CULTURA

Da Vo' ad Auschwitz

In occasione della giornata europea della cultura ebraica, 2 settembre 2012

Al centro di un piccolo paese dei Colli Euganei, in un angolo di pianura ai piedi del versante occidentale, si trova un'imponente villa veneta dallo strano aspetto architettonico: pur nel rispetto dei canoni delle costruzioni simili del Sei-Settecento veneziano, combina una serie di elementi che la fanno sembrare misteriosa, ambigua, indefinita anche per chi non conosce alcuni tristi particolari della sua storia.

Villa Contarini Venier ha una pianta quadrata e si erge su quattro piani, nell'Ottocento verrà poi aggiunto un ulteriore elemento verticale che dovrà contenere la scala monumentale. Appartenuta ai Contarini fino al 1846, venne lasciata ai Venier fino al 1921, passò per altre mani per diventare infine proprietà del Comune di Vo' verso gli anni '50. Il paese di Vo' Vecchio fu fatto costruire proprio dai Contarini all'epoca della Serenissima e lo si può ancora notare dalla struttura urbana intorno alla villa.

Questa è stata, per un breve ma drammatico periodo, luogo di raccolta per una cinquantina di ebrei quasi tutti padovani, destinati dapprima a San Sabba a Trieste e poi al lager di Auschwitz.

L'ordinanza di polizia della Repubblica Sociale di Salò del 30 novembre 1943 (in cui veniva imposto di inviare tutti gli ebrei residenti nel territorio nazionale in appositi campi di concentramento con relativa confisca di tutti i loro beni), seguiva di qualche anno altri avvenimenti e atti che segnarono la vita della minoranza ebraica padovana: l'emanazione delle leggi razziali nel '38, che costrinse studenti e docenti a lasciare  le scuole e l'università di Padova; la ricostituzione della squadra d'azione "Muti" a seguito della fondazione della RSI, che imperversò nel territorio padovano contro i 'traditori badogliani' ma soprattutto contro gli ebrei ritenuti addirittura responsabili della guerra; l'acquisizione di tutti i dati anagrafici degli ebrei da parte dei tedeschi e delle autorità di occupazione; l'incendio doloso, sempre nel '43, della Sinagoga Grande di rito tedesco.

In una città come Padova, in cui vivevano e operavano ebrei che ricoprivano ruoli anche di rilievo come Giacomo Levi Civita, Leone Romanin Jacur, Emilio Morpurgo, Gastone Treves, l'ordinanza del '43 portò sconvolgimento e dolore nelle famiglie di quei circa 450 ebrei che abitavano in città e provincia.

La questura individuò e stabilì subito come centro di raccolta villa Contarini Venier, di proprietà allora di Sirio Landini (che l'aveva appena data in affitto come rifugio alle suore elisabettine di Padova)  e lì iniziò a far confluire gli ebrei che venivano dapprima individuati, schedati, denunciati e poi internati.

Il primo gruppo di 15 arrivò già il 3 dicembre '43, erano quasi tutti anziani. Alla fine furono 47 gli ebrei che passarono per il centro di raccolta di Vo'.

Per tutti loro più che le sofferenze fisiche, le sistemazioni incerte, la promiscuità, il freddo e l'insufficienza del cibo, furono le sofferenze morali e psicologiche a caratterizzare quel breve soggiorno a Vo': la lontananza dalla casa e dagli affetti, l'isolamento dalla comunità, il terrore per il futuro.

L'internamento durò fino al 17 luglio '44 (quando ormai Roma era stata liberata dalle truppe alleate), giorno in cui nella villa arrivarono i tedeschi per svuotare il campo e deportare i 43 ebrei rimasti. Alcuni furono provvisoriamente incarcerati a Padova al Paolotti in via Belzoni, altri in piazza Castello.

Il 19 luglio, uomini e donne furono caricati su un pullman con destinazione la Risiera di San Sabba a Trieste, trasformata in quel ''campo di detenzione di polizia'' che, sotto la direzione delle SS, funzionò come campo di concentramento, transito ed eliminazione dei detenuti. L'unico in Italia dotato di un forno crematorio. Lì i padovani rimasero circa dieci giorni, fino al 31 luglio, quando furono caricati come animali su un treno insieme ad altri ebrei e detenuti politici e arrivarono ad Auschwitz tra il 3 e il 4 agosto. Dalla prima selezione, dalla camera a gas e poi dai forni crematori non si salvò quasi nessuno.

Il libro

Nessun "giusto" per Eva. La Shoah a Padova e nel Padovano, di Francesco Selmin, Cierre edizioni, Verona 2011

---- SPECIALE GIORNATA DELLA MEMORIA

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012