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Medicina a Padova nei secoli: Prospero Alpini, medico, botanico e viaggiatore

Quanti di noi ogni giorno si svegliano e provano l'irrinunciabile voglia di iniziare la giornata con un buon caffè? Se ogni mattina possiamo gustarci una tazzina calda di questa bevanda è grazie a un medico e botanico italiano, Prospero Alpini. Fu lui, infatti, che descrisse per la prima volta la pianta del caffè e il suo utilizzo nei due volumi De medicina Aegyptiorum e De Plantis Aegypti Liber, pubblicati rispettivamente nel 1591 e nel 1592. Tuttavia, il suo contributo alla medicina e alla botanica non si limita solamente alla descrizione della pianta del caffè: i suoi studi approfonditi sull'identificazione delle piante e il loro utilizzo nei medicamenti sono stati di fondamentale importanza per la sua nomina nel 1603 come prefetto dell'Orto botanico di Padova

Prospero Alpini nasce nel 1553 a Marostica, città sotto il governo della Repubblica di Venezia. Nel 1578 si laurea all'università di Padova in filosofia e medicina e due anni dopo, su consiglio di Antonio Morosini, parte insieme al console veneziano Giorgio Emo alla volta de Il Cairo. Durante il viaggio, tuttavia, per condizioni meteorologiche non favorevoli, la nave si ferma a Creta: Alpini approfitta della situazione per studiare la flora presente nell'isola, conosciuta già ai tempi dei Romani per le numerose piante medicinali. In questa occasione, il medico marosticense compone il De plantis exoticis, pubblicato dopo la morte e divenuto punto di riferimento per l'identificazione delle piante e il loro uso terapeutico.

Giunto in Egitto Prospero Alpini vi rimane fino al 1584: in questi anni, si dedica non solo alla scoperta e all'identificazione delle piante egizie ma anche al loro utilizzo dal punto di vista medico e farmacologico. In totale sono cinque i volumi che hanno come soggetto principale o secondario l'Egitto: i due volumi già citati e pubblicati tra il 1591 e il 1592, De balsamo dialogus, De plantis exoticis e Rerum Aegyptiarum.

Il De medicina aegyptiorum è uno dei primi testi ad analizzare una medicina diversa da quella europea; il libro, scritto in latino, è diviso in quattro volumi che prendono in esame la medicina egiziana, le terapie adottate dagli egiziani, le scarnificazioni e la farmacoterapia egiziana. Mentre il De balsamo dialogus riporta una struttura narrativa originale. I protagonisti sono tre studiosi: lo stesso Alpini, Abdachim, un ebreo egiziano, e Abdella, un musulmano egiziano. Il dialogo amichevole, che si svolge in un giardino de Il Cairo, si basa sulla reciproca stima e ammirazione e Prospero decide di posizionarsi nel dibattito a un livello leggermente inferiore, consapevole della sua mancanza di conoscenza sulla medicina egiziana rispetto agli altri due interlocutori.

La pianta del caffè e il suo utilizzo sono illustrati per la prima volta proprio da Alpini che tuttavia raffigura solo un arbusto senza le bacche. La prima rappresentazione della pianta del caffè con la bacche risale al 1605, per opera del botanico Charles de L'Ecluse. Nel De plantis aegypti liber, Alpini spiega l'utilizzo di un decotto da parte della popolazione egizia a base di semi tostati della pianta bon o ban, in alternativa al vino. Questa bevanda viene utilizzata per “rafforzare lo stomaco” quando la temperatura esterna si abbassa, per aiutare la digestione e come lassativo; la descrizione continua prendendo in esame i benefici per le donne, soprattutto nel periodo delle mestruazioni. Nel libro dedicato alla medicina egizia, tuttavia, Prospero propone anche uno sguardo ai locali dove veniva consumato il caffè, mettendo in luce anche la sua funzione sociale all'interno di una città.

L'esperienza in Egitto di Prospero Alpini incide notevolmente sull'inizio della sua carriera nella città di Padova: le sue opere e il suo viaggio sono notati dai Riformatori dello studio di Padova, un organo speciale della Repubblica di Venezia, nato nel 1516, che si pone l'obiettivo di seguire tutto ciò che era inerente all'università e alla cultura, dal metodo d'insegnamento alla censura. Nel 1594 i Riformatori affidano ad Alpini la cattedra di lettura dei semplici, una materia che comprendeva nozioni di botanica, farmacognosia e farmacologia. Nel 1601 l'insegnamento gli venne assegnato nuovamente, grazie anche al suo grande impegno, e nello stesso anno pubblicò De praesagienda vita, et morte aegrotantium libri septem, una delle sue opere di maggior successo: si tratta di un’opera clinica con nozioni di semeiologia, dove i suoi ragionamenti si fondano sull'antico pensiero ippocratico.

