti cambiamenti per rafforzare la democrazia, ma la situazione rimane complessa e tanti sono ancora gli sforzi da fare. L'Etiopia è un paese ricco dal punto di vista linguistico ed etnico, questo può creare delle tensioni e resistenze territoriali che possono concretizzarsi in azioni violente e attentati, come già accaduto. Quindi il premio Nobel per la pace 2019 conferito ad Abiy Ahmed Ali vuole essere un riconoscimento per la strada da lui intrapresa, ma anche un incoraggiamento perché continui la sua opera di dialogo, riconciliazione e giustizia sociale.