La galleria degli erbari, Museo botanico. Foto: Alessandra Lazzarotto
Erbari, libri di botanica e anatomia, provette con semi di vario tipo, tavole didattiche, preparati e farmaci che attraversano tre secoli di storia della farmaceutica e della medicina. E ancora, cinque installazioni digitali e interattive e un film. Da oggi i visitatori dell’Orto botanico di Padova potranno conoscere la storia del sito Unesco anche attraverso una cospicua selezione delle sue collezioni: il nuovo Museo botanico apre le porte al pubblico e, con il suo patrimonio storico, il percorso espositivo e la nuova biblioteca di medicina e botanica “Vincenzo Pinali e Giovanni Marsili”, diventa un luogo in cui ricerca, didattica e divulgazione convivono e s'incrociano.
Il Museo è stato inaugurato il 13 febbraio, alla presenza della rettrice Daniela Mapelli, del ministro dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini, del delegato della rettrice ai Musei e collezioni e al Centro di Ateneo per i Musei, Mauro Varotto, e della responsabile scientifica del Museo botanico e presidente della Società italiana di storia della scienza, Elena Canadelli.
“Proprio durante la giornata in cui si è aperto ufficialmente l'801° anno accademico – dichiara Daniela Mapelli – abbiamo voluto l’inaugurazione del Museo botanico e non è un caso, perché ritengo sia anche nostro compito, e per nostro intendo dell’intera comunità accademica, aprirci sempre più verso la società civile attraverso un lascito al nostro territorio e alla cittadinanza, per promuovere quella che Pietro Greco definiva cittadinanza scientifica. Quest’anno il nostro ampio patrimonio museale e culturale, disseminato non solo a Padova ma in tutte le sedi del nostro ateneo, ha superato i 300.000 visitatori. Siamo convinti che quando si offre bellezza le persone rispondono, e nei nostri musei si respira non solo la bellezza degli oggetti e di antichi reperti, ma anche il messaggio della scienza".
Inaugurazione del Museo botanico: taglio del nastro da parte della rettrice Daniela Mapelli e del ministro dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini. Foto: Alessandra Lazzarotto
Il percorso espositivo
Collocato in quella che fino a metà Novecento era la casa del prefetto dell’Orto Botanico, il nucleo espositivo del Museo per la prima volta rende fruibile al grande pubblico una parte significativa del patrimonio complessivo che comprende collezioni botaniche risalenti principalmente all’Ottocento e al primo Novecento. Tra queste spiccano l’erbario storico, uno straordinario archivio della biodiversità vegetale con circa 800.000 esemplari di piante, alghe, funghi e licheni essiccati, una raccolta di 16.000 provette con semi di specie alimentari, medicinali e ornamentali, tavole didattiche ottocentesche, modelli di funghi e sezioni di legni.
Ad accogliere il visitatore all’ingresso del Museo, quasi a riportarlo indietro alle origini dell’Orto stesso, il tronco più antico conservato, quello dell’agnocasto. A seguire, nella galleria degli erbari è esposta una selezione di 136 esemplari che testimoniano la fitta rete di scambi di piante e semi, che l’Orto intratteneva con tutto il mondo. Risaltano le piante raccolte dal pittore ferrarese Filippo de Pisis che fin da giovane si appassionò alle scienze naturali, o quelle del prefetto dell’Orto Giuseppe Antonio Bonato che con la sua donazione ha dato vita nel 1835 all’erbario dell’università. Sono esposti inoltre alcuni degli esemplari raccolti da Silvia Zenari, la figura femminile che più ha contribuito all’arricchimento dell’erbario padovano, attraverso numerose escursioni organizzate a partire dagli anni Venti del Novecento.
In fondo alla sala a catturare l’attenzione è una serie di volumi antichi della nuova biblioteca “Vincenzo Pinali e Giovanni Marsili”, tra cui il De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio del 1543, le Isagogae breves di Jacopo Berengario da Carpi del 1523, il De Plantis Aegypti liber di Prospero Alpini del 1592.
Elena Canadelli (a destra), responsabile scientifica del Museo botanico, illustra l'allestimento. Foto: Alessandra Lazzarotto
Continuando nel percorso, che si sviluppa su una superficie di 500 metri quadrati, il visitatore incontra la spezieria, con i suoi vasi, i flaconi, le spatole, i mortai, le bilance e altri oggetti curiosi che raccontano il lavoro dello speziale. Si tratta di una vera e propria farmacia di fine Settecento, con i suoi arredi e la strumentazione originale, donata negli anni Novanta del Novecento da Giuseppe Maggioni.
C’è poi la sala dedicata alla lezione di botanica che vede esposte nove tavole didattiche di fine Ottocento (sul centinaio posseduto dal Museo), un’ottantina di modelli di funghi in cera, prodotti da Carlo Avogadro degli Azzoni negli anni Trenta dello stesso secolo, e di funghi in creta di circa quarant’anni dopo, realizzati da Egisto Tortori. Ancora, si possono osservare provette contenenti semi, una quarantina di sezioni ultrasottili di legni, scelte da una raccolta di oltre 200 realizzata tra il 1905 e il 1927 da Adriano Fiori. Ci si può intrattenere negli spazi del Teatro botanico recentemente restaurato e assistere alla proiezione del film scritto e diretto da Denis Brotto, Goethe. La vita delle foglie.