Il ruolo del medico marosticense cambia ulteriormente nel 1603 quando muore il botanico Giacomo Antonio Cortuso che lascia scoperte sia la sua cattedra di ostensore dei semplici (insegnamento che prevede lo studio delle piante medicinali nell’orto botanico), che quella di prefetto dell'Orto botanico. Alpini si propone di prendere in mano l'eredità di Cortuso e inizia il periodo più fiorente della sua attività didattica e scientifica, aumentando così la sua fama di naturalista, medico e insegnante. Il nuovo prefetto instaura una ricca corrispondenza con diversi studiosi sia italiani, sia stranieri, grazie anche alla presenza di diversi patrizi veneti inviati dalla Repubblica Serenissima nei paesi del Mediterraneo, che resero possibile anche uno scambio di piante e semi

L'Orto botanico, sotto la prefettura di Alpini, diventa un centro d'avanguardia, in cui si perfeziona la pratica dell'acclimatazione. Tra le piante non autoctone che si adattano al clima padovano ci sono il fagiolo egiziano, la malva dei Giudei, il rapontico e la enotera, pianta di origine americana che oggi si è naturalizzata sulle spiagge e sui litorali italiani. Nella botanica, inoltre, è consuetudine che i nomi di famiglie, generi e specie di piante vengano dedicate a importanti botanici. Carlo Linneo, medico, botanico e accademico svedese del Settecento, considerato il riformatore della nomenclatura per genere e specie degli organismi viventi, dedica al prefetto dell'Orto il genere Alpinia delle Zingiberacee, piante ornamentali coltivate per le foglie decorative e la bellezza dei fiori.

Riprese e montaggio: Tommaso Rocchi

Gli ultimi anni di vita di Prospero Alpini sono segnati dalla malattia: si spegne il 23 novembre 1616 ed è sepolto nella Basilica di Sant'Antonio. Dopo la scomparsa, il figlio Alpino Alpini pubblica nel 1627 De plantis exoticis in cui ben 84 delle 135 specie descritte appartengono alla flora cretese. Grazie alla corrispondenza che Prospero Alpini ha costruito negli anni, molti studiosi hanno inviato semi e rarità italiane, francesi ed egiziane che contribuirono ad arricchire le collezioni viventi coltivate in orto. Nel 1735 il cancelliere dell'università di Padova, Bartolomeo Sellari pubblica Rerum aegyptiarum libri quatuor, una monografia geografica che dipinge l'Egitto del 17° secolo attraverso gli occhi di viaggiatore, in questo caso Prospero Alpini. 

Da Istanbul a Londra: il caffè come collante sociale

“A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco”. Erri De Luca riassume in poche parole la cultura del caffè, diffusa prima in Medio Oriente e poi in Europa. Esiste una leggenda legata alla scoperta del caffè come bevanda: il giovane pastore yemenita Khaldi notò che le sue capre cambiavano atteggiamento dopo aver ingerito delle bacche di colore giallo-verde. Incuriosito, decise di raccoglierne alcune foglie della pianta e preparare un infuso: i mercanti della regione furono attratti dalla bevanda e la diffusero in tutta l’area, in particolare nella Penisola arabica e nelle città de Il Cairo, Damasco, Aleppo e Istanbul. 

Il caffè si diffuse in maniera capillare in tutto l’Impero Ottomano, durante il governo di Süleyman Il Magnifico. Istanbul divenne un importante centro per lo sviluppo della cultura del caffè: nel 1555 venne inaugurata la prima caffetteria a Istanbul, diventando il fulcro della vita sociale, artistica ed economica della città. La prima apparizione del caffè in Occidente fu a Venezia nel 16° secolo, per poi conquistare il resto del continente. Le prime caffetterie custodiscono storie affascinanti, come quella di Londra, aperta nel 1652 dal talento di Rosée Pasqua. Originario della Sicilia, approdò a Londra come servo del mercante inglese Daniel Edwards, grande appassionato di caffè. La bravura di Rosée nel preparare la bevanda lo portò ad aprire la prima coffee house di Londra nel cortile della parrocchia di St. Micheal a Cornhill, nel cuore della City. Nel giro di pochi anni, in tutta la città nacquero numerose caffetterie in cui gli uomini discutevano, leggevano il giornale oppure facevano affari: il caffè si trasformò da una semplice bevanda a strumento per incoraggiare la vita sociale, culturale ed economica.

Anche a Padova si può ammirare e vivere l’atmosfera di questi luoghi: uno dei più famosi caffè storici e letterari d’Italia dell’Ottocento, luogo d’incontro di artisti, letterati italiani ed europei, era il caffè Pedrocchi – tuttora frequentato – noto anche come il “caffè senza porte”, dato che fino al 1916 era aperto sia di giorno che di notte. Voluto da Antonio Pedrocchi, il progetto fu affidato all’architetto e ingegnere veneziano Giuseppe Jappelli che realizzò un edificio di stile neoclassico, inaugurato nel 1831.

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