SCIENZA E RICERCA

Psicobiota: batteri intestinali che influenzano il cervello e l’umore

Nel nostro intestino è presente una rete di 500 milioni di neuroni che il direttore del dipartimento di anatomia e biologia della Columbia University, Michael D. Gershon, ha ribattezzato il nostro secondo cervello. Una metafora impropria, se paragoniamo le sue funzioni a quelle del sistema nervoso centrale, composto di circa 85 miliardi di neuroni e capace di creatività artistica e linguaggio articolato. Ma non del tutto fuori luogo, perché il sistema nervoso enterico è in grado di controllare in autonomia la muscolatura interna dell’intestino, tramite la trasmissione di segnali nervosi, e di produrre sostanze che entrano in circolo e oltrepassano la barriera emato-encefalica che protegge il cervello. Si stima che il 90% della serotonina, un ormone neurotrasmettitore associato al buonumore e coinvolto in disturbi depressivi e psichiatrici, sia prodotta nell’intestino.

Sistema nervoso enterico e centrale comunicano tramite il nervo vago, il sistema immunitario, il sistema endocrino e si influenzano reciprocamente, a volte mandando in altalena il nostro umore. Stati di ansia e stress ad esempio aumentano la motilità intestinale e nei casi più severi un eccessivo rilascio di citochine provoca uno stato di infiammazione della mucosa intestinale. Ma vale anche il contrario. La sindrome dell’intestino irritabile aumenta non solo la produzione di serotonina ma anche dell’enzima deputato a demolirla: questo può provocare una diminuzione del tasso di serotonina nel sistema nervoso centrale, con conseguente insorgenza di depressione.

Anche nelle persone all’interno dello spettro autistico sono spesso stati osservati problemi digestivi, mentre i pazienti affetti da Parkinson sono comunemente interessati da costipazione. I ricercatori hanno anche notato che un aumento dei disturbi depressivi è associato a un eccessivo uso di antibiotici, che fanno piazza pulita dei microrganismi che abitano dentro di noi, sia quelli cattivi, sia quelli buoni.

Nel nostro intestino albergano miliardi di batteri, virus, funghi e archaea che svolgono funzioni che il nostro organismo non sarebbe in grado di svolgere da solo. 2 chili di microrganismi che ci aiutano a digerire e che producono sostanze benefiche per il sistema immunitario. Microbiota è il nome che è stato assegnato all’insieme dei nostri piccoli ma numerosi inquilini, se si pensa che sono circa 20 milioni i geni che li compongono, un’enormità se comparati ai 20.000 del solo Dna umano. Il nostro corpo più che un organismo è un vero e proprio ecosistema cooperativo, olobionte alcuni lo chiamano, frutto di una co-evoluzione in corso da milioni di anni.

Jeroen Raes, microbiologo dell’università cattolica di Leuven, in un lavoro del 2019 su Nature Microbiology ha trovato che le persone affette da depressione presentano una carenza di due specie di batteri intestinali. Secondo questo recente filone di ricerca, il microbiota potrebbe essere quel tramite attraverso cui l’intestino e il cervello si influenzano reciprocamente. Proprio nelle sostanze prodotte da alcuni batteri intestinali, che compongono quello che è stato ribattezzato lo psicobiota, potrebbero risiedere i segreti per lo sviluppo di nuovi farmaci, gli psicobiotici, contro alcune malattie neurodegenerative e disturbi psichiatrici.

Esperimenti sui topi hanno mostrato che la presenza di certi microbi negli esemplari giovani condiziona la loro risposta allo stress da adulti. Addirittura il trapianto di feci ha mostrato che topi sani a cui venivano trapiantate feci di pazienti affetti da Parkinson, schizofrenia, autismo e depressione sviluppavano sintomi tipici di questi disturbi, mentre trapiantando feci di pazienti sani gli stessi sintomi nei topi venivano attenuati.