Infine, ad arricchire l’allestimento, cinque installazioni digitali e interattive distribuite nelle diverse sale, che consentono al visitatore di approfondire la storia dell’Orto botanico, coinvolgendolo in modo semplice e diretto.
La spezieria, Museo botanico. Foto: Alessandra Lazzarotto
Per una storia (condivisa) della botanica e della medicina
“L’idea – spiega a Il Bo Live Elena Canadelli – è stata quella di ricostruire la storia dell’Orto, dei suoi protagonisti, delle sue piante a partire dalla fondazione nel 1545 fino ai primi del Novecento. La storia della botanica si intreccia a quella della medicina, poiché l’Orto nasce proprio come luogo per la coltivazione e il riconoscimento delle piante medicinali nelle lezioni rivolte ai medici”. Ma, spiega la docente, nel corso dei secoli la botanica assume una fisionomia propria. “Le collezioni museali appartengono soprattutto al XIX e XX secolo, quando la botanica non è più al servizio della medicina e della farmacopea, ma è ormai una disciplina autonoma. Già a partire dalla fine del Settecento, si indagavano la fisiologia e la sistematica delle piante indipendentemente dalle loro proprietà curative. L’erbario fondato nel 1835 ne è un esempio, è il simbolo di una botanica ormai indipendente dalla medicina, per cui si studiano le specie a prescindere dagli usi. L’idea, per questo, è stata quella di immergere il visitatore in un luogo che raccontasse le origini della disciplina e del luogo, ponendo in evidenza come lo studio delle piante cambi nei secoli. Rispetto all’Orto rinascimentale e al Giardino della biodiversità che guarda alla contemporaneità e al rapporto uomo-piante nel futuro con un taglio scientifico, nel nuovo Museo il filo conduttore è la storia della botanica, della medicina e della farmacologia, proprio perché connesse allo studio delle piante”.
Alla parete le tavole didattiche, Museo botanico. Foto: Alessandra Lazzarotto
Ricerca e didattica, una vocazione che continua
Il Museo botanico rappresenta da ora non solo un importante polo di conservazione, ma anche di studio e valorizzazione pubblica delle collezioni museali, archivistiche e librarie dell’università di Padova. “Il Museo, con la nuova biblioteca e l’erbario storico – argomenta Canadelli –, rimane un polo di ricerca e didattica. Da questo punto di vista, ci auguriamo che a fruirne siano non solo le scuole, ma anche gli studenti del nostro Ateneo. Il cuore pulsante deve essere la ricerca, storica da un lato e botanica dall’altro, che sono le due anime maggiormente legate all’interpretazione dei contenuti che vengono veicolati nel Museo”.
La docente sottolinea, inoltre, l’importanza della nuova biblioteca storica di medicina e botanica “Vincenzo Pinali e Giovanni Marsili”, frutto del trasferimento delle collezioni di medicina e anatomia della biblioteca medica “Vincenzo Pinali”, sezione antica, che vanno ora ad affiancarsi alle preesistenti raccolte di libri e archivi della biblioteca dell’Orto botanico, rimaste nella loro sede originaria. “È una parte importante del progetto complessivo: nasce un nuovo polo di valorizzazione di testi, di collezioni di libri botanici ma anche medico-anatomici. Si tratta di un ulteriore spazio che accompagna il percorso museale, in cui facciamo dialogare la botanica con la medicina”.
Sezioni di legni, Museo botanico. Foto: Alessandra Lazzarotto
In linea con una nuova visione di museo
“Il Museo botanico – osserva Mauro Varotto – diventa uno degli 11 musei universitari aperti al pubblico. Ha una propria specificità, poiché dialoga con l’Orto, con il Giardino della biodiversità ed è quindi inserito all’interno di un percorso di visita più ampio. Va sottolineato inoltre che l’Orto botanico è un sito Unesco che si pone in sinergia con un altro bene tutelato da questa organizzazione, e cioè Padova Urbs Picta, attraverso iniziative di collaborazione con il Comune”.
Continua il docente: “Fino a questo momento il patrimonio museale era di esclusivo appannaggio di docenti e studenti, mentre ora una sua parte può essere fruita da un pubblico più ampio. Si tratta di una rivoluzione copernicana nell’ambito dei musei universitari, in cui crediamo molto: pensati come luogo dedicato alla ricerca e alla didattica, ora diventano anche un importante veicolo di cultura (e di terza missione) per la cittadinanza. Ciò in linea con la nuova definizione di museo varata a Praga lo scorso 24 agosto 2022, secondo cui queste istituzioni devono essere aperte al pubblico, accessibili, inclusive e in sinergia con le proprie comunità di riferimento”.
All’inaugurazione del Museo botanico seguirà, il prossimo 23 giugno, quella del Museo della Natura e dell’Uomo a Palazzo Cavalli. “Sono il lascito permanente della nostra università in occasione dei suoi ottocento anni – conclude Varotto –. Tra i due c’è un’interazione profonda, poiché entrambi sono vocati alla conoscenza naturalistica e orientati alla promozione dei temi della diversità e della sostenibilità, che sono altri due aspetti di una nuova visione di museo”.