Secondo un reportage pubblicato su Science, l’amminoacido triptofano prodotto da diversi batteri intestinali potrebbe ricoprire un ruolo centrale. La serotonina viene sintetizzata a partire dal triptofano, ma a partire da quest’ultimo si ottiene anche la chinurenina, una sostanza che reagisce producendo molecole tossiche per i neuroni. Secondo John Cryan, neurofarmacologo dello University College di Cork in Irlanda, inventore del termine psicobiotico, le persone affette da depressione convertono troppo triptofano in chinurenina e troppo poco in serotonina: sarebbe questo uno dei meccanismi attraverso cui le modificazioni del microbiota influiscono sulla salute mentale.

La start-up statunitense Holobiome, fondata nel 2015 da Phil Strandwitz quando era ancora uno studente di microbiologia, è una delle tante iniziative imprenditoriali che ha puntato sullo sviluppo di terapie farmacologiche ricavate dallo studio del microbiota umano. Holobiome ha puntato su una serie di microrganismi in grado di produrre una sostanza, l’acido gamma-amminobutirrico (Gaba), che è anche un neurotrasmettitore inibitore dell’attività neurale, la cui scorretta regolazione è implicata nella depressione e in altri disturbi mentali. Assieme a Gaba questi batteri producono altre molecole che quelli della Holobiome credono siano benefiche per chi è affetto da depressione e altri disturbi mentali. Nonostante le evidenze preliminari su topi e qualche riscontro su pazienti, hanno già coperto con brevetto la loro proposta e ora puntano alla sperimentazione clinica sull’uomo.

Lo sviluppo di farmaci contro l’Alzheimer e altri disturbi neuropsichiatrici vive da diversi anni una fase di stallo e i microbi dentro di noi potrebbero contenere risposte promettenti, non solo per trattare disturbi intestinali che hanno una componente neurologica come la costipazione e alcune forme di mal di pancia, ma anche disturbi d’ansia, insonnia, autismo, schizofrenia, epilessia, Alzheimer e Parkinson, e ancora allergie e obesità.

Detta così suona un po’ come la panacea di tutti i mali e infatti l’atmosfera che si è creata intorno al microbiota è molto simile a “una sfrenata corsa all’oro”, usando le parole, riportate da Elizabeth Pennisi su Science, del microbiologo dell’Università di San Diego della California Rob Knight. Miliardi di dollari stanno venendo investiti da intrepidi venture capitalists in questo settore: “Alcuni concetti sono molto interessanti e supportati da molte evidenze” commenta Knight, “ma altri non lo sono eppure ricevono lo stesso finanziamenti”.

Molti trattamenti del microbiota sono ancora classificati come probiotici, categoria per la quale non esistono le stesse restrizioni e gli stessi controlli che sono necessari per i farmaci, che devono prima superare tutti i test clinici controllati e randomizzati per dimostrare la loro efficacia e poi venire approvati dalle istituzioni competenti (la Food and Drug Administration negli Stati Uniti, l’Agenzia italiana del farmaco in Italia).

C’è ancora molto da scoprire sul microbiota e su come possa essere legato non solo alla salute mentale ma anche a stati di infiammazione, al corretto funzionamento del sistema immunitario e persino all’insorgenza di tumori. Proseguono infatti gli studi dello Human Microbiome Project, volti a comprendere l’identikit genetico del microbiota umano, individuando linee di ricerca e di sviluppo di trattamenti sempre più promettenti.

I microrganismi che vivono nel nostro apparato digerente per milioni di anni sono co-evoluti con noi e con gli esseri viventi da cui discendiamo. È ragionevole ritenere che tra il nostro cervello e questi batteri esista una forma di comunicazione basata su segnali chimici e molecolari quasi interamente da scoprire.

L’ansia e la paura ci fanno torcere le budella, così come la felicità ci fa sentire le farfalle nello stomaco. A volte è proprio vero che ragioniamo con la pancia. Il cervello del resto, come ha mostrato il neuroscienziato Antonio Damasio, non sarebbe in grado di prendere decisioni razionali in assenza di emozioni. Alcuni segnali chimici di questi sentimenti nascono nell’intestino, dove sistema nervoso enterico e microbiota favoriscono o inibiscono la produzione di ormoni, neurotrasmettitori, e altre molecole, alcune delle quali arrivano direttamente alle sinapsi cerebrali e ci fanno sapere, di giorno in giorno, quanto è storta la nostra luna.

